11 maggio 2009

Rapporto letture - Aprile 2009 - seconda parte


Picture by nedualismineregole.
AA.VV. - Alia [Italia]
Alia è una pubblicazione piuttosto anomale nel panorama editoriale nostrano. Edita da un pugno di disperati appassionati di letteratura Alia è un'antologia che si fa in tre per fornire al lettore affamato di meraviglie una buona dose di racconti fantastici. Alia infatti esce ormai da qualche anno in tre volumi annuali dedicati ognuno a un distinto orizzonte geografico/culturale: italiano, anglosassone, giapponese.
Il volume che m'è capitato di leggere è quello dedicato alla produzione italiana uscito nel 2007 . I 10 racconti, raccolti e presentati da Vittorio Catani, Massimo Citi e Silvia Treves offrono una visione molto variegata delle possibilità che ha il fantastico di far capolino tra le righe di racconti che spaziano dall'orrore alla fantascienza, dal (quasi) mainstream al fantasy borderline.
Un'antologia tanto eterogenea ha l'indubbio vantaggio di mostrare aspetti molto diversi dell'universo narrativo fantastico nostrano, ma porta inevitabilmente con sé il rischio di confondere il lettore per la varietà di stili e soggetti presenti (non che questo sia necessariamente un difetto). In effetti ciò che mi ha lasciato piacevolmente sorpreso è la qualità media della proposta, molto più alta di quella rintracciabile mediamente in prodotti analoghi (oh… non che ce ne siano molti, ma mi sembra valido per tutti il confronto con Robot). Certo, non tutti i racconti sono memorabili, anzi, ce ne sono un paio che proprio non ho digerito. Ma questo fa parte del gioco, e leggendo un'antologia è quasi inevitabile. D'altro canto basterebbe un racconto come Gli anni del tuono per rendere indimenticabile qualsiasi raccolta lo contenesse, tanto brillante sorprendente e meravigliosa è la storia di Davide Mana.
Tra gli altri racconti da ricordare nel volume vanno senz'altro citati Ola e Olb di Massimo Citi, fantascienza classica condita con un po' d'inquietudine grazie a una voce narrante piuttosto sorprendente, e Pater di Mario Giorgi che se non soffrisse di un'eccesso di verbosità costituirebbe davvero una pietra miliare nella fantascienza nostrana, abile com'è a giostrare tra realtà indubbiamente italiana, utopia sociale e passioni individuali.
Per me questa era la prima volta con Alia, ora si tratta solo di recuperare gli altri numeri. Se la qualità è analoga a questo credo ne valga assolutamente la pena. Se interessa anche a voi vi consiglio di fare un giro sul sito dell'editore.


Ken MacLeod - Luce nera
Con la pubblicazione su Urania di Luce nera prosegue il ciclo narrativo cominciato con il precedente La fortezza dei cosmonauti (vedi relativo post di febbraio).
Luce nera si lascia leggere senza opporre resistenza, a patto di non porsi troppi dubbi. L'inserimento della trama politica (con un conflitto sociale che rieccheggia quelli di fine 800) è piuttosto curioso e se ha un certo valore pedagogico a me è parso un filo forzato per il contesto space-operistico nel quale ci si trova catapultati. Ma va bene così, che ormai questo è un marchio di fabbrica di MacLeod. Dispiace solo che a farne le spese sia la trama più propriamente cosmica del romanzo, che a primo acchito sembrava decisamente più interessante. Il ciclo si dovrebbe concludere con un ultimo romanzo. Staremo a vedere se l'autore riuscirà a risollevare un pochino le sorti della vicenda.


James Graham Ballard - Cocaine Nights
Sono stato molto restio a inoltrarmi per le nuove rotte tracciate da Ballard a partire dagli anni '90. Il Ballard catastrofico di inizio carriera e quello clinico degli anni '70 avevano prodotto già sufficienti suggestioni da marcare indelebilmente il mio immaginario. Però qualche settimana fa Ballard è scomparso e m'è sembrata cosa buona e giusta ricordarlo con un libro che non avevo ancora letto.

Cocaine Nights
è il romanzo che più di ogni altro ha ridefinito la sfera d'attenzione di Ballard che da questo momento si sposta dai centri e dalle periferie urbane ai paradisi residenziali per benestanti all'ultimo stadio, alle residenze di lusso per manager dei media, alle enclavi protette che sempre più spesso spuntano nei luoghi più impensati del pianeta. In questo caso l'azione si svolge sulla riviera spagnola, in una comunità di benestanti e baby-pensionati nordeuropei che sta vivendo un improvviso risveglio sociale.
In Cocaine Nights risuonano gli echi della produzione precedente del nostro insieme ai turbamenti caratteristici della fine del XX secolo. Ecco quindi il paradigma ballardiano della comunità chiusa, il sonno tecnoindotto della ragione, la violenza come motore creativo: archetipi consolidati che si innestano questa volta sull'idea patologica della società del tempo libero, modello ideale di devastazione psichica totalmente avulsa dalla realtà. A sottolineare il disagio del lettore alle prese con un romanzo che ha tutte le apparenze di un giallo ma che si trasforma presto un un viaggio senza ritorno nelle esistenze artificiali di un intera comunità ecco le immagini simbolo di Ballard rivisitate alternativamente nella classica atmosfera desolata e corrotta, come anche nell'inconsueta versione immobile e aliena da plastico disneyano: mi riferisco ovviamente alle piscine, alle automobili, ai vari luoghi del disastro che scandiscono il procedere del romanzo.
Ad animare la narrazione Ballard reinventa quello che si potrebbe ben definire il nipotino scapestrato del Robert Vaughan di Crash. Come altro definireste Bobby Crawford, l'alfiere iperatletico del risveglio cognitivo della riviera spagnola? Tanto il primo manifesta la sua deviazione dedicandosi alla meticolosa mutilazione del corpo quanto l'iperattività del secondo agisce sul piano puramente materiale degli oggetti, come se la psiche collettiva di fine secolo avesse compiuto la metamorfosi finale abbandonando ogni speranza corporea per definirsi definitivamente negli ammennicoli tecnologici di cui non mancano di circondarsi i baby-pensionati dell'universo ballardiano. Sia il dottor Vaughan che Bobby il tennista sono motori di distruzione, entrambi sono figure virali in un sistema malato, entrambi esercitano un fascino incontrovertibile sulla realtà che li circonda. Se gli esiti del loro agire sono diversi è perché nei vent'anni che separano le loro azioni la realtà su cui Ballard ha costantemente indagato (quella che un tempo era la borghesia benestante occidentale, il mostro in cui in parte ci siamo tutti trasformati) si è definitivamente opacizzata sintonizzandosi su quello che pare essere ormai un canale morto dell'evoluzione.

1 commento:

  1. Che posso dire - grazie della preferenza accordataci, anche a nome di tutta la ciurma di Alia.

    Essere citato per nome e cognome in parallelo a recensioni di Ballard e MacLeod è già abbastanza a farmi gongolare tutto.

    L'uso di aggettivi come brillante, sorprendente e meraviglioso per descrivere ciò che scrivo è poi un autentico premio.
    Ci capita di rado, a noi di Alia, di sentirci dire certe cose - per lo meno in italiano :-P

    Grazie ancora - mi fa molto piacere che ciò che ho scritto ti sia piaciuto.

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