Nonostante mi fossi ripromesso di astenermi - non per chissà quale nobile o imprescindibile motivo, semplicemente per non annoiare quei tre amici lettori che mi ritrovo - mi è toccato scrivere l'ennesimo post sullo stato della fantascienza italiana. Lo so, ho rotto le palle, ma ve lo dico da subito; se non siete tra quelle quattro persone a cui interessa il dibattito saltate tranquillamente il post. Prometto solennemente che nel prossimo NON si parlerà di fantascienza.
Questo post nasce da una costola del post del 15 aprile. Nello spazio commenti di quel post è intervenuto Carmine Treanni, curatore dello speciale di Delos sulla fantascienza italiana, che ha replicato con spirito costruttivo e dovizia di argomenti agli appunti che facevo al contenuto di quello speciale.
Qui tento di chiarire ulteriormente la mia opinione in merito.
La critica sostanziale che facevo allo speciale di Delos era l'approccio in qualche modo accondiscendente nell'affrontare la questione della qualità della fantascienza prodotta in Italia.
Proprio perché il genere sta godendo di una certa fioritura - almeno a livello produttivo - (e guardate che ne sono ben felice; checché ne dicano in giro, io sono decisamente a favore della buona fantascienza ovunque venga prodotta!) sono convinto che sia necessario raddoppiare gli sforzi critici per esaltarne gli aspetti migliori e censurare senza mezzi termini i tentativi velleitari e/o pretenziosi che rischiano di riportarci alla triste situazione in cui ci si trovava fino a una decina d'anni fa. Certo, fare i dovuti distinguo tra prodotti buoni e meno buoni è attività difficile e rischiosa, legata com'è alla soggettività, all'esperienza e alla reputazione del dato recensore, ma credo che sia su questo terreno che si giochi una partita fondamentale per il futuro della fantascienza. Per questo motivo mi sarei aspettato anche da Fantascienza.com, che rimane lo spazio più autorevole a trattare il genere in italia, un approccio più critico nei confronti di quanto disponibile sul mercato.
A margine di questa constatazione mi chiedevo se, stante la qualità media delle proposte fantascientifiche italiane, fosse giusto privilegiare la pubblicazione di autori nostrani piuttosto che privare il pubblico italiano di opere e scrittori che stanno facendo la storia del nostro genere preferito.
Qui credo ci siano le divergenze più profonde tra la mia opinione e quella di Carmine Treanni.
Carmine scrive che preferisce parlare di fantascienza scritta in italia piuttosto che di fantascienza italiana. Non potrei essere più d'accordo. Per questo motivo mi chiedo: se l'origine geografica del prodotto è indifferente, e quel che conta è unicamente la qualità, perché dovrebbe essere preferibile privilegiare la produzione nazionale piuttosto che quella straniera?
A me non interessa tenere la contabilità geografica degli autori. Mi interessa leggere storie capaci di meravigliarmi, sorprendermi, turbarmi. La mia posizione da lettore e appassionato è: benvenga la fantascienza nostrana, ma che la si pubblichi applicando gli stessi standard che si adottano per il resto della produzione mondiale. Vi pare un approccio così assurdo?
La fantascienza italiana vive, viene pubblicata e viene consumata in una costante tensione tra due forze opposte e ugualmente deleterie: c'è chi la detesta per partito preso, chi non crede nemmeno possa esistere, chi non perde occasione per dare addosso a chiunque osi solo accennarne (ma questo partito mi pare in leggero calo nell'ultimo periodo) e chi invece al contrario la esalta aprioristicamente, chi la sostiene senza neppure leggerla (conosco scrittori che han sempre comperato ogni volume di fantascienza italiana pubblicato, pur di contribuire in qualche modo alla causa), chi si entusiasma al minimo accenno di italianità comparso in un testo. E poi ovviamente ci sono i tifosi: i parenti e gli amici dell'ultimo autore appena pubblicato, gli ultras dello sberleffo e della critica oggettiva del testo e compagnia cantante…
Da quando frequento il fandom - e sono ormai una buona dozzina d'anni - ho sempre visto la fantascienza italiana vivere in un regime di trattamento speciale. Ma quali sono le ragioni profonde che inducono chiunque se ne occupi a considerare la fantascienza scritta in Italia come un mostro alieno?
Perché solo a nominare le parole fantascienza italiana si devono suscitare sempre tali vespai?
Perché qua in giro siamo tutti così suscettibili? È una caratteristica genetica del lettore fantascientifico o è una tara ambientale?
Prendendo spunto da quel che scriveva Carmine provo a elencare qualche risposta, se volete contribuire fatevi sotto…
- è una questione culturale.
Nell'intervento di Carmine Treanni questa "questione culturale" assume un aspetto ben più positivo di quel che usava essere (si deve pubblicare la sf italiana perché siamo in Italia, perdio!). Nelle sue parole si presume un'apertura dell'industria editoriale al prodotto fantascientifico italiano. Fosse vero sarebbe meraviglioso, perché significherebbe prima di tutto uno sdoganamento della sf tout court.
Invece, se di apertura si tratta, questa riguarda due/tre editori: Mondadori, (o meglio la sua divisione editoriale per le edicole), DelosBooks che però una certa attenzione alla produzione nostrana l'ha dimostrata sin dalle sue origini (vedi i volumi di Zunic e Cola editi dalla sua incarnazione editoriale primordiale) e poi chi altri? A beh… Elara, che però se non la cerchi difficilmente la incontri sul tuo cammino. Insomma a me pare che tolta la corazzata Urania, ci siano da festeggiare ben poche aperture culturali che dir si voglia.
- se non li pubblichi non crescono.
Quest'affermazione ha certamente un fondo di verità. Senza una scena viva e pulsante difficilmente si creano le premesse perché nuovi scrittori possano nascere e sviluppare le loro doti. Ora mi chiedo, quale scena fantascientifica potrà mai nascere in Italia, se andando in libreria non si trova praticamente nulla di quel che di buono viene pubblicato nel resto del mondo?
Insomma prima di coltivare un vivaio di scrittori sarebbe il caso di darsi da fare a crescere una generazione di lettori. E secondo me più roba buona si rende disponibile più è probabile che Tizio o Caio si mettano a scrivere opere ispirate. Si torna quindi al discorso iniziale: pasturateci a libri ottimi e vedrete che i frutti non mancheranno. Dateci la solita fuffa e altra fuffa leggerete (vedi ben la scena fantasy, per un esempio non troppo campato in aria).
- e il lettore dov'é?
a me pare che molti dei problemi della scrittura di genere in italia siano dovuti a una sorta di autorcentrismo dell'ambiente. La maggior parte dei personaggi attivi nel fandom è formata da scrittori wannabe (oltre che da qualche scrittore vero, prontamente invidiato / esaltato / deriso / acclamato dalla claque del caso). Il 90% delle figure che ruotano intorno alla catena produttiva sono anch'essi autori part-time. Per quella che è la mia esperienza la cosa più importante per molte di queste persone è arrivare alla pubblicazione (l'editore è indifferente, l'edizione pure, la distribuzione un dettaglio, etc etc). Dal loro punto di vista, assolutamente legittimo, essere pubblicati corrisponde ad una sorta di consacrazione. Ora Sono Uno Scrittore.
I motivi di questo stato di cose sono da attribuire ai più diversi motivi: il fatto che l'industria culturale italiana ha sempre disprezzato il genere, costringendo chiunque avesse qualche velleità autoriale ad arrangiarsi; il conseguente dilettantismo nei suoi aspetti migliori (l'entusiasmo) e peggiori (la scarsa professionalità); quella strana cosa che è l'orgoglio del ghetto; il nascere di dinamiche amicali perverse (se hai una persona piazzata al posto giusto si aprono le porte al clan).
Nessuno di questi fattori è il male incarnato, ma tutti contribuiscono ad un circolo vizioso la cui unica vittima è la qualità della narrativa e l'unico a rimetterci è il lettore. Sì, proprio quel lettore che tutti cercano, ma che nessuno sembra mai voler porre al centro del suo lavoro.
- che abbiano ragione gli uffici marketing?
gli uffici marketing dominano i colossi editoriali e odiano la fantascienza e quel che è peggio odiano i lettori di fantascienza. Il loro piano è eliminarci tutti uno a uno eliminando la letteratura che ci sostiene e che potrebbe portarci alla moltiplicazione incontrollata.
Ci odiano, non c'è dubbio. Altrimenti come spiegare l'assenza ormai decennale di una qualsiasi collana libraria dedicata alla fantascienza? (no, voi di Delos non fate eccezione, voi non avete un ufficio marketing!)
Se c'è una cosa che odiano di più della fantascienza è senza ombra di dubbio la fantascienza italiana.
Qualcuno ha mai preso in considerazione l'idea che forse, magari, abbiano ragione?
Come si fa a vendere un libro di fantascienza in Italia? Tutte i tentativi degli ultimi vent'anni han dato esito disastroso, dall'Einaudi Vertigo a Fanucci, dai Cosmo Oro della Nord all'ultimo apprezzabile tentativo di Armenia. Al momento l'unica collana di inediti che sopravvive in libreria è Odissea (un nome un programma!) che grazie alla prudenza e all'accortezza dei suoi curatori sembra ritagliarsi uno spazio sempre più visibile in libreria.
A voi lettori lì fuori va bene così?
A me no, ma a parte dibattere sui motivi per cui le cose sono arrivate a 'sto punto , avete un'idea su come risollevare le sorti del panorama fantascientifico nazionale? Io non ne ho, ma non mi rassegno. Per esempio, sono sicuro che la qualità alla lunga premia, che pubblicare solo per riempire gli scaffali non ha senso, che senza un continuo confronto tra lettori e scrittori ed editori non si va da nessuna parte.
Come sono altrettanto sicuro che senza un'apertura al grande mondo la fuori non ci sia alcuna speranza per il piccolo universo fantascientifico nostrano.
A voi la palla…
…
Visto che nessuno ancora risponde esordisco io dandoti la testimonianza di una persona totalmente estranea sia al genere sf che alla scena sf italiana.
RispondiEliminaNegli anni buoni leggerò al massimo, ben che vada, una decina di titoli di fantascienza, non sono quindi certo un lettore forte o un esperto in materia, il grosso delle mie letture è praticamente equamente diviso fra saggi, fumetti, manistream e horror, di sf ne leggevo molta d più quando ero adolescente e guardavo al futuro.
Rimangono ovviamente degli autori dei qali non mi facio scappare un singolo titolo, ma ormai posso tranquillamente dire di essere un profano.
Di questi dieci titoli mi impongo sempre e comunque due italiani, anche se soffro sempre tale imposizione.
Lo faccio più che altro (come con il fantasy) per rendermi conto del livello tecnico e contenutistico degli autori nostrani, per capire insomma cosa piace alle case editrici.
Puoi quindi, nuovamente, capire che con due, massimo tre italiani letti durante l'anno sono di nuovo l'ultimo a poter parlare. Ecco perché ti offro la testimonianza da estraneo ed esterno, pur non capendo molto a cosa possa servirti.
Posso solo confessarti che non mi è MAI, sottolineo MAI, capitato di leggere anche solo un singolo autore italiano che potessi ritenere, per stile, contenuti e consapevolezza, di caratura mondiale.
Quasi sempre, del mazzo di libri sf letti, quelli italiani erano qualitativamente i più scarsi, alcuni francamente non pubblicabili (e no, essendo stanco di beccarmi i soliti epiteti NON farò più nomi, non importa comunque ai fini del discorso).
Come te anche me non interessa assolutamente nulla della nazionalità: non sono uno scrittore (quindi non mi serve che esista un mercato per il mio futuro, e al massimo cè la Rete e i formati eletronici), non sono un fan e in più ormai il grosso delle mie letture è composto da e-book in lingua straniera, quindi puoi immaginare come non mi interessi la carta di identità degli autori o delle case editrici.
La sensazione che ricavo, epidermicamente eh, per quanto riguarda la sf, nonostante tutto il precedente bla bla, è che siate messi comunque molto meglio rispetto all'horror.
Avete alcuni autori mediamente più validi, una scena e dei siti comunque più preparati e attivi e in generale l'appassionato medio di fantascienza mi pare più equilibrato e preparato rispetto a quello horror.
(segue...)
Quindi in sostanza vi invidio.
RispondiEliminaPurtroppo, a quanto mi dici, persiste il (grave, secondo me) problema di eccessivo buonismo da parte della critica. Non leggendo nessun tipo di sito sf ho fatto poco fa un rapidissimo giro nela Rete italiana, tanto per leggere qualche recensione e a prima vista pare proprio che le cose stiano come dici tu. Sono tutti bravi, belli e buoni (ripeto, sempre da totale estraneo e ignorante).
Su questo non so che dire, non posso certo ipotizzare connivenze o chissà quali schemi e dietrologie. Diciamo che probabilmente è a causa boh, di differenze di carattere, della natura solare e paciosa del critico mediterraneo, o ancora dell'effettivo livello molto alto di tutta la produzione: non conoscendo gran parte della produzione non posso ipotizzare nulla, anche se a dirla tutta io bevo un sacco di gin con limone e acqua tonica, quindi l'amaro e l'acido mi stancano molto meno del miele e prodotti derivati, è questione chiaramente di gusti e di solito mi accompagno con adulti bevitori di gin, lasciando le caramelle ad altri.
Può darsi che sia anche un problema (comprensibilissimo) di convivenze: recensori, critici e saggisti sono spesso anche autori, editori, consulenti e altro, difficile, quando sei all'interno di uno stretto circuito di collaborazioni, con numeri comunque piuttosto bassi, scegliere di dire la verità e tutta la verità sul romanzo di qualcuno che conosci, ci sarebbero (giustamente o meno, ormai non so più dirlo) pesanti conseguenze e chissà, a ogni giro di verità potresti trovare meno gente disposta a pubblicarti ecc ecc.
Nota bene che non sto innestando nessun tipo di polemica: proprio perchè una volta tanto non parlo di horror e scrivo in casa d'altri sono finalmente rilassato e avanzo ipotesi che mi paiono possibili, anche anche plausibili e giudico certi atteggiamenti come comprensibili.
Certo che il pubblicare materiale mediocre e poi esaltarlo per "costruire una scena" a me non pare questa gran cosa, si rischia di costruire, nel tempo, una scena mediocre.
Proprio questa ricerca di una critica più efficace, on point e dotata di mezzi mi ha spinto lentamente (parlo della mia esperienza in campo horror) verso i testi degli accademici statunitensi, allontanandomi dall'ambiente del fandom horror italiano, critici con una formazione e una preparazione molto alta, che non esitano a nuclearizzare qualche testo (ovviamente dimostrando ogni punto prima di lanciare i missili) oltre a magnificarne altri.
Quando in un singolo spazio leggo recensioni positive, neutre e negative distribuite iù o meno omogeneamente, senza schemi evidenti (odio per un autore, disprezzo in toto per una casa editrice, esaltazione di un gruppo ecc ecc) allora comincio a interessarmi molto a quel posto.
Ora scusa ma di domenica sono libero di andare al mio gin anche di mattina, a risentirci!
Come sempre la discussione è posta nei binari giusti ed in ogni punto da te posto ci sono elementi di verità.Non sono uno scrittore e non m'interessa pubblicare,credo però di essere un forte lettore di narrativa fantastica.Come sai sono uno di quelli che vogliono una fantascienza scritta in Italia forte e ben sviluppata.Detto questo rimango parecchio perplesso davanti ad operazioni come Zodiac di E:Passaro oppure Abel e potrei continuare.Certo ci sono anche belle reltà come Marolla(che però è un autore horror),Fabriani ed altri.Il problema che un opera sbagliata italiana o straniera continua a generare l'opinione che la fantascienza sia fuffa e se è Italiana ancora peggio perchè rende gli sforzi di un Marolla nulli.
RispondiEliminaNon credo che sia una situazione senza uscita è bello il fascino di una storia Horror ambientata a Siena o a Modena o come ha fatto Asciuti parlare di alieni tra le valli genovesi(non è solo questo ed ovviamente sto semplificando di brutto) perchè credo e spero che sia un modo per iniziare a trovare una via nostra alla fantascienza ma non per questo bisogna stare zitti quando appare la cavolata perchè sennò ci facciamo del male da soli.
Il guaio è che finchè il mondo della fantascienza(e del fantastico italiano in genere)sarà quella boccia strapiena da cui non si vuole guardare il mare vicino sarà dura migliorare.Non impossibile ma dura.
E adesso ciao io mi vado a bere una sana birra.Nick
Grazie Elvezio, grazie Nick! Credo che solo con il contributo di tutti colori che ruotano intorno al genere ci si possa fare un'idea più chiara di quello che è il suo effettivo stato di salute.
RispondiEliminaDue appunti veloci, che per i prossimi tre/quattro giorni c'ho un solo braccio disponibile, e usare la tastiera con una mano sola non è proprio cosa;
Non mi ritengo nemmeno io un esperto, Elvezio. Sono semplicemente un lettore appassionato ed esigente che solo ultimamente s'è accostato alla produzione italiana di genere che fino a qualche anno fa schivavo come la peste (causa gravi traumi letterari).
Se mi sono avvicinato alla fantascienza italiana è proprio perché sono incappato in qualche lettura che mi ha fatto riconsiderare le mie posizioni. Io qualche volume che se la gioca con i grandi nomi stranieri l'ho letto (penso alla Farris del mese scorso, o all'antologia di Enrica Zunic), per non parlare di una manciata di racconti davvero notevoli comparsi su varie antologie lette negli ultimi anni (qualche nome l'ho già fatto nelle chiacchiere delle ultime settimane…). Soprattutto m'è parso di notare, al di là della singola opera, un approccio decisamente più consapevole e maturo da parte di un pugno di autori con i quali evidentemente spartisco una qualche sensibilità comune.
Per questo motivo insisto nel ravanare nel terreno di cultura fantascientifico nostrano, proprio perché vedo qualche potenzialità e non vorrei che per eccesso di entusiasmo (che mi sembra decisamente prematuro) ci si ritrovi ad accontentarsi di quel che c'è, quando invece si potrebbero davvero leggere degli ottimi romanzi nel prossimo futuro.
Mi sembra che anche tu, Nick, stia insistendo per avere un approccio più selettivo (non saprei come meglio definirlo…) alla pubblicazione di letteratura di genere scritta in Italia.
Io mi accontenterei di veder nascere un dibattito critico che rompa con gli schieramenti, le claque cui accennavo altrove, che non si adegui ai vari personalismi che ingombrano la scena, che non sia composto da soli fan, che ponga al centro l'esperienza della lettura e non il pedigree dell'autore.
Roba da niente, no? :-)
C'è quella vecchia storia che racconta Woody Allen in apertura ad Io & Annie, ma che probabilmente appare per la prima volta ne "L'umorismo e la sua relazione conl'inconscio", di Freud, e che parla dei due vecchie signore in un pensionato fra i monti ed una dice all'altra "Dio, ma il cibo qui fa davvero schifo!" e l'altra risponde "Sì, lo so, e le porzioni sono troppo piccole."
RispondiEliminaCredo che riassuma abbastanza bene il rapporto fra autori, critici e lettori italiani di genere.
"…però il panorama è spettacolare!"
RispondiEliminaSai che non so se sono riuscito a interpretare correttamente il tuo pensiero, Davide? Faccio un po' fatica a trasferire la battuta nel contesto sf nostrano (chi sono le due signore? Cosa stanno mangiando? Dove sono i monti? e soprattutto, chi è il dio citato?)
Insomma, non ce la posso fare, ho bisogno dell'esegesi! :-)
(in realtà la metafora è piuttosto chiara, solo che io non la vedo così nera e nella battuta non trovo nessuna scappatoia. Insomma, dammi un po' di speranze, suvvia!)
Mi domando talvolta se parlare da italiani della fantascienza italiana non sia come cercare di guardarsi la schiena...
RispondiEliminaTu parli della necessità di raddoppiare gli sforzi critici, e io sono d'accordo ma sostengo che occorre anche diversificarli. Dicevo chissadove in questo tuo tentacolato blog che si necessita di critici-filosofi, gente cioè in grado di interpretare e mostrare la sf per quel diorama potenziale dello spazio interno ed esterno che è diventata - un mosaico di possibilità con cui confrontarsi, o, per chi preferisce la fuga, in cui transire. Il divertimento, la conoscenza.
Cerchi il lettore? Eccomi, c'est moi.
E per dirla fuori dai denti, non mi sento per niente al centro delle attenzioni dell'autore nostrano standard (vale molto anche per il mainstream). Lo sento molto attento a sè, chino sul suo piccolo testo (in latino: testiculum), a far l'artista.
Oppure proprio non ce la fa, l'aroma di tema in classe aleggia tra le righe - è tutto contento di essere arrivato fino in fondo, e amen.
O diventa pateticamente accattivante. Con me. Cresciuta a Delany e a Ballard!
Ma anche se fossi un lettore vergine di sf vorrei comunque che l'autore cercasse di rispondere alle mie poche e non altissime aspettative.
Intanto pretendo che i personaggi non siano sagome di cartone e che abbiano almeno le quattro dimensioni minime richieste -che io ci possa vivere un poco assieme.
Poi non voglio puzza del cortile di casa, che mal si adatta al genere. O se proprio dev'essere, che si guardi a cos'ha fatto Lansdale con le storie di casa sua - per dirne uno - o a come Bradbury ha portato casa sua su Marte.
Infine voglio una bella lingua, una voce narrante salda e ben identificata, una sintassi che si gonfia e scivola e stride negli opportuni casi.
Una modesta proposta: noi dovremmo leggere gli italiani in modo diverso da tutti gli altri autori, perché possiamo entrare direttamente nella lingua che usano, con tutta la sua enciclopedia e tutti i suoi memi.
Diventiamo esigenti! Non sono esotici da contemplare, ma vicini di casa da fare a pezzi con lingue biforcute.
Quando leggo "una bambolina di plastica nuda" non ho un traduttore da esecrare, e il fastidio per l'aggettivo malposizionato mi porta a leggere non la storia ma il testo - puntualmente ritrovandovi quei piccoli luoghi comuni italioti che nel parlato sono impercettibili, fanno parte del fiato, ma nello scritto sono carta vetrata.
Gli italiani in genere scrivono maluccio, tendono a spiegare, son didascalici, mostrano poco. Che ci siano le poche luminose eccezioni è certo, ma qui si sta parlando di percentuali massicce.
Dunque mi sa che non basta un'idea per "risollevare le sorti del panorama fantascientifico nazionale". Prima bisogna risollevare la sf nel senso di trovarle dei lettori nuovi (strappandoli magari alla fantasy più deteriore) perché siano loro i critici ultimi - e questo si fa mostrando al colto e all'inclita la magnificenza e la vastità del genere.
PS. Mi spiace per il tuo braccio, ma ... rugby?!
:-D
RispondiEliminaAllora te ne metto giù un'altra - i cinesi dicono "Attento a ciò che desideri, perché i tuoi desideri si potrebbero avverare".
Quand'ero ragazzo e scrivevo pessimi racconti di fantascienza e fantasy, mi lamentavo quasi quotidianamente che in Italia non si pubblicassero autori italiani (... come me, sottinteso).
Oggi, i miei desideri si sono avverati.
I cinesi avevano ragione.
Scherzi a parte - sottoscrivo in linea di massima la posizione di Zoe.
Grazie Zoe!
RispondiEliminaMi piacerebbe sbandierare il tuo commento ai quattro venti, farlo leggere a tutti i volenterosi autori di fantascienza nostrana, eleggerlo a manifesto della fantascienza che vorrei ci si decidesse a produrre anche da queste parti.
Tra le cose che scrivi voglio sottolineare un aspetto che personalmente ho sempre trascurato, ovvero l'esigenza di leggere testi belli per l'italiano che usano non solo per le storie che raccontano. Sono ben poche le volte in cui mi sono azzardato a commentare la qualità della lingua perché io per primo mi sento insicuro del mio scrivere, ma ben vengano i richiami all'uso corretto ed esigente dell'italiano! Già questo sarebbe un ottimo punto di partenza.
(…e sì, rugby!)
Davide, hai un concetto ben particolare di speranza! Davvero, non ti facevo così disperatamente nichilista. :-)
Insomma, a me il panorama fantascientifico nostrano, per quanto messo maluccio, pare comunque più interessante che non dieci/quindici anni fa. Tu che segui la scena da più tempo di me, davvero non riconosci una crescita (nella qualità della scrittura, nella varietà dei temi, nella generica visibilità delle opere, finanche nella consapevolezza degli autori)?
Certo siamo ancora ad anni luce di distanza dagli standard anglosassoni, e tutti difetti che sottolinea Zoe sono un fattore con cui è assolutamente necessario confrontarsi. Però mi sembra che un tempo fosse anche peggio…
OK, OK... mi è difficile sfuggire all'ironia quando tocco questo argomento, ma proviamo.
RispondiEliminaMettiamola così - rispetto a, diciamo, il 1983, c'è un maggiore volume di narrativa fantastica italiana disponibile, ed ha una migliore esposizione.
Oggi si scrive meglio che nel 1983?
Non lo so.
Certo si scrive - e si pubblica - di più.
La produzione nostrana è al livello di quella anglosassone?
No, neanche se piangi cinese.
E per quel che posso vedere, non è neanche al livello (qualitativo) di quella del Giappone o di Singapore o i due o tre francesi che leggo a fatica col mio francese da piemontese rifatto.
Per dera una misura, diciamo che i migliori fra noi si allineano al livello medio degli stranieri - il miglior americano, o giapponese, o francese è ancora una buona spanna sopra al miglior italiano.
Poi possiamo ammazzarci di chiacchiere per sei mesi per definire chi sia il migliore qui e là, e perché, e quanto sia lunga una spanna, e come la si misuri.
Ma resta il dato.
Il divario fra noi e gli stranieri si è ridotto rispetto al 1983?
Non lo so, mi sentirei di dire non credo in base al fatto che come noi siamo progrediti, sono progrediti anche loro.
Questa però è in generale una buona notizia - abbiamo degli autori "world class", che ci vengono anche riconosciuti come tali all'estero, e ne abbiamo più che in passato, e sono persone degnissime che potrebbero giocarsela alla pari coi migliori stranieri.
Nell'83 non c'erano?
Diciamo che erano meno e facevano più fatica ad uscire.
Cosa manca, allora, a costoro, per arrivare al top?
Cosa manca al genere nazionale per arrivare ad essere al meglio?
Qui entriamo nel campo delle opinioni personali.
Io la mia bestia nera ce l'ho, la mia personale causa di tutti i mali del fantastico italiano, il classico "se solo..."
Ma se la scrivessi qui, adesso, mi sentirei di nuovo dire che sono polemico e litigo con tutti.
@Davide Mana.
RispondiEliminaOgnuno di noi ha le sue opinioni personali sul perchè non si riesce ad arrivare al to.Personalmente ritengo che spesso manchi la capacità di rischiare e mettersi in gioco da parte di autori,editori ed anche lettori( alle volte).E questo crea spesso e volentieri l'incapacità di accettare critiche.Ecco visto che già sono stato polemico io a questo punto sono curioso di sentire la tua di personale causa.Ciao
Nick
@Nick
RispondiEliminaVuoi proprio vedere la mia vita sociale colare a picco, eh?
OK, perché no...
Capisco e in parte condivido il tuo punto -tra l'altro.
Solo, non credo sia il vero problema - o meglio ancora, che sia solo una parte del problema.
Io sostengo che qui ed ora manca una selezione darwiniana.
Competizione onesta ma senza esclusione di colpi in un ambiente ostile.
Servirebbe un'offerta più ampia (tante riviste con tanti raccontidi tanti autori, perché è coi racconti sulle riviste che ci si fa le ossa), tale da aiutare il pubblico a formare un proprio gusto ed a fare delle scelte.
In questo momento in Gran Bretagna si pubblicano dieci riviste, tra mensili e bimestrali - senza contare sempiprozine, fanzine e ciò che arriva dal web e dagli USA. E lasciandfo fuori le riviste che pubblicano solo fantasy o horror. Significa che il lettore ha una scelta fra un centinaio di racconti nuovi e saggi critici ogni sessanta giorni, in media.
Non le legge tutte, certo.
Ma opera una scelta.
E intanto si forma un gusto.
E c'è spazio per tutti.
E parliamo dello UK, non della Cina, che ha duecento milioni di potenziali lettori un mese sull'altro...
La Finlandia (!!!) ha due riviste professionali di SF, mi pare una di fantasy e una di horror.
Una trentina di nuovi racconti al mese!
La Finaldia!
In un sistema del genere, chi è valido ha lo spazio per emergere, e il pubblico elimina i bogus.
Ma naturalmente io sono inutilmente polemico e litigo con tutti.
A cominciare dai Finlandesi. :-P
@Davide Mana.
RispondiEliminaSe ti può consolare,neanch'io sono molto popolare nell'ambiente dove opero e lavoro.Si diventa polemici(per gli altri) quando si dice quello che si pensa .Comunque condivido quello che dici.Aggiungo che in Ungheria,tanto per fare un esempio di un altro paese insospettabile, C'è una rivista di fantascienza chiamata Galaktika che vende centomila copie a numero.
Pubblica autori autoctoni,Russi,europei,Americani ed anche qualche Italiano,noi invece in libreria ci troviamo l'ennesima ristampa della ristampa.
Coraggio.Noialtri polemici(se vogliono si possono aggiungere anche Elvis e l,Iguana) contro il mondo,la Finlandia ed anche l'Ungheria perchè nò...
Ciao.Nick
Per quanto posso vedere qui da Marte, di base convengo con l'opinione di Zoe: la (stragrande) maggioranza degli scrittori italiani di fantascienza non sa scrivere bene. Anzi, non sa scrivere affatto. A questo punto viene da chiedersi "perché"?
RispondiEliminaNon riesco a pensare ad altro che a una questione di presunzione. E al fatto che non esiste un confronto vero e proprio, per non parlare di una "critica" seria e costruttiva. Ovvero loro (gli scrittori) credono di essere, se non bravi, almeno dei discreti scrittori. Probabilmente sono in buona fede nel pensarlo, quando si vedono pubblicare il titolo da quella o da quell'altra casa editrice, grande o piccola che sia, non importa, purché il libro sia pubblicato. Ma ne è testimonianza il fatto che le critiche in genere tendano a veder aprirsi cieli apocalittici.
Quindi se devo cercare i principali colpevoli di questo stato di cose, non vedo tanto gli scrittori, quanto piuttosto gli editori che li pubblicano e che in questa maniera li legittimano, i quali dovrebbero invece avere la competenza (e il coraggio) di dire (anche ai propri "amici"): "Mi spiace, ma il tuo romanzo non è all'altezza della nostra collana. Write it again. Au revoir." Punto e fine.
Perché poi questo avvenga, confesso che da Marte non riesco a distinguerlo con chiarezza. Forse lo vedete meglio voi, che siete più vicini.
@ Davide: cos'è questa vis polemica all'acqua di rose???
RispondiEliminaIo voglio vedere scorrere il sangue. mica 'sti accenni al vorrei dire, ma forse è meglio non dica, però poi se dico (o non dico…).
:-)
Insomma, si può sapere qual è la tua bestia nera? Perché con la questione delle riviste mancanti mica polemizzi un gran che: chiunque passi da queste parti - che sia editore, scrittore o lettore - credo possa sottoscrivere in toto quello che scrivi. Darwinismo editoriale incluso.
@ Il grande marziano: ohi, forse noi siamo troppo vicino per avere una visione obiettiva, ma apprezzo comunque il tuo contributo, che sebbene venga da lontano non perde l'occasione e il gusto tutto locale di puntare il dito e scovare il colpevole.
Come dicevo inizialmente, non credo ci sia UN colpevole, piuttosto una situazione orami incancrenita da cui è terribilmente difficile saltare fuori.
Ma se su Marte avete una soluzione, beh… sono davvero curioso di leggerla.
@IguanaJo
RispondiElimina... e allora la mia bestia nera è la stessa della tua.
Io lamento la mancanza di un ambiente sanamente competitivo - con editor spietati ma giusti, lettori selettivi ma colti, scrittori pronti a cambiare ogni dannata regola per pubblicare, e non semplicemente a sperare che un amico dia loro un colpo di telefono per pubblicare.
Non faccio nomi, non ho la lista dei buoni e dei cattivi.
Il nemico da sconfiggere è il sistema vigente, a tutti i livelli.
È fantascienza.
In questo paese, basta che posti commenti (il contenuto non ha importanza) su certi blog, e la tua carriera editoriale è finita.
Direi che forse cominciamo ad essere sulla buona strada,vedo su questo ed altri blog un inizio di una sana critica,forse tra qualche tempo ne raccoglieremo i frutti.Ma io sono un eterno ottimista e poi ho rinunciato alle mie ambizioni letterarie anni fa...
RispondiEliminaNick
Editor spietati e giusti, lettori selettivi e colti: chi non li vorrebbe?
RispondiEliminaMa non credo che Darwin sia la risposta a una crisi che è chiaramente multifattore.
La sf si è trasformata dall'iniziale pulp per dodicenni -attraverso l'uso di tutte le discipline umane e non solo di quelle digitali- in quel che è ora, cioè il genere letterario più poliedrico,e aperto all'esplorazione. Dimora ideale, si direbbe, per spiriti audaci, arguti, di ampia visione.
Poi leggo che se posti un commento sul blog sbagliato sei morto.
Questa mentalità da asilo infantile è molto diffusa nell'ambiente? Perché nel caso spiegherebbe molte cose sulla qualità della scrittura dei nostri autori.
Ecco, prima che lettori colti vorrei autori colti, che usino la lingua come un'enciclopedia. E non li voglio solo colti, ma anche saggi: cosa lo leggo a fare, un libro, se non imparo niente?
Un secondo fattore disperante è il lettore: qualcuno ha dato un'occhiata alle statistiche nazionali sull'analfabetismo d andata e di ritorno? Per non parlare del gran numero degli illetterati, cioè quelli che capiscono le parole di una frase, ma non riescono ad attribuire alla frase stessa un corretto senso logico. Non è che manchino i lettori di sf, in Italia mancano i lettori, punto.
(Gli editori non li capisco: ha senso buttar soldi in libri mediocri e pochissimo venduti? Immagino che non siano degli insensati, ma la ragione di quest'agire mi sfugge).
Che fare?
Questa domanda occorre porsela costantemente, secondo me. E anche darsi una risposta, magari sempre diversa.
Nick scriveva e non scrive più, l'Iguana anche. Anche Davide, mi sembra. Anch'io, a dire il vero. PERCHE'?
Perchè, se abbiamo qualcosa da dire non lo diciamo attraverso una storia dei nostri ipermondi? Perché non facciamo corsi di scrittura creativa dedicati agli scrittori di sf? Perchè non facciamo azioni pubbliche fanta-dada-surreal-futuriste? Perché non ...
Scusa, ho scordato di firmare il commento precedente, ma forse ormai riconosci lo stile dell'infestazione.
RispondiElimina@Zoe
RispondiEliminaStiamo dicendo più o meno le stesse cose - io semplicemente uso un approccio ecologico, mentre tu osservi i singoli fattori singolarmente.
Ma di fatto, ciò che lamentiamo entrambi è un ambiente immaturo, o sottosviluppato.
Io sostengo (ed è la mia idea, per quel che vale) che se esistesse maggior competizione all'interno dell'ambiente, tutti i componenti (autori, lettori, editori, editor...) ne trarrebbero giovamento, e migliorerebbero.
L'alternativa sarebbe scomparire.
Per competizione "sana" intendo la competizione sulla qualità dell'opera presentata, del lavoro svolto.
Se ho scritto bene, troverò un buon editor che mi passerà all'editore giusto, che mi porterà all'attenzione di quella fetta di pubblico che maggiormente può apprezzare, o è interessata, a ciò che scrivo.
Bello liscio.
Se la competizione viene drogata da fattori estranei alla qualità - di qualunque genere siano - il risultato è un ambiente sbilanciato.
Non c'è evoluzione.
Non si migliora.
Dici che il genere è cambiato dai tempi dei pulp.
È esatto.
Si è trattato di un fenomeno evolutivo, dovuto alla presenza di autori più "forti" (scientificamente o letterariamente), che editor abbastanza lungimiranti hanno esposto ad un pubblico abbastanza colto da capire, e volerne di più.
Poi, si scrive ancora pulp, perché una nicchia di estimatori rimane.
Ma si tratta di un processo di crescita graduale, di un percorso.
Non 1985 - il cyberpunk è una figata, scrivo cyberpunk... 2995, X-files è una figata, scrivo storie di cospirazione e ufi... 2005, lo steampunk è una figata, scrivo una storia ambientata nel 1890 a Londra...
Il pubblico non è stupido, e - a meno che non si scriva per la fascia stupida del pubblico - è difficile da gabbare.
@Iguana, ma anche gli altri: è vero che una situazione del genere, complessa, diffusa e recidiva, può essere solo frutto di una concomitanza esecrabile di fattori che si sono consolidati nel tempo, facendo prendere a un intero sistema una piega sbagliata.
RispondiEliminaPerò a mio avviso gli editori sono i maggiori colpevoli di questo stato di cose e se da quassù punto il mio telescopio sulla storia della fantascienza italiana recente, vedo alcuni comportamenti che avallano questa tesi. Faccio un esempio pratico. Perché Clelia Farris ha dovuto partecipare al Premio Odissea (e vincerlo) per poter ripubblicare con Delos, nonostante avesse già dimostrato più di qualcosa con Rupes Recta? Perché l'editore non è stato abbastanza lungimirante da darle questa chance (visto tra l'altro che Nessun uomo è mio fratello sembra, a quanto dici, un bel romanzo - io non l'ho letto), e quindi in questo modo legittimarla di fronte al pubblico e provare a toglierla dal limbo dei novelli, paraesordienti, sempresulpuntodi? Ma questo è successo anche con Fabriani in Urania, per esempio. E perché Cola, nonostante non credo debba più dimostrare niente, ha dovuto anche lui vincersi un concorso per pubblicare Ultima Pelle (già peraltro - se non erro - finalista al Premio Urania) e non è riuscito a trovare un editore che abbia creduto in lui? Sbaglio o aveva già pubblicato qualcosa con Delos, ma poi più niente?
Insomma, se hai per le mani un autore che credi valido, perché tu editore non cerchi di proporlo e farlo crescere agli occhi del pubblico?
Infatti credo sia finalmente giusta la politica recente di Urania di riproporre certi suoi autori (leggi Tonani e Asciuti) al di fuori del Premio. L'importante è che lo faccia sempre con testi all'altezza e non tanto per pubblicarli, altrimenti ti bruci gli autori e screditi l'intero sistema (ma qui non parlo di Tonani o di Asciuti, intendo in generale).
Sono d'accordo con Davide quando dice che ci vorrebbe una sana competizione dell'ambiente, con tutta la "filiera" di personaggi che svolgano i loro compiti in maniera "virtuosa". Ma non bisogna mai perdere di vista il fatto che l'editoria è un'impresa e certi fattori (leggi il rapporto costi/benefici) temo abbiano sempre e comunque il sopravvento su altri (leggi qualità delle opere).
In fondo lo scrittore (o il preteso tale) fa quello che può, come può, o come sa. Cerca di destreggiarsi in una giungla con gli strumenti che ha, insomma. Per questo niente mi toglie dalle antenne che alla fine della storia è l'editore quello beccato col Candelabro in Biblioteca.
Insomma lo scrittore (maldestro o capace) ci prova. Ma è l'editore che lo pubblica e legittima opere eventualmente non all'altezza. Se lui (o l'editor, o l'agente) dice all'autore di riscrivere un libro intero, perché l'idea è buona "ma", l'autore - se vuole fare davvero lo scrittore - lo dovrà fare. Ma quanti editori lo fanno (e quanti autori sarebbero disposti a farlo)? E quanti invece pubblicano roba giusto perché magari il rapporto costi/benefici va bene così (e gli autori tirano un sospiro di sollievo)?
Mi sa che ho parlato fin troppo. Me ne torno sul mio pianeta.
Mi sa che visto il successo di questo ultimo post il buon Iguana ne dovrà scrivere molti altri sulla fantascienza Italiana,per la nostra(Enorme)gioia e credo un poco anche per la sua...
RispondiEliminaSono d'accordo che molte responsabilità siano degli Editori,ma anche noi lettori qualche responsabilità ce l'abbiamo.Un esempiO: Armenia .
Aveva lanciato una discreta collana di Fantascienza,l'ha dovuta chiudere quasi subito.
Nick
@Nick: non credo che il Lettore possa essere considerato responsabile dell'affondamento di una collana. Se il Lettore non compra, mica lo fa per sbaglio. O il libro non interessa, o costa troppo. Se il Lettore compra, mica lo fa per beneficienza. O il libro interessa, o il libro è in offerta.
RispondiEliminaSe una collana come quella di Armenia si trova costretta a chiudere, è perché o l'editore ha fatto degli errori (prezzi troppo alti, distribuzione carente, titoli sbagliati), o perché non c'è abbastanza mercato.
Personalmente penso sia un misto delle due cose.
Ma per quella sera - a mio avviso - il Lettore ha un alibi di ferro.
@ Il grande Marziano: il Lettore ringrazia per la maiuscola.
RispondiElimina@IL GRANDE MARZIANO.
RispondiEliminaNon era per dare colpe ma semplicemente per dire che la situazione dell'editoria fantascientifica Italiana è quella che è forse le responsabilità non stanno da una parte sola.Che poi siano gli Editori i primi ad avere qualcosa da rimproverarsi,su questo non ci piove.Tutto qui.
Nick
Per prima cosa voglio ringraziarvi per aver reso davvero ricco e interessante questo spazio commenti. Non capita spesso di assistere a una discussione sulla fantascienza italiana che non degeneri dopo cinque interventi…
RispondiEliminaDi seguito qualche nota sparsa, che anche se mi sento in dovere di intervenire, mi sa che le cose fondamentali siano state tutte già dette.
- "In questo paese, basta che posti commenti (il contenuto non ha importanza) su certi blog, e la tua carriera editoriale è finita."
RispondiEliminaDietro questa frase si nasconde un abisso di sconforto cui è davvero difficile rimediare. Io non credo che si sia davvero arrivati a 'sto punto, almeno non in ambito fantascientifico. Però il timore che l'affermazione di cui sopra non sia falsa è un tarlo che non riesco proprio a sopprimere.
- "La sf si è trasformata (…) in quel che è ora, cioè il genere letterario più poliedrico,e aperto all'esplorazione. Dimora ideale, si direbbe, per spiriti audaci, arguti, di ampia visione."
In effetti questa situazione paradossale, per cui trattando del genere costituzionalmente più aperto al nuovo ci si ritrova poi ad affrontare discussioni che tendono spesso all'infantile andante è una delle cose che da quando frequento il fandom mi lascia più basito. Come del resto l'essermi reso conto da tempo che lo zoccolo duro dei lettori fantascientifici è quanto di più conservatore sia dato luogo di incontrare.
- "Nick scriveva e non scrive più, l'Iguana anche. Anche Davide, mi sembra. Anch'io, a dire il vero. "
A dir la verità io non ho mai scritto (ho solo un'avventura di AD&D al mio attivo, pubblicata nel lontano 1996 su Kaos, se non ricordo male). Nick non so ma, per quel poco che ho letto, Davide scrive e lo fa pure molto bene. Certo, anche secondo me dovrebbe scrivere di più, ma qui si ritorna a quello che si diceva sopra.
Sulle azioni pubbliche fanta-dada-surreal-futuriste, beh… magari! Ma poi, chi parteciperebbe?
- "Non c'è evoluzione. Non si migliora."
Sottoscrivo in toto quel che scrive Davide a proposito dell'approccio ecologico allo sviluppo - o al mancato sviluppo - del dato genere letterario. Solo che non posso rinunciare a punzecchiare lo scienziato che è in lui: se non sbaglio l'evoluzione non presuppone alcun miglioramento della specie, semmai un adattamento alle condizioni ambientali. Come facciamo a sapere che la fantascienza prodotta al momento in Italia non sia la più adatta alla qualità del suo pubblico?
Non è che alla fine salta fuori che ci si ritrovi tra gli squali o i coccodrilli della letteratura fantastica?
- " Perché Clelia Farris ha dovuto partecipare al Premio Odissea (e vincerlo) per poter ripubblicare con Delos, nonostante avesse già dimostrato più di qualcosa con Rupes Recta?"
Una domanda che mi sono posto anch'io, e una situazione che trovo davvero inspiegabile. Tra l'altro il fatto di risultare vincitore di un premio letterario di questo tipo costituisce per me un freno all'acquisto, non certo un incentivo: da quel che ho capito le giurie di questi concorsi si trovano spesso a dover premiare il meno peggio, stante la qualità media non eccelsa dei partecipanti.
Nel caso della Farris mi è andata bene perché ho avuto l'opinione di amici affidabili, che altrimenti l'avrei tranquillamente ignorata.
- "Sono d'accordo che molte responsabilità siano degli Editori,ma anche noi lettori qualche responsabilità ce l'abbiamo.Un esempio: Armenia"
Sul caso Armenia tendo a concordare con il Marziano.
Però credo anch'io che i Lettori qualche responsabilità ce l'abbiano, nel senso che troppo spesso subiscono supinamente le scelte editoriali, che troppo spesso il loro silenzio viene preso per tacito assenso, che lasciando parlare unicamente editori e scrittori perdono l'occasione di influire - per quanto minimamente - sulla qualità delle proposte librarie disponibili.
Spero anch'io che le cose cambino per il meglio, ma il panorama librario qua fuori non è che dia troppi segnali positivi. Comunque noi rimaniamo qui in attesa, speranzosi, che tanto di rinunciare a leggere non ci pensiamo proprio, giusto?
@Iguana: sulle responsabilità dei Lettori non mi trovi d'accordo. Che cosa dovrebbero dire i Lettore? In che modo dovrebbero dirlo? A chi dovrebbero dirlo?
RispondiEliminaBisogna considerare che parliamo, anche su piccoli numeri, di almeno alcune migliaia di persone, mentre qui (o nelle liste SF) - ovvero colore che in qualche modo possono interagire con gli editori - ci sono solo poche decine di persone, che difficilmente saranno rappresentative di un pubblico generico assai più variegato e difficile da inquadrare.
A mio avviso il Lettore risponde comprando. Se non compra, l'Editore ha già ricevuto la sua risposta. Il resto della disamina tocca a lui.
Il problema dei "Lettori", se vuoi, ovvero del "Mercato", è più che altro legato alla domanda cruciale: perché i Lettori tendono a trascurare la fantascienza in generale? In altre parole quello che vale la pena fare, secondo me, è porsi una questione culturale generale.
Prendiamo giusto Armenia. La collana di fantascienza è affondata pubblicando al primo numero il romanzo del momento dell'autore del momento, con un edizione veramente bella e una traduzione addirittura eccezionale. Cosa si vuole più di così? E poi comunque ha fatto uscire opere di una certa qualità. Eppure non ha funzionato. Perché? Quelli di Armenia se lo sono chiesti? Si sono dati delle risposte?
Se i confini dei generi letterari si fanno sempre più labili, per non dire che sono scomparsi del tutto, e le stesse grandi case editrici propongono horror, thriller, giallo, fantasy e fantascienza nelle medesime collane, forse è venuto il momento di avere il coraggio di cambiare le modalità di proposizione della fantascienza al pubblico.
E comunque nessuno mi toglie dalle antenne l'idea che sono gli autori che fanno il genere, e non viceversa.
Prima c'erano autori di livello mondiale (Mostri sacri?) capaci di trascinare un intero movimento mondiale (Asimov, Clarke, Dick, Gibson) e che tutti conoscevano. Adesso chi c'è? Secondo me è anche questo che è venuto a mancare. Perché non ci siano è altra faccenda...
Se è vero che il lettore, che taccia o strepiti, ha comunque ragione (e vedi infatti che su casi tipo Armenia la tua impietosa analisi mi trova del tutto concorde), io sono convinto che l'opinione di noi tutti qui fuori sia importante per dare un minimo di orientamento al mercato.
RispondiEliminaNon so come vi regolate voi, ma per scegliere i libri da leggere io mi oriento soprattutto sull'opinione di alcuni lettori con cui ho scoperto condividere qualche affinità. Per le mie scelte letterarie non sono le voci di editori o scrittori che fanno la differenza, ma proprio quella dei lettori. È in questo senso che ne auspicavo un ruolo più attivo.
Sulla questione del declino delle proposte fantascientifiche nelle librerie dello stivale io ho la mia opinione, ma non gode di troppa popolarità (se ti interessa questi sono i post di riferimento: 1, 2 e 3).
E per finire gli autori: sono convinto che i mostri sacri che cerchi - o meglio, qualche nome che tutti conoscono, con volumi in libreria da almeno 15 anni - ci siano tuttora e godano di ottima visibilità, ovunque tranne che in Italia.
Penso a gente come Banks o Egan, a Hamilton o a McDonald, a Simmons o a Reynolds.
Il genere è vivo e vegeto, solo che qui arrivano solo le briciole (e dopo un mese spariscono…).
L'evoluzione, in biologia, non presuppone miglioramento, ma presuppone un cambiamento attraverso il tempo al mutare delle condizioni, con una variazione della complessità del sistema.
RispondiEliminaQuando le condizioni non mutano, l'adattamento non avviene.
Se la SF americana non si fosse adattata alle condizioni progressivamente diverse, staremmo ancora tutti a leggere Astounding con le storie di scientifiction che piacevano a Hugo Gernsback (e che erano piuttosto noiose).
Ma il mercato delle riviste prima si è differenziato (Astounding non è Galaxy non è Amazing non è Weird Tales - ciascuna porta con se uno stile, una "scuola"...), poi si è ridotto drasticamente all'avanzata dei paperback (e anche qui, ACE non è DelRey non è DAW), poi si è scoperto (grazie a due autori diversissimi come Heinlein e Leiber) che si potevano superare le 200 pagine e vincere un Hugo, poi c'è stata la passata dei tie-in televisivi-cinematografici, poi si è scoperto che i nerd comprano anche gli hardback... eccetera.
[per la serie, la storia della fantascienza americana in due paragrafi]
Ciascuna fase ha rappresentato un passo... non in avanti, ma in una nuova direzione, per editori, autori e lettori.
Poi, è vero, Weird Tales sopravvive oggi come sopravvivono squali, tapiri e iguana sul nostro pianeta - perfettamente adattati alla loro nicchia, senza la necessità di cambiare.
Ma io non paragonerei, per dire Catherine M. Valente a C.A. Smith ;-)
La possibilità di esplorare queste nuove direzioni è stata prodotta in primo luogo dalla disponibilità di più "uscite", in sana competizione fra loro.
Quando Harlan Ellison - che molti odiavano - ha avuto l'idea di Dangerous Visions, ha trovato un editore, nonostante gli stesse proponendo l'improponibile.
Proviamo a proporre Visioni Pericolose a Mondadori (o Fanucci o...) la settimana prossima?
E se Mondadori (o Fanucci o...) ci dà picche?
Ci autopubblichiamo?
E chi ci fila?
E qui c'è il secondo problema - un editor italiano che volesse fare, oggi, il Dangerous Visions de no'antri avrebe sbagliato tutto.
Noi non dobbiamo scimmiottare gli altri.
Perché la Original Dixie Jazz Band di Fossombrone è certo un gran divertimento (forse più per chi ci suona che per chi l'ascolta), ma resta una copia di una cosa che non ci appartiene.
Resta una copia, un pastiche, un prodotto derivativo.
Se possiamo fare jazz alla nostra maniera, dovremmo poter fare fantastico alla nostra maniera.
Adottare un linguaggio universale (il genere) e adattarlo a parlare delle nostre cose, e non di quelle degli americani di venticinque/cinquanta/settanta anni fa.
Che bello sarebbe leggere un fantasy che avesse come antenato il Tasso e non il Tolkien, o un bello steampunk che tirasse in ballo il nostro primo ministro Menabrea e non Jack lo Squartatore o Alice Liddell...
Ma come al solito esagero.
Chiudo qui.
Per ora.
Parlando di evoluzione, sarebbe interessante capire se e quanto e come e perché la scena italiana differisce da quella degli altri paesi non-anglosassoni.
RispondiEliminaPer esempio, ho l'impressione che noi traduciamo molto di più (anche se magari in Urania che spariscono di circolazione subito) che in quasi tutti i paesi europei, eccezion fatta forse per la Francia.
Se fan critici e appassionati devono cercarsi quello che li interessa in inglese, saranno più motivati, e la scena rimarrà di nicchia ma sarà più vivace.
Forse è vero che ci sono riviste a grande tiratura, ma mi sembra di leggere spesso su siti inglesi o americani fan finlandesi, ungheresi, romeni che si lamentano perché la tal serie non viene tradotta nel loro paese.
Ad esempio sono andato a vedere la bibliografia di Egan - tutti i suoi romanzi sono stati tradotti in Italia (a parte l'ultimo) ma non in Germania, Spagna o Francia.
Su quello che dice Zoe:
Ma anche se fossi un lettore vergine di sf vorrei comunque che l'autore cercasse di rispondere alle mie poche e non altissime aspettative.
Intanto pretendo che i personaggi non siano sagome di cartone e che abbiano almeno le quattro dimensioni minime richieste -che io ci possa vivere un poco assieme.
Infine voglio una bella lingua, una voce narrante salda e ben identificata, una sintassi che si gonfia e scivola e stride negli opportuni casi.
Robert Jordan: 44 milioni di copie
MJ Harrison: non so se arriva a 40.000 in tutta la carriera.
Certo,è un esempio provocatorio, ma Jordan, con i suoi personaggi di cartone e il suo stile orrendo, è regolarmente tradotto da Fanucci.
La diversificazione di cui parla Davide fa sì che le nicchie di gusto diventino sostenibili.
Se questa manca, perché una casa editrice dovrebbe investire nella qualità che rischia piuttosto che nella mediocrità che vende?
@ Davide: complimenti per la storia della fantascienza americana in due paragrafi!
RispondiElimina"Che bello sarebbe leggere un fantasy che avesse come antenato il Tasso e non il Tolkien, o un bello steampunk che tirasse in ballo il nostro primo ministro Menabrea e non Jack lo Squartatore o Alice Liddell..."
Sarebbe bello, sì.
E no, non esageri, anche se io mi accontenterei di molto meno…
…
@ Marco: se devo guardare quel che offrono le librerie nazionali non mi pare che da noi si traduca poi molto.
Da quel che mi sembra di aver capito anche paesi con un bacino di lettori potenziali decisamente più ridotto di quello italiano (penso alla Polonia, alla Romania, alla Serbia) offrono in libreria un numero complessivo di titoli fantascientifici decisamente superiore a quello reperibile da queste parti.
Poi certo, c'è Urania. Che è, per rimanere nel paragone ecologico, un vicolo cieco evolutivo.
Sul fatto che la qualità non paghi, beh… è ovvio, se non si permettono confronti.
Dopotutto, rimanendo nei territori fantasy, per un Jordan e millanta altre immonde proposte fantasy nostrane, c'è comunque anche da noi la possibilità di imbattersi in qualcosa di buono.
(Martin? Pratchett? Mieville? xxx (non frequento abbastanza quel genere per fare altri nomi, ma statisticamente mi pare probabile che qualcosa di buono si riesca a trovare…).
Se invece prendi come riferimento la fantascienza, beh… sugli scaffali delle librerie c'è solo un gran bel vuoto circondato dai soliti classiconi (con di recente la parziale eccezione dei volumetti Delos).
Le case editrici nostrane nel dubbio se pubblicare qualità o mediocrità hanno scelto la via più semplice: non pubblicare nulla.
Se questo è lo stato dell'arte per la fantascienza più attuale, figurati quante possibilità ci sono che si possa evolvere una via italiana al genere.
Per nutrire ancora qualche speranza c'è da diventare creazionisti… :-(
Iguana: è vero che l'opinione del Lettore conta perché contribuisce a far funzionare quel passaparola che - a dispetto di tutto il marketing editoriale che si può fare - è ancora un aspetto determinante che può decretare o meno il successo di un libro. Ma, quello che intendevo io, è che l'opinione del Lettore non influirà mai sulla politica dell'editore, se non in termini mediati di copie vendute o invendute. Da questo punto di vista l'opinione del Lettore per l'editore è fuffa, mentre per un altro Lettore può essere importante.
RispondiEliminaQuanto alla scomparsa della SF dagli scaffali delle librerie, ho dato un'occhiata ai vecchi post e mi sembra ci siano molte considerazioni condivisibili, in primis la scarsità della cultura scientifica e tecnica in Italia, poi la "crisi" globale del genere e infine le scelte non felici di collane storiche come Urania ecc- Di certo si tratta di un fenomeno molto articolato e variegato, difficile da inquadrare in poche parole, ma forse anche in molte.
Infine i Mostri Sacri. Tu ne hai citati alcuni. E sono "Nomi di grido" senza dubbio. Ma non sono - per dire - Asimov. Gli autori che hai citato li conoscono gli appassionati. Asimov lo conoscevano tutti. Quello che voglio dire, è che fino agli anni '80 pochi nomi (trasversalmente) famosi, davano lustro a un intero "genere" letterario presso il popolo dei lettori, appassionati, ma anche no. Ora ci sono sì grandi nomi, ma che conoscono solo gli estimatori. Aggiungi questo a tutto quanto il resto (perché non è l'unico aspetto, naturalmente, anzi forse è marginale) e se prima la fantascienza era una nicchia, ora è una feritoia.
La questione grandi nomi non l'avevo mai vista così, e magari hai pure ragione.
RispondiEliminaPerò la tua è un'arma a doppio taglio: quanti identificando la fantascienza con il buon dottore hanno rinunciato a un esplorazione più approfondita del genere?
Oltretutto se entri in libreria ora, 2010, quale continua ad essere il nome più frequente sulle copertine dei (pochi) volumi fantascientifici disponibili?
Che idea di fantascienza offrono gli scaffali delle librerie dello stivale?
Hai ragione, ho un pò mischiato le acque col mio esempio di Jordan.
RispondiEliminaA mia discolpa (o aggravante) sono uno di quegli ambigui individui per cui in fondo da Tolkien a Egan è tutta speculative fiction.
Tutte le considerazioni fatte su Asimov e Urania si potrebbero ripetere con Agatha Christie e il Giallo Mondadori - eppure quel genere gode di ottima salute nelle librerie.
La fantascienza è meno immediata del giallo (o della fantasy) nella sua dimensione escapista e, coll' esclusione di forme molto specifiche come l'alternate history o le distopie in futuri molto prossimi, non sembra particolarmente adatta a raccontare il nostro paese (la via italiana al giallo nasce con Scerbanenco e dopo che il boom economico, l'urbanizzazione e lo sviluppo delle periferie rendono plausibili certe narrazioni anche nelle nostre città ).
Sulle differenze tra giallo e speculative fiction credo si potrebbero aprire millanta discussioni.
RispondiEliminaTanto per cominciare credo che i due generi abbiano un pubblico mooolto diverso.
Se chi legge sf di solito non disdegna avvicinarsi anche al giallo, il contrario succede di rado.
Del resto la fantascienza (ops, la speculative fiction!) è un genere decisamente più impegnativo, sia per chi la scrive, sia per chi la legge. E sappiamo bene che ogni volta che alziamo la tacca della difficoltà perdiamo lettori.
Per cui no, secondo me il parallelo tra Urania e Giallo, o tra Christie o Asimov non ha molto senso.
(ops, la speculative fiction!)
RispondiEliminaEddai, si capisce che quello che volevo dire è che per me c'è un continuum unico che va da light fantasy a hard sf.
Vale l'inverso della legge di Clarke : ogni sistema magico sufficientemente spiegato è indistinguibile dalla scienza.
Del resto a Discworld la magia funziona perché ci sono un paio di "sapori" di quark in più (sex appeal e menta piperita).
Il paragone voleva sottolineare come nel giallo non ci siano più i grandi nomi che conoscono tutti (Agatha Christie) e come il Giallo Mondadori abbia svolto la funzione che tu attribuisci ad Urania. E' un dato di fatto che per anni le case editrici abbiano pensato che proporre gialli in edizioni da libreria fosse un suicidio commerciale a causa della presenza bisettimanale dei Gialli Mondadori.
Eppure il genere è in piena salute, per cui queste due spiegazioni mancano il bersaglio. Il problema è che rispetto a giallo e fantasy, che hanno notevole successo commerciale, la fantascienza 1) offre un escapismo meno immediato 2) non trova il modo di essere rilevante per la società italiana come è riuscito al giallo e noir italiano.
Un noir a Milano, Roma, Bologna etc. ha senso, e può unire escapismo e denuncia.
Gli alieni a Genova, non molto.
Non è che Urania ostacoli l'arrivo della fantascienza nelle librerie; se ci fossero le condizioni giuste, le case editrici strapperebbero gli autori medio-grandi ad Urania come ora stanno facendo col Giallo Mondadori.
Ma lo stato di minorità della fantascienza mi sembra un fenomeno comune nel mondo non-anglossassone. Anche in Spagna e Germania era pubblicata essenzialmente in tascabili pulp.
Ed in Olanda, paese di grandi lettori, viene tradotto pochissimo.
Per cui anche le riviste di cui si diceva in Ungheria o Finlandia, magari hanno sì tirature alte, ma perché gli appassionati non hanno molto altro e si concentrano su quello.
@ marco. Jordan. Che devo sentire ancora? La fantasy stravende il fasullo e il vecchio (ad eccezione di san Pratchett e pochi altri) mentre la finzione speculativa appunto specula, cioè riflette. E' specchio del presente e radiotelescopio del futuro - a volte microscopio del passato.
RispondiEliminaLa fantasy, col suo continuo riferirsi a medioevi d'accatto e a mitologie spurie, è un peana all'ordinamento gerarchico della società e alla delega degli umani destini a poteri superiori in genere. Mi paiono agli antipodi. Dunque Jordan come i cavoli a merenda. (Il noir presenta maggiori possibilità, ma in genere tratta della relazione tra buoni e cattivi, compresi gli ambigui e gli indecisi. E spesso è scritto meglio).
Trovo molta fantasy leggibile, ma mi serve per appiattire l'encefalogramma del cerebro stressato: è un genere nato morto,sempre uguale a se stesso, al contrario della sf.
Sono stata forse eccessivamente diretta in queste considerazioni tagliate con l'ascia, mettici tu le cortesi sfumature che qui latitano, i "vorrei gentilmente far notare che", i "penso" e i "ritengo" smussaspigolo. Grazie.
E perché no gli alieni a Genova? Davvero non ce li vedresti?
@Zoe
RispondiEliminaIl tipo di fantasy epica medievaleggiante e reazionaria (fat fantasy o "fatasy") di cui parli tu io la metto in parallelo a Turtledove e tutta la fantascienza militaresca stile Baen. Hai il coraggio di dire che quella è fantascienza speculativa?
Nessuna delle due degenerazioni mi interessa molto, e non la leggo.
E' vero che la fantasy epica schiaccia il mercato, e in Italia magari non è tradotto altro.
Ma io leggo in inglese e non ho problemi a trovare ciò che mi interessa. E ne posso nominare parecchi che danno dei punti a molti scrittori di fantascienza.
Del resto molti di loro passano da sf a fantasy senza problemi.
Certo, potrei vedere gli alieni a Genova - ma perché a Genova? Cos' ha di particolare rispetto a Eindhoven o Oporto? Gli Stati Uniti o la Cina sono grandi potenze, oppure possono immaginarsi all'avanguardia dello sviluppo tecnologico.
Perché l'Italia?
@Iguana: vero, sugli scaffali trovi ancora Asimov. E da qualche giro che faccio sui forum, noto che chi parla di fantascienza, parla della Trilogia della Fondazione, non di Hyperion.
RispondiEliminaPerò il punto è che Asimov non c'è più. Non si sente più parlare di lui nei media. Quello che ha fatto, ha fatto. E quello che voglio dire io è che una volta la popolarità di certi autori in attività faceva massa critica. Ma è chiaro che è solo un aspetto, opinabile come altri.
Quanto al problema dei generi, tipo giallo e SF, oddiomio, se ci addentriamo in questa faccenda è finita. Vabbè, provo a zippare il discorso. Il giallo funziona sempre perché:
1) ha una struttura definita e dunque rassicurante: si deve trovare il colpevole di un delitto;
2) non ha bisogno di quella brutta cosa chiamata "sospensione dell'incredulità";
3) di delitti (insoluti) sono pieni le pagine dei nostri giornali, trovarne di risolvibili è consolatorio;
4) invita il lettore all'interazione nel cimentarsi con la soluzione del mistero, ma se non ce la fa, l'autore glielo dice lo stesso.
Per contro la fantascienza:
1) ha una struttura indefinita e indefinibile (e quindi non sai mai che aspettarti);
2) ha bisogno di quella brutta cosa chiamata "sospensione dell'incredulità";
3) di alieni o robot coscienti o altre diavolerie la nostra realtà è priva (a parte l'iPad);
4) costringe il lettore a ragionare e se non lo fa, sono cavoli suoi.
Ti pare poco? In pratica si tratta di due generi non parallelabili perché il giallo è un genere "strutturale", mentre la fantascienza è un genere "ideologico", o un meta-genere.
Infine che io sappia, ci sono un sacco di marziani a Genova. Il problema, da questo punto di vista (ovvero dell'ambientazione di una storia) è la "mitizzazione" dei luoghi, ovvero la visualizzazione dell'immaginario, ma mi sembra che il commento sia già abbastanza lungo... ;-)
1) ha una struttura indefinita e indefinibile (e quindi non sai mai che aspettarti)
RispondiEliminaNon saprei. Recentemente qualcuno mi ha detto che se un autore toglie i punti di riferimento che caratterizzano il genere, deve aspettarsi di perdere dei lettori.
Ti pare poco?
No, anzi. Mi pare che queste considerazioni colgano il punto.
Gli altri sono falsi problemi.
Il problema, da questo punto di vista (ovvero dell'ambientazione di una storia) è la "mitizzazione" dei luoghi, ovvero la visualizzazione dell'immaginario,
Un tempo gli appassionati avrebbero storto il naso di fronte a gialli in Italia ( e gli scrittori autoctoni si inventavano una loro Boston o Londra). Poi città e campagna italiana hanno aquisito quella dimensione dell'immaginario che permetteva l'ambientazione di gialli e noir.
Allo stesso modo non è difficile immaginarle come luoghi del soprannaturale, gotico, fantastico ed horror.
Al di là del successo o della qualità degli esempi, nell'immaginario l'Italia si presta molto bene anche a questi generi.
Ma la fantascienza?
Se i marziani sono a Genova, vuol dire che ormai sono dappertutto, da Timboctou a Auckland.
@marco:
RispondiEliminaNon saprei. Recentemente qualcuno mi ha detto che se un autore toglie i punti di riferimento che caratterizzano il genere, deve aspettarsi di perdere dei lettori.
La "fantascienza" come genere a mio avviso ha pochissimi punti di riferimento, se non addirittura nessuno. Tant'è che la solita storia di provare a definirla suscita sempre deliri. Mentre sulla definizione di "giallo" non c'è alcun dubbio. E questo la dice lunga sulle differenze concettuali tra i due generi.
Semmai è il singolo autore che, attraverso la personalizzazione del genere (mediante il suo stile, i suoi temi, le sue modalità narrative ecc.) si crea dei suoi propri punti di riferimento che gli conferiscono quella riconoscibilità verso il pubblico al quale il pubblico si "affeziona". Per cui se a un certo punto l'autore li abbandona, magari il pubblico fa altrettanto con lui.
Quanto alla faccenda dei luoghi, secondo me una narrativa fantastica tout-court ha bisogno di capacità evocative e di quella cosa di cui si parla sempre: la sospensione dell'incredulità.
In senso lato, è più facile evocare e sospendere l'incredulità verso un luogo "esotico", piuttosto che nei confronti di un luogo familiare.
Per contro, la fantastizzazione di un luogo familiare può suscitare per esempio maggiore curiosità, ma l'autore deve trovare le modalità giuste per farlo. Insomma, non dico che sia impossibile (come la storia del disco volante a Lucca), secondo me è solo molto più "difficile".
E poi c'è la questione, già sollevata, della cultura e della mentalità scientifica che in Italia è a livelli minimi da sempre e questo contribuisce alla difficoltà di un'ambientazione credibile di una fantascienza davvero "hard" in Italia.
@Marco.
RispondiEliminaMi permetto di dissentire parzialmente sul discorso della Speculative Fiction nei paesi Europei:In Olanda è vero che si traduce poco ma solo perchè in quel paese leggono direttamente in lingua originale.In Olanda da decenni si è scelto ad esempio di importare libri dall'America,di non doppiare Film ma semplicemente di sottotitolarli;é vero però che non esistono Autori locali ma solo perchè gli scrittori Olandesi preferiscono trattare di momenti storici per loro ancora irrisolti come l'occupazione nazista che tranciarono letteralmente in due le coscienze con metà della popolazione filo partigiana e l'altra metà invece presa da
atteggiamenti collaborazionisti.
Per quello che riguarda invece Germania ed Ungheria invece si tratta dei due paesi in cui la Speculative Fiction è più popolare e diffusa dopo il Regno Unito. Nel primo paese è vero che molte pubblicazioni sono collane da edicola ma comunque c'è più scelta rispetto a noi.In Ungheria e Serbia esiste un vivace mercato interno con editori di genere preparati e competenti(es.Metropolis Media in Ungheria),con qualche simpatica curiosità:Robert C. Wilson che da noi è quasi sconosciuto(giustamente direi io) lì è considerato una
star)-erfino in Russia dopo anni d'appannamento si sta tornando a pubblicare con riviste come Esli.
E intanto in Italia?...
Adesso vi saluto ma questa conversazione diventa sempre più interessante.
Nick
@ Marco: guarda che sulla speculative fition sono sostanzialmente d'accordo con te, salvo che faccio fatica a trovare una traduzione italiana del termine e quindi mi rimane un po' sospeso (e poi ha l'aria troppo tecnica, suvvia…) Per questo mi permettevo di scherzarci sopra. :-)
RispondiEliminaPer quanto riguarda le differenze tra giallo e fantascienza mi riconosco abbastanza nel commento del Marziano.
Sulla questione della collocazione nostrana di una narrazione fantascientifica per me è un falso problema. Nel senso che nelle mani giuste qualsiasi ambientazione ha le potenzialità per ospitare una grande storia (per dire la Napoli di De Matteo funziona molto meglio della Mosca di Verso).
(poi non capisco come devo prendere questa affermazione: "Se i marziani sono a Genova, vuol dire che ormai sono dappertutto, da Timboctou a Auckland." Secondo me questa è una fortuna mica un difetto…)
…
@ Zoe: i tuoi strali contro il fantasy sono condivisibilissimi se parliamo di quel che si trova nelle librerie dello stivale, un po' meno se si guarda a quel che succede fuori confine. Ed è pur vero quel che scrive Marco sulla florida esistenza di una fantascienza ancor più reazionaria del peggior fantasy epicheggiante.
Insomma il male non è nella confezione, si nasconde subdolamente sotto le sgargianti copertine! :-)
…
@ Grande Marziano: come detto sopra sono sostanzialmente d'accordo con te sulle distinzioni tra giallo e fantascienza. Probabilmente l'unica cosa che li accomuna è il (falso) parallelismo dell'offerta popolare in edicola che ne ha contraddistinto la diffusione in Italia. Del resto una volta la fantascienza era pulp fiction, ovvero "letteratura popolare" per dirla in italiano. Siamo sicuri che lo sia ancora?
…
@ Nick: non conosco abbastanza la situazione internazionale, ma mi pare che quel che scrivi sia condivisibile. Forse andrebbe anche sottolineato che quando si parla di riviste di fantascienza il modello internazionalmente condiviso è molto diverso da Urania.
BTW sono totalmente d'accordo sull'interesse di questo scambio d'opinioni.
Continuate così!
@ Grande Marziano
RispondiEliminaIn realtà il giallo ha una definizione univoca solo quando usato come sinonimo di mystery. Se lo usi per comprendere la totalità della crime fiction le cose sono un po' più complicate.
@Nick
Prego, permettiti pure ;)
Olanda:sui film hai ragione, molti libri (di altri generi) però vengono tradotti. E del resto The Sparrow di Mary Doria Russell è stato un discreto successo, in olandese.
L'altra parte del tuo argomento mi sembra deboluccia. Noi di momenti storici irrisolti ne abbiamo a vagonate.
Sull'Ungheria non saprei dire, ma qualche anno fa la situazione della Germania non mi sembrava significativamente diversa dall'Italia. E a parte un paio di nomi di discreta penetrazione internazionale e qualche racconto qua e là, la produzione nativa era orribile.
Comunque, ammettendo che tu abbia sostanzialmente ragione, cos'è che fa scattare la differenza,o la crescita del genere, considerato che di base i problemi sono simili?
@Iguana
Volevo dire che non c'è nulla di specifico cui si possa attaccare una storia fantascientifica, mentre si può benissimo pensare a gialli, noir, horror e fantastico che sfruttano aspetti dell'immaginario italiano.
Poi è chiaro, nelle mani giuste...ma ci vuole un maggiore investimento iniziale.
@iguana: la risposta per me è no. La SF adesso non è più considerabile letteratura popolare.
RispondiElimina@marco: sì, certo, lo intendevo in quel senso. In Italia il giallo nasce istituzionalmente come analogo del mistery. Che poi all'interno dei Gialli Mondadori ci capiti dentro anche qualcosa di diverso dal "canone" è anche possibile e probabile (non seguo le uscite della collana. Ma usare il termine "giallo" per tutta la "crime fiction" mi sembra una generalizzazione un po' fuorviante.
@Marco.
RispondiEliminaAllora:in Germania la Sf è uno dei generi più popolare da quando negli anni 60 la rete televisiva Ard produsse Die Rampatrouille da noi Astronave Orion per quello che riguarda i testi negli ultimi decenni sono venuti fuori molti autori interessanti,ad esempio Andreas Eshbach.La differenza sostanziale con l'Italia è che nonostante i vari problemi riescono a fare sistema.Mi spiego meglio,esce Der Shwarm di Shatzing e subito viene recensito sulle maggiori riviste d'informazione non di genere,i critici recensiscono senza nè piaggeria e neanche puzza sotto il naso.E gli scrittori salvo rare eccezioni non reagiscono come primedonne ferite.In Italia ammetterai che avviene di meno.
Capitolo Olanda:è vero che anche noi abbiamo tante situazioni irrisolte,la differenza sta nel fatto che lì forse hanno cercato di fare autocritica da entrambe le parti in maniera più completa ed obbiettiva possibile(l'altro esempio calzante è stato il loro colonialismo,cosa che ad esempio in Italia no è stata fatta fin in fondo).Sul versante testi probabilmente la verità sta nel mezzo anche se gli olandesi(perlomeno nelle grandi città) preferiscono leggere testi,anche di S.f in lingua Originale e nella maggior parte delle librerie di Amsterdam i testi in lingua originale sono leggermente piu di quelli in Olandese.
Ciao e comunque è un piacere discutere con una persona intelligente,preparata e civile come te.
@Iguana.
Si è vero,il format delle riviste Europee è diverso da Urania,che pure apprezzo per molti motivi, su diverse cose.
Naturalmente gli anatemi iperbolici contro la fantasy vengono principalmente dall'esasperazione di veder pubblicato da noi quasi solo il peggio. Il genere offre perle&vette, lo ammetto volentieri, ma per me che in inglese leggo a stento la scelta tra l'eccellenza è ristretta molto. (Che in olanda ci sian più testi in inglese che in lingua indigena non mi stupisce, dato che il paese è praticamente bilingue).
RispondiEliminaCerto, anche una parte della sf gronda liquame, ma mi sembra che di fantasy purulenta ne giri molta di più, forse perché è considerata più facile da scrivere, e da leggere.
Per quel che riguarda il presunto asse giallo-fantasy-sf, direi che si tratta di una distorsione prospettica tutta italana, partita da Mondadori e ormai calcificata.
Sono comunque pienamente d'accordo col grande marziano: la sf non è più un genere popolare. Al momento solo una minoranza si interessa di qualcosa di un po' più largo del proprio sollazzo, temo.
@Nick
RispondiEliminaCiao e comunque è un piacere discutere con una persona intelligente,preparata e civile come te.
Grazie! E' reciproco - e vale anche per gli altri, naturalmente.
Mi è venuto in mente questo blog che non riguardavo da un po:
http://worldsf.wordpress.com/
Ci sono i tag per paese, ma è un progetto ancora embrionale.
Poi ho trovato due numeri monografici di riviste letterarie online sulla fantascienza internazionale:
http://www.ou.edu/worldlit/onlinemagazine/2010may/webcontents.html
http://wordswithoutborders.org/issue/december-2009/
Soprattutto il primo sembra interessante.
Grazie per i siti che mi hai segnalato.Ci darò un occhiata in questi giorni,più notizie si hanno meglio è specialmente per i collezionisti come me.
RispondiEliminaNick
Purtroppo (per fortuna!) sono in partenza e nei prossimi giorni non riuscirò a seguire il dibattito. Però mi raccomando, voi dateci dentro! :-)
RispondiEliminaSolo una cosa per Marco: ribadisco che per me la collocazione locale di una storia di fantascienza non costituisce certo un vincolo insuperabile per lo sviluppo di una scena nazionale.
Dopotutto se scrivi fantascienza puoi ambientare letteralmente ovunque le tue storie.
Penso ai racconti e ai romanzi di Enrica Zunic e Clelia Farris. Sono ambientati in mondi perfettamente riconoscibili ma certo non definiti localmente, e sono un esempio della migliore sf italiana mi venga in mente.
Non è un problema di qualità, ma di capacità di attrazione per il pubblico.
RispondiEliminaUn noir basato a Genova ha un attrattiva immediata; una storia di alieni a Genova deve essere convincente nel far capire al lettore medio che il fatto che ci siano gli alieni a Genova è giustificato e non una trovata estemporanea; una storia ambientata in un setting non definito deve creare un ponte con il lettore medio e convincerlo di dire comunque qualcosa di rilevante per il suo vivere tutti i giorni.
La fantascienza è soprattutto estrapolazione e racconto del presente. In Inghilterra è nata con industrializzazione e scientific romances.
Può avere senso in paesi che si vedono come grande potenza, oppure avanguardia scientifica/tecnologica/militare, oppure che sono passati bruscamente da società rurali a società ipertecnologiche, come il Giappone.
Ma è il genere adatto per descrivere un paese come l'Italia?
Se la fantascienza non riesce a convincere di poter dire qualcosa di significativo riguardo l'Italia di oggi, anche racconti e romanzi di elevata qualità avranno poco seguito.
OK.
RispondiEliminaMa se la metti su questo piano allora non è più un problema di setting locale, ma della capacità del genere stesso di attrarre il lettore. Perché in fondo la storia di alieni a Genova scritta dallo scrittore nazionale X ha lo stesso pubblico (anzi, ha la stessa mancanza di pubblico) di una storia della Cultura firmata dal Grande Nome Internazionale. (E in effetti nessuna delle due viene pubblicata qui da noi.)
Concordo con te sulla capacità che dovrebbe avere ogni buona storia di raccontare al proprio lettore qualcosa sul suo vivere quotidiano.
Ma allora mi chiedo, com'è che fino a trent'anni fa la fantascienza ci riusciva e oggi non ci riesce più? La risposta non è poi così complessa. Come direbbe Roland: Il mondo è andato avanti. Scrivere buona fantascienza è sempre più difficile. Leggere fantascienza è sempre più difficile. Quanti sono i lettori disposti allo sforzo? quanti qua intorno sono ancora abituati a interrogarsi sulla realtà, quanti si arrischiano al di fuori dei territori (as)serviti dalla cronaca televisiva?
Ma questi sono quesiti che non riguardano la specificità del mercato italiano.
"Ma [la fantascienza] è il genere adatto per descrivere un paese come l'Italia?"
"Se la fantascienza non riesce a convincere di poter dire qualcosa di significativo riguardo l'Italia di oggi, anche racconti e romanzi di elevata qualità avranno poco seguito."
Sarà, però a me sembra un circolo vizioso. Nel senso che per convincere qualcuno devi avere la possibilità di incontrarlo, e invece la fantascienza attuale, quella teoricamente più in sintonia con la vita quotidiana del XXI secolo in libreria non esiste, è scomparsa. Peggio, è totalmente sconosciuta.
Credo di aver già spiegato perché secondo me in Italia la fantascienza oltre ad essere sconosciuta è pure malvista dalla stragrande maggioranza del pubblico dei lettori. Pensa a cosa è associata la parola fantascienza nell'immaginario comune e vedrai che la sua capacità di dire qualcosa di significativo riguardo l'Italia è l'ultimo dei sui problemi.
Ma questi sono quesiti che non riguardano la specificità del mercato italiano.
RispondiEliminaAppunto per questo - sia per il fatto che in Italia non esiste una tradizione forte sia per il fatto che la fantascienza sembra essere in crisi ovunque, - e dico sembra, può essere una percezione, ma giusto questo fine settimana c'è stato l'ennesimo dibattito sulla fantascienza morente nei blog angloamericani - non vedo come si possa pensare che le cose migliorino QUI se la fantascienza non riesce a proporsi in modo convincente e significativo a partire da QUI.
Perché io editore dovrei prendere rischi nel tradurre opere che già nei paesi d'origine, dove c'è una tradizione molto più radicata, fanno riferimento ad un mercato che rimpicciolisce?
in Italia la fantascienza oltre ad essere sconosciuta è pure malvista dalla stragrande maggioranza del pubblico dei lettori.
Non solo in Italia. Quando il lettore non avvertito pensa alla fantascienza, pensa a Star Wars o Star Trek. E così larga parte della critica.
Mi ricordo un necrologio di Ballard che diceva come Ballard fosse stato CONFUSO con gli scrittori di fantascienza, quando evidentemente era uno scrittore VERO, i cui intenti erano politici e sociali, e chiamare le sue opere fantascienza sarebbe stato come chiamare 1984 fantascienza (!).
Quindi tu cosa proponi?
RispondiEliminaRinunciare alla fantascienza, accontentarci del fantasy e sperare in tempi più civili?
Se la situazione è così tragica come la dipingi, ha ancora senso star qua a discutere della situazione letteraria locale quando il mondo la fuori sta cadendo a pezzi?
Quindi tu cosa proponi?
RispondiEliminaha ancora senso star qua a discutere della situazione letteraria locale quando il mondo la fuori sta cadendo a pezzi?
Adesso mi fai sentire in colpa...
Non so se ci sia davvero crisi, flessione o momento di riflusso, però mi sembra ci sia uno spostamento di molta sf verso modalità spesso più commerciali e più vicine alla fantasy, tipo lo steampunk. Per il resto volevo dire che i problemi della fantascienza in Italia sostanzialmente sono i problemi della fantascienza ovunque. Altrove magari non incidono così pesantemente perché bene o male una tradizione c'è, una nicchia di lettori c'è, e perlomeno il mercato in lingua inglese è senz'altro molto più ampio.
Ma qui, senza qualcosa che funzioni da traino od esempio virtuoso, non so quanto le cose potranno migliorare.
Il mondo là fuori che impazzisce è un ottimo motivo per non lasciar impazzare qua dentro la fantasy grassa: qualcuno deve pur tenere la testa sopra l'onda graveolente allo scopo di individuare l'approdo, se e quando.
RispondiEliminaPartendo dal presupposto che la sf sia genere foriero di (quasi) ogni bene - sì, marco, è pieno anche di teste di mitra, sono naturali derive darwiniane - suggerisco di continuare a coltivarcelo ai massimi livelli, che puntare in alto non ha mai fatto male a nessuno, e almeno non ci si spara sui piedi.
E di continuare a godercelo, e a sospendere ogni sorta di ncredulità.
Chi ha la grazia di leggere scorrevolmente gli originali asfissi gli editori perché pubblichino l'imperdibile. Chi sa scrivere migliori. Chi sa vendere pensi lateralmente al marketing:
la sf èuno stile di pensiero, prima che un genere letterario.
Io qualcosa scrivo, sugli alieni a Genova. Intanto ho scoperto che ci sono già stati, e che ci hanno pure fatto un film. (Qualcuno l'ha visto e me ne sa dire?)
Cero che ha senso continuare a parlare della situazione locale,anzi ha senso parlare ancora di fantascienza in genere o delle nostre passioni proprio perchè il modo là fuori sta andando a pezzi.Sono le nostre passioni che ci aiutano a vivere meglio,che ci aiutano a compiere sforzi per non far andare a pezzi il mondo là fuori.
RispondiEliminaLeggo Fantascienza(ed Horror e Comics)da quando ero bambino;è parte della mia vita.Ha senso leggerne ancora?(o guardare un film?ascoltare musica? incazzarsi per un'ingiustizia?o amare?respirare?).
Bene se siamo ancora qui a parlarne ognuno di noi ha già la risposta.
Nick
Certo, continueremo a parlare di fantascienza, soprattutto per la personale soddisfazione che ci da.
RispondiEliminaMa per quanto riguarda il mercato italiano sono tutt'altro che ottimista, perché al contrario di Marco sono convinto che i mali che lo affliggono sono ben diversi dalle crisi più o meno passeggere che periodicamente sembrano colpire la produzione di genere globale.
Comunque noi non ce ne andiamo, giusto?
E continueremo a tenere gli occhi aperti per segnalare quel che di buono - e di meno buono - arriva da 'ste parti.
Ho letto tutti i Vostri post li trovo interessanti ma trovo anche che sulla fantascienza Italiana Vi siate fossilizzati sui soliti nomi e soliti Editori, ultimamente ho partecipato al Salone del libro di Torino, trovando in agenda una presentazione SF ho proprio voluto partecipare; l'autrice di Fantascienza pubblicata da Sovera un medio Editore Romano il cui fondatore è anche presidente degli editori del Lazio, sembra abbia ottenuto tutta lafiduccia possibile dal predetto editore,che per l'occasione ha aperto una nuova collana dedicata alla fantascienza.
RispondiEliminaLa prposta del libro è decisamente diversa da tutto ciò che finora ho letto di SF, è scritto da una donna e l'eroina della situazione è una donna l'ambientazione non è terrestre ma si sviluppa su 34 mondi diversi, pare ne vengano descritti 6/7 per libro che a proposito è solo di 640 pagine ed è il primo di una saga di altri 4 libri con medesima dimensione; sta per essere presentato a New York presso un gruppo di editori Americani e forse si potrebbe essere ottimisti e pensando che magari avrà successo.
Se vi può interessare cercate su google il titolo " I Signori dell'Armonia " lo vende anche Delos, c'è un sito del libro e della saga futura che si può trovare su internet.
Io l'ho letto e ne sono rimasto affascinato, al punto che spero di vedere il secondo libro fra non molto sono troppo curioso.
Anonimo commentatore, sono un po' in imbarazzo a risponderti.
RispondiEliminaSei sicuro di aver davvero letto quel che dicevamo più sopra? Non si parlava di editori, ne di particolari titoli o autori.
A me pare che tu stia approfittando dell'ospitalità del blog per pubblicizzare 'sta super storia fantascientifica. (Ma almeno il nome della fantastica autrice potevi ben dircelo, no?)
Ma potrei sbagliarmi.
Nel caso, ti anticipo le mie scuse.
Scusa il ritardo con cui rispondo ma sono sempre in giro per lavoro e non mi collego tanto spesso; il riferimento ad editori titoli e autori, più in su c'è, non sono Italiani ma si parla di perosnaggi, titoli e editori famosi, o meglio si accenna, in tutti questi commenti se ne parlarà in due o tre al massimo; quindi non prendere il mio post precedente come una critica, non voleva esserlo.
RispondiEliminaper la seconda domanda che mi poni, no non stavo facendo nessun tipo di pubblicità, al punto che ti posso dire che ho trovato e acquistato questa nuova pubblicazione al salone di Torino lo scorso mese, mi ha stupito la dimensione rispetto alle solite pubblicazioni e altre cose insite nel racconto.
Se dovessi fare pubblicità andrei da qualche altra parte ti pare? qui siete o eravate i tre.
Proprio per questo motivo taccio sia sull'autrice che sul titolo.
Buona serata Jo.
Ti ringrazio per la spiegazione, e beh… a 'sto punto puoi anche dirci di che libro stai parlando.
RispondiElimina(come vedi non sei l'unico con tempi di risposta piuttosto lunghi… :-))
Leggo ora la tua risposta, sempre con tempi Biblici ti rispondo, comunque meglio tardi che mai; sono andato a ripescare il libro di cui avevo parlato in quanto a parte il titolo non ricordavo l'editore in quanto trattasi di un piccolo editore romano (ho fatto ricerche) che non ha mai pubblicato fantascienza, questa è la prima volta, dunque l'editore è Sovera l'autrice è M.C. Giordano e il titolo è : I Signori dell'Armonia, sembra essere il primo di una lunga saga; attenzione che il libro in questione a prima vista lascia un po dubbiosi per via del fatto che contrariamente a ciò che maggiormente si vede in giro ha ben 640 pagine, quindi bisogna essere decisi nell'intraprendere la lettura, tuttavia dopo qualche pagina scorre facilmente e prende parecchio.
RispondiEliminaSe per caso lo leggerai mai, fammi sapere cosa ne pensi, magari ho preso io un grosso abbaglio.