21 maggio 2010

Letture aprile-maggio 2010 - prima parte


picture by TommyOshima.
Greg Egan - La scala di Schild
La scala di Schild è l'ultimo romanzo di Greg Egan pubblicato in Italia, su Urania, ormai quattro anni fa. Lo conservavo intonso in libreria non essendoci grosse prospettive di nuove opere dell'autore australiano. Però ora è ragionevolmente certa la prossima traduzione di Incandescence. Quindi, perché rimandare ulteriormente?
La scala di Schild si muove nei territori prossimi alla space opera sui generis di Diaspora, privilegiando lo scenario cosmico piuttosto che le speculazioni sul prossimo futuro. Il nucleo della vicenda vede un'umanità sparpagliata per tutta la galassia alle prese con un problema di dimensioni eccezionali: una nuova conformazione fisica della realtà che divora progressivamente lo spazio occupato dai discendenti dell'uomo.
In questo scenario. in cui abbondano miracoli (scientifici!) e meraviglie. si dipana la solita trama eganiana, con un protagonista emotivamente incerto, decisamente più a suo agio nello studio scientifico degli eventi piuttosto che nel rapporto con altri esseri umani.
Per quanto io adori Egan questo romanzo non mi ha entusiasmato quanto i suoi precedenti. L'andamento della vicenda è piuttosto schematico e nonostante le estrapolazioni scientifiche diano il consueto capogiro, questa volta mi sono sembrate meno conturbanti, ricche e stupefacenti di quanto solitamente accade con le vertiginose speculazioni di questo autore. Forse il salto dall'immensamente grande all'incredibilmente piccolo che avviene più volte nel corso del romanzo produce un eccessivo disorientamento e un senso d'irrealtà cui si fa fatica ad adeguarsi, o forse sono le dinamiche umane sottese alla trama che risultano troppo didascaliche e in definitiva non risolte, fatto sta che La scala di Schild, per quanto piacevole, è ben distante dal livello di meraviglia di Diaspora o dalla capacità di riflettere sul presente di opere come Teranesia o Distress.
Greg Egan si conferma ai vertici nel ristretto ambito della produzione fantascientifica più rigorosa e scientificamente attendibile, però ecco, io da lui mi aspetto sempre qualcosa di più.


David Mitchell - Sogno Numero 9
Vatti a fidare dei consigli dei vicini di blog! Questo romanzo mi era stato spacciato per quanto di meglio la fantasy attuale possa offrire al lettore e beh… non è mica vero.
Sogno Numero 9 è un gran bel romanzo, una lettura avvincente e stimolante, ma di fantastico non ha praticamente nulla. Detto questo devo comunque ringraziare Davide Mana per aver citato questo romanzo in un suo vecchio post, perché fantasy o non fantasy il romanzo di David Mitchell s'è rivelato un'ottima lettura.
In Sogno Numero 9 riecheggia tutto il Giappone che ho conosciuto nei romanzi di Murakami o nei film di Kitano, incrociato con una concretezza che m'è parsa decisamente occidentale e un gusto per il pastiche fantastico e per il pulp (da intendersi in senso lato, con la narrazione che non procede mai per la via più spedita ma che si diverte tra deviazioni e sorpassi e sogni e risvegli e improvvise svolte narrative) la cui provenienza non saprei bene dove collocare sull'atlante ma che rende la lettura di questo romanzo un'esperienza a tratti entusiasmante.
David Mitchell è più giapponese di quanto credevo possibile per un occidentale la qual cosa pone alcuni interessanti interrogativi: quanto della mia idea del Giappone corrisponde alla realtà di quel paese? come è stato recepito questo romanzo in terra nipponica? quanto conta l'esperienza di David Mitchell nel contesto in cui s'è trovato a vivere - lui è un inglese trasferitosi per otto anni a Hiroshima a insegnare materie tecniche - per raccontare una storia come questa e non risultare in nessun momento artificiale o forzato?
Quali che siano le risposte a queste domande rimane il fatto che Sogno Numero 9 è uno di quei romanzi che ti colpiscono ben oltre l'ultima pagina. Consigliato.


Nicoletta Vallorani - Il cuore finto di DR
Parte bene Il cuore finto di DR, con quel passo pesante e disincantato del cyberpunk degli inizi. Nessuna ironia, molto noir e una pioggia perenne per calcare la mano sull'atmosfera desolata di una Milano ancor più grigia sporca e disperata di quella che riempie il nostro immaginario. Ben presto però la tenuta del plot deraglia sui dettagli della costruzione di un mondo futuro, che per quanto si sforzi non riesce mai a diventare vero e credibile agli occhi del lettore.
Non so se l'errore di Nicoletta Vallorani sia stato quello di voler mettere troppa carne al fuoco dimenticandosi di mescolare a dovere gli ingredienti, o se l'eccessiva vicinanza a storia e personaggi le ha fatto perdere di vista la prospettiva globale del racconto. Il risultato comunque è un romanzo che soffre di troppe ingenuità per risultare interessante, con una trama che perde nell'incredibilità dei particolari quello che ha faticosamente messo insieme sul piano della complessità delle relazioni tra personaggi.
Questo romanzo ha ormai un paio di decadi sulle spalle, ma non fa che confermare tutti i miei pregiudizi nei confronti della produzione di genere nostrana.

11 commenti:

  1. Ah, Iguana di poca fede... Number9Dream non è un romanzo fantastico?
    Non è impostato su una classica quest?
    Non accompagnamo forse il personaggio attraverso tutte le prove tipiche dell'avventura fantasy?
    La storia non muove forse i primi passi con la sfida alla furia di un kami?
    I malvagi non sono forse over-the-top?
    E le coincidenze?
    Tante, troppe coincidenze?

    Poi, chiaro, non ci sono gli elfi.
    Non ci sono personaggi piccolo-borghesi coi piedi pelosi...

    OK, ok... diciamo che i miei criteri di classificazione del fantasy sono più ampi dei tuoi... :-P

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  2. Forse non è strettamente fantasy, ma certo ci "pattina attorno" abbastanza.
    Ed è vero che questo romanzo in particolare è ispirato da/omaggio a Murakami (critici malevoli l'hanno definito Murakami light).
    Ho visto che di lui sono stati tradotti tutti. C'è anche Cloud Atlas/L'Atlante delle Nuvole che è stato finalista al Nebula e al Clarke -e poi tu ti lamenti che non traduciamo buona fantascienza ;)

    A me è piaciuto molto anche il suo romanzo in assoluto più lineare e realista, Black Swan Green, dodici mesi nella vita di questo 12-13enne un po' nerd nella Gran Bretagna Thatcheriana anni 80.

    E' un altro autore che andrebbe letto in lingua originale, per apprezzare il ventriloquismo di voci e stili.

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  3. Ciao Iguana!
    Io ho conosciuto David Mitchell grazie al consiglio (e al prestito dei libri! ;) ) di Vanamonde.
    Se ti è piaciuto tanto "Sogno numero 9", allora ti consiglio vivamente di proseguire con gli altri libri dell'autore: io ho preferito l'altro romanzo "A casa di dio", ma, soprattutto, le due raccolte di racconti, in cui di "fantastico" ce n'è eccome (ma non solo!): "Nove gradi di libertà" e "L'atlante delle nuvole". Il secondo, in particolare, è secondo me il migliore, con, tra l'altro, una parte centrale fantascientifica veramente notevole! :)
    Ciao ciao,
    Davide

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  4. @ Davide M: bastasse la quest per definire il fantasy, allora tutti i gialli (tanto per dire) ricadrebbero nel genere, no? (lo so lo so, per te il noir è un sottogenere della letteratura fantastica, però oh… qua si parla d'altro!)
    Comunque per me il fantasy è tale quando nel corso della narrazione entrano in gioco elementi sovrannaturali o comunque non spiegabili entro i canoni della realtà condivisa dai lettori. In questo senso Sogno Numero 9 è tutt'altro che fantasy, non c'è "criterio di valutazione" che tenga! :-)

    @ Marco: In effetti la vicinanza a Murakami è forse il difetto principale del romanzo, il motivo per cui "Sogno Numero 9" non riesce a brillare di luce propria.
    Però sia tu che Davide R mi dite di provare altro quindi ok, metto in lista.
    (BTW temo che sulla copertina di "Nove gradi di libertà" o di "L'atlante delle nuvole" si siano ben guardati da scrivere fantascienza. O mi sbaglio?)


    @ Davide R: Ehilà! Benritrovato! Dopo tanto entusiasmo non posso non segnarmi "L'atlante delle nuvole". Grazie per il consiglio!

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  5. No, in effetti Mitchell è un autore di letteratura fantastica che viene spacciato agli ignari lettori di mainstream complici degli editori che non etichettano per genere i propri libri.
    Poveri mainstreamer, se mai sapessero che stanno leggendo - ghasp! - fantascienza!

    D'altra parte, se Number9Dream non è fantasy, allora forse Ghostwritten (credo sia 9 gradi di separazione qui da noi) non è fantascienza.

    Sui criteri classificativi, d'altra parte, a ciascuno i suoi.

    Sarei curioso di sapere come classifichi Whit di Iain banks...

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  6. D'altra parte, Karen Joy Fowler continua a vincere il Nebula con racconti mainstream - (ed anche quando inserisce elementi sf il più delle volte molti non se ne accorgono*)

    Mitchell è lettore onnivoro e scrittore transgenere. Il romanzo appena uscito dovrebbe essere un "semplice" romanzo storico, ma ad un intervistatore che gli chiedeva cosa avesse ispirato la sua descrizione di un particolare monastero lui ha risposto che il modello era il Tempio di Atuan nelle storie di Terramare della Le Guin.
    La parte centrale fantascientifica di Cloud Atlas di cui parla Davide R è ispirata a Riddley Walker di Russell Hoban (in effetti Mitchell ha davvero qualcosa di Zelig). Hoban è un altro che mi piace molto, ricordo quando ero piccolo lessi la Ricerca del Leone (dalla biblioteca?) non capendone nulla e poi per anni mi sono chiesto chi fosse l'autore di quel libro malricordato, fino a che l'ho trovato in inglese qualche anno fa. Quello probabilmente lo considereresti fantasy pure tu.



    * vedi questo commento su Amazon: "Standing Room Only", by Karen Joy Fowler, seems to be a simple story centering on a background character to Lincoln's assassination. I don't see anything in it that would cause me to label it "science fiction". It's well written but I just don't understand its inclusion in the collection. If you can tell me what I've missed I would be very grateful.

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  7. @ Davide: Whit non l'ho mica letto, però ho letto The Bridge, che sì, nonostante faccia di tutto per sembrare un libro mainstream non può fare a meno di deviare su sentieri fantastici.

    Per quanto riguarda i criteri classificativi, non sono un integralista. Del resto l'utilizzo che ne faccio è eminentemente pratico: mi serve a inserire il dato volume nel dato scaffale.
    Al momento i miei libri sono ordinati a seconda della loro collocabilità all'interno della narrativa fantastica (sf/fantasy) oppure in base alla loro provenienza geografica.
    Ma qualche compromesso l'ho dovuto accettare. Per dire, Lansdale lo trovi nello spazio dedicato agli americani, mentre il Cryptonomicon è tra i romanzi di fantascienza.


    @ Marco: su Mitchell ci torniamo su quando avrò macinato qualche altra lettura. Mi chiedo però se il suo mimetismo non sia un limite piuttosto che un pregio: Sogno Numero 9 è un gran bel romanzo, però non ti pare soffra un po' troppo di giapponesite (non saprei come altro definire la necessità di risultare più reale del re)?

    (non ho mai letto Karen Joy Fowler, però qualche tempo fa ho discusso con un lettore di Lucius Shepard a proposito della fantascientificità di Salvador, che per me rimane uno dei suoi migliori racconti, al 100% fantascientifico.)

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  8. Mitchell ha detto che idealmente vorrebbe che nessuno, leggendo due a caso dei suoi libri, potesse capire che sono del medesimo autore. In effetti riesce molto bene ad adottare diversi stili o punti di vista (che poi possono ricordare + o - da vicino lo stile di x o y) . Molti lo trovano un difetto. A me non dà fastidio, anche nei casi in cui l'ispirazione è davvero manifesta.


    La migliore definizione di fantasy e fantascienza che ho trovato questa:

    Fantasy è qualsiasi cosa in cui c'è una deviazione dal mondo reale di tutti i giorni.

    Fantascienza è quel sottoinsieme della fantasy in cui la deviazione può venire razionalizzata come estrapolazione di scienza corrente o fururibile.

    Per cui romanzi o racconti che, ad esempio, presentano larghe parti di sogno ad occhi aperti rientrano nella fantasy.

    E a proposito di fantascienza e fantasy, per riprendere il discorso che facevamo nell'altro post sulla migrazione dall'una verso l'altra, ho visto che ti piace JC Grimwood; sarai contento di sapere che è in arrivo il primo volume della sua nuova trilogia fentesi, ambientata a Venezia con tanto di vampiri e lupi mannari: qui c'è la copertina (notare il protagonista, gnokko che neanche Eduard di Tuailaìt).
    E vabbuò, tiene famiglia, deve pur mangiare anche lui...

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  9. Il discorso di Mitchell ha un suo fascino, però non so. A me pare che affidarsi alla voce di qualcun'altro per raccontare le proprie storie sia in fondo ammettere una certa mancanza di personalità. D'altra parte ti lascia forse una maggiore libertà creativa. Boh…



    La definizione del fantasy è esemplare, però il tuo esempio la contraddice. Il sogno è parte della vita reale di tutti i giorni.
    Di conseguenza i racconti onirici non sono fantasy.



    Certo che citare Grimwood e il suo vampiro proprio a fine commento è un bel colpo basso…

    (Con Grimwood sono ancora piuttosto indietro, che devo ancora terminare la trilogia arabesca. Ma se intanto lo vuoi leggere tu, poi mi dici… :-P)

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  10. Non è proprio affidarsi alla voce di qualcun altro, almeno non sempre, è che magari adottando una forma e struttura narrativa specifica il paragone viene facile.
    Per esempio Black Swan Green (in italiano, non si capisce perché, A casa di Dio) è stato paragonato a Paddy Clarke di Roddy Doyle, ma penso più per il tema generale che lo stile.

    Il sogno è parte della vita reale di tutti i giorni.

    I sogni sono confusi ammassi di impressioni non verbali e contraddittorie, di durata brevissima, che acquistano senso solo nella ricostruzione a posteriori da svegli. Nel momento in cui sogni o sogni ad occhi aperti vengono descritti con la stessa solidità di narrazione usata per raccontare il mondo reale, siamo nella fantasy.

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  11. Beh… io limito il discorso a Sogno Numero 9, che è l'unico che ho letto. Almeno in questo caso, se alla forma e alla struttura ci aggiungi anche la sostanza e i caratteri, fai fatica a capire dove finisce Murakami e comincia Mitchell.
    Poi certo, non sono perfettamente sovrapponibili, ma rimangono comunque molto molto vicini.


    I sogni sono confusi ammassi di impressioni non verbali e contraddittorie, di durata brevissima, che acquistano senso solo nella ricostruzione a posteriori da svegli.
    Un po' come le idee che poi diventano romanzi, no? ;-)

    BTW sull'essere le narrazioni oniriche più o meno fantasy, credo dipenda moltissimo dal contesto.
    Ma come dicevo sopra, non voglio ridurre il genere a gabbia quando per me è una semplice indicazione di comodo.
    In fondo esistono solo due categorie di narrativa: quella buona e l'altra.

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