Bisogna che impari ad astenermi dalle facili battute. Ma giuro che non l'ho fatto apposta. Potete crederci o meno, ma la mia buonafede era totale. Non credevo davvero di aver toccato un tasto così sensibile.
Mi è successo di aver invitato due delle persone che apprezzo di più, almeno per quanto riguarda la mia vita on-line, a scendere - a tornare - in campo ('azz! che brutta espressione!), per prendere parte alla grande partita (seeee…) della critica alla produzione fantastica nazionale.
L'ho fatto con leggerezza, con una battuta e una frase gettate lì con noncuranza. Non l'avessi mai fatto.
Le risposte offrono un ritratto della scena letteraria italiota assolutamente nauseante e putrido, senza nessuna speranza di redenzione. Dal punto di vista di Davide ed Elvezio non è rimasta alcuna possibilità di praticare l'onesto mestiere del critico letterario in quella fogna fatta di reciproci opportunismi, gretta ignoranza e guerra per bande che costituisce l'humus su cui vegeta il fantastico nostrano.
Intendiamoci. Davide ed Elvezio hanno pienamente ragione. Ho assistito anch'io all'esplodere di polemiche pretestuose che sconfinavano presto in attacchi ad personam, ho visto le valanghe di merda spalate senza riguardo a destra e a manca pur di delegittimare il presunto nemico del momento, c'ero anch'io quando ai tentativi di ragionare pacatamente si rispondeva con insulti e pregiudizi. E capisco perfettamente la posizione di chi, piuttosto che sporcarsi ancora le mani, farsi venire un fegato così ed essere costretto a difendersi per colpe non sue, preferisce dedicarsi ad altro con maggiori soddisfazioni, che siano solo umane o anche professionali.
Però devo anche dire che negli ultimi anni la mia esperienza personale è leggermente diversa. E quindi volevo capire in quali dettagli differiscono i nostri rapporti col fantastico.
- le dimensioni contano. È fuori di dubbio che il mio blog sia assolutamente periferico e pressoché insignificante rispetto ad altre realtà della rete. E magari è proprio per questo motivo che le volte che mi è capitato di discutere, in maniera magari anche dura, sul particolare romanzo o antologia, i toni non sono mai degenerati.
- la fantascienza è meglio. Quando ho criticato un progetto letterario italiano, mi sono (quasi) sempre limitato a esaminare i rari frutti di quegli autori che continuano, nonostante tutto, a scrivere fantascienza. Scrittori folli e improvvidi (del resto mica scriverebbe sf altrimenti), ma anche gentili e disponibili. Scrittori con cui il dialogo in questo spazio non è mai cessato, nonostante le critiche. Persone per cui la mia stima è andata sempre aumentando, nonostante gli eventuali limiti riscontrati nei rispettivi testi.
Davide e, soprattutto, Elvezio si occupano di aspetti del fantastico più popolari (si fa per dire, ma rispetto alla sf non c'è partita, dai), con una produzione di base decisamente più abbondante e, probabilmente, con autori il cui ego è cresciuto in maniera direttamente proporzionale alle righe di fuffa sparpagliata in giro (che siano siti di amici degli amici, antologie più o meno professionali o spazi di espressione personali ehm ehm…).
- ma quale critica! In effetti quando si parla di recensioni a me vengono i capelli dritti (pochi, ma effettivamente diritti). Io non sono un critico. Io sono un lettore che commenta quello che legge. Non ho la preparazione che hanno Elvezio o Davide, al loro confronto sono un dilettante. Immagino quindi che i loro eventuali commenti sarebbero molto più incisivi di quanto possano mai essere le mie note. Eppure, paradossalmente, quanto più una critica è precisa, dettagliata, inesorabile tanto più sembra attirare reazioni irrazionali e sconnesse, tanto da degenerare spesso nell'attacco personale all'autore della recensione. (vedi anche il caso Gamberetta, che a me non sta particolarmente simpatica, ma i cui commenti non mancano certo di riscontri, prove testuali e dettagliate - sin maniacali - analisi della scrittura del determinato autore).
- c'è del marcio in Danimarca Mica solo lì. La situazione in cui versa il fantastico nazionale farebbe venire il latte alle ginocchia a persone ben più pavide di Davide ed Elvezio. In effetti qui da noi tutto sembra cospirare per rendere impossibile la vita ad una scena seria e produttiva. Dagli editori che non mancano un colpo nel mostrare miopia e chiusura al nuovo, agli autori, troppo spesso adulati o sbeffeggiati (e magari poco letti), ma colpevoli, a loro volta, di superficialità e ignoranza (delle strutture, della storia, degli autori che prima di loro hanno frequentato gli stessi territori), ai lettori che abituati come sono ad accontentarsi, difettano sempre più spesso di senso delle proporzioni nel giudicare questo o quel volume.
Presi tra questi ingranaggi, i potenziali critici si trovano spappolati ancor prima di iniziare ad accennare un discorso che vada oltre il tifo da stadio e tenti di approfondire il basilare "mi piace" / "non mi piace" con argomenti più o meno illuminanti, più o meno utili. Argomenti che sarebbero indispensabili a far crescere un ambiente che invece sembra non volerne assolutamente sapere.
- io scrivo, tu scrivi Ma forse il punto è un altro, e assai più comprensibile. Io non sono uno scrittore, non ho alcuna velleità letteraria, escluso un unico tentativo (premiato tra l'altro con pubblicazione e pure retribuito, tié!) non ho nemmeno mai tentato la via della narrazione. Davide ed Elvezio invece scrivono e questo, in un mondo tanto piccolo ed asfissiante quanto quello nostrano, è un peccato imperdonabile. Chiunque scriva sembra sia tenuto a fare solo questo, che non appena si azzarda ad esprimere un'opinione sul lavoro altrui viene immediatamente accusato di avere secondi fini, di nutrire una malcelata invidia, di avercela personalmente con il tal autore o il tal altro editore. Il tutto senza che gli argomenti espressi dal malcapitato di turno vengano nemmeno letti, tanto meno presi in considerazione, figurarsi messi in discussione. Capisco che dopo un po' uno si chieda chi glielo fa fare.
- la situazione è disperata ma per nulla seria Poi mi guardo intorno, e mi rendo conto che a occuparci di 'ste cose siamo i soliti quattro gatti, e allora mi viene un po' da sorridere, che quando ci sei dentro, queste ti sembrano le cose più importanti del mondo, ma basta fare un passo indietro e tutto assume una prospettiva diversa. Ma forse è proprio la sindrome da microverso quello che rovina l'ambiente, che in un posto tanto piccolo è inevitabile che non appena ti muovi pesti i piedi a qualcuno. Però ecco, sapendolo, basterebbe muoversi con un briciolo di calma e pazienza in più, e molti pestoni si potrebbe evitare.
A volerlo, certo.
Insomma, l'avrete capito: è un mondo difficile.
Io per ora insisto, vediamo un po' che succede.
…
Intervento prezioso e condivisibile.
RispondiEliminaSuppongo che contino tantissimo le esperienze personali.
Io ne ho avute di pessime, ma proprio pessime per anni e anni, fin dall'era fandom pre-internet, con le Convention a San marino e la divisione fra fasci e komunisti che si battagliavano sugli hobbit (dio bono, ce ne vuole).
E sono troppo stanco, specie quando l'altra strada intrapresa (guardare alla scena internazionale) mi ha per ora portato solo del gran bene.
Gente che ti pugnala alle spalle ogni secondo, amici che quando viene il momento di spartirsi qualche opportunità dimenticano TUTTO quello che hai fatto per loro e passano all'incasso in solitaria, scrittori criticati che sparlano di te presso gli editor, impedendoti la presenza in varie antologie, editori che gli scrivi 5 recensioni positive e alla prima negativa non ti spediscono più nulla e rifiutano interviste, telefonate di minaccia (sì, anche questo, lo so, il mondo è bello perché avariato) e via dicendo.
Capisci che a un certo punto, piacendo a me ubriacarmi, andare a concerti, vedere film, parlare al pub per ore, scrivere, amare, mangiare e tante altre cose, beh, uno dice basta e tronca con questa piccola fetta di mondo. E hai sacrosanta ragione sull'ultimo punto, la situazione non è seria.
Però è ovvio che se le tue esperienze personali sono state altre fai solo che bene a darci ancora dentro.
Una sola cosa: è divertente come siano differenti le nostre percezioni. Io ti considero un lettore/critico/recensore ben più preparato di me, senza nessuna piaggeria, ti assicuro...
Comunque sì, insisti che io continuo a leggere le tue insistenze...
È la prima volta che scrivono tanto sul mio conto, credo.
RispondiEliminaUna risposta, a questo punto, è necessaria e dovuta.
Premetto - non sono certo che le mie motivazioni e le mie scelte coincidano in toto con quelle di Elvezio; non capita quasi mai, e anche se poi finisce che arriviamo nello stesso posto, ci arriviamo per strade diverse.
Ciò premesso...
Frank Zappa diceva che la stampa musicale era fatta di gente che non sapeva scrivere, che intervistava gente che non sapeva parlare, per gente che non sapeva leggere.
Mike Mooorcock, più lapidariamente, descrisse il fantasy inglese come storie di conigli scritte da conigli, per un pubblico di conigli.
In base allo stesso principio, la SF americana sarebbe stata storie di robot scritte da robot per un pubblico di robot.
E da noi?
Da noi sono tutti in gambissima.
Gli autori quando scivono.
Gli editori quando selezionano e pubblicano.
I lettori quando acquistano e leggono.
I critici quando criticano.
Sono tutti in gambissima.
E guai a chi prova a sostenere che in certi casi, per un paio di minuti, forse anche solo per una svista, magari, ecco... magari no.
E allora, se davvero sono tutti infallibili, perché perdere tempo a fare della critica, o anche solo aad esprimere un'opinione?
Poi, lo ripeto, io tendo a fare le cose molto più tragiche di quel che sono.
Dev'essere la vecchiaia.
La scena è fantastica, sono tutti autentici gentlemen, nessuno porta rancore o se la attacca al dito, la classe domina incontrastata, seconda solo al fair play.
Sono io, che sono paranoico.
Ah, e nel caso, in Attenti a Quei Due, io faccio Brett Sinclair. Che Danny Wilde se lo sciroppi Elvezio...
Più che altro sono le pettinature che ecco mi fanno sentire a disagio.
RispondiEliminaComunque Iguana Jo, ma tu dove stai? Magari qualche giorno ci si vede di persona, con Mana accadde e fu divertente, ci cacciarono di tavoli del pub che dovevano chiudere, dovevano...
Sin dall'inizio non ho avuto alcun dubbio su chi fosse chi, tra Sinclair e Wilde. (basta che non mi lasciate il ruolo del cugino Archibald, eh!)
RispondiEliminaAh… io sto a Modena, e per una birra (o ancor meglio, per una bottiglia di rosso) il tempo lo trovo sempre. Fatevi vivi se siete in zona.
(a proposito, ma Davide beve o no? Che il dubbio m'è rimasto…)
Io dalle parti di Modena di quando in quando ci passo - nel senso che vedo il cartello sull'autostrada.
RispondiElimina"Ah, ma guarda, Modena è da queste parti..."
E naturalmente, dopo il trasloco, sono ormai a un'oretta di macchina dalla Fortezza della Solitudine di Elvezio.
Quanto al bere, la disidratazione non è mai stata la mia scelta di vita.
Semplicemente non bevo alcoolici.
Ma così, mi dico, ce n'è di più per gli altri.
E poi uno che spieghi cosa è capitato, quando arrivano i gendarmi, serve sempre...
Oh, Davide, allora la prossima volta che passi non limitarti al cartello. Fermati un attimo che un tozzo di pane (o, se va bene, un piatto di tortellini) non si nega a nessuno!
RispondiEliminaRiguardo al bere, vabbé, me ne farò una ragione, che in fondo, come fai notare, è sempre utile avere un amico astemio.