Douglas R. Hofstadter - Anelli nell'io
Ci sono domande che a un certo punto smettiamo di porci. Chi c'è dentro la nostra testa? da dove arrivano i pensieri? cosa definisce la nostra identità? se pensassi in modo diverso sarei un'altra persona? etc etc…
Di solito queste sono domande che ci si pone quando si raggiunge la consapevolezza della barriera insormontabile che esiste tra noi stessi e il mondo. Poi si cresce e certi dubbi si lasciano in qualche antico e polveroso cassetto mentale, lasciando che a rispondervi (o almeno a provarci) ci pensino mistici, poeti, filosofi e scrittori di fantascienza, o, con un po' di fortuna, anche qualche scienziato.
Una dozzina d'anni fa Douglas Hofstadter ha illluminato il mio cammino con un'opera fondamentale, un volume che mi ha riavvicinato al piacere del pensiero astratto, alla gioia degli incroci tra arte e matematica, coscienza e letteratura, scienza e paradosso. Gödel, Escher, Bach Un'eterna ghirlanda brillante è uno di quei rari libri capaci da soli di dare un senso nuovo alla nostra esperienza del mondo. Anelli nell'io prosegue il percorso iniziato con quel volume, focalizzando questa volta il discorso in maniera più precisa e approfondita sui meccanismi della coscienza.
Il volume è affascinante per la ricchezza di esempi e la chiarezza di esposizione di Hofstadter, e se anche l'impatto sul lettore non è paragonabile a quello di GEB Anelli nell'io rimane un'ottima lettura, notevole - almeno per il sottoscritto - anche per la costante presenza di molte suggestioni ampiamente esplorate da molta della migliore fantascienza letta negli ultimi anni.
Walter Tevis - Lontano da casa
Lontano da casa è un compendio dell'opera di Walter Tevis.
In bilico tra la fascinazione più propriamente fantascientifica e l'eco fortemente autobiografico che lasciano alcuni racconti, le storie raccolte in questa antologia sono costantemente impegnate a tracciare i nebulosi confini tra emarginazione e conformismo. I protagonisti dei racconti di Tevis sono colti in momenti di solitaria autocommiserazione, spesso con un bicchiere in mano, ma non appaiono mai patetici, piuttosto vittime e complici di un sistema di valori che non comprendono ma che sono convinti vada rispettato. Che si muovano negli oscuri territori nei dintorni dell'incesto o tra le misteriose pieghe dello spazio tempo, gli uomini e le donne di questi racconti viaggiano costantemente con l'immagine di una malinconica apocalisse a dominare il loro panorama psichico, quasi un destino segnato che non li abbandona nemmeno quando un insolito lieto fine arriva a rasserenare gli animi.
Lontano da casa è un vecchio Urania che contiene la produzione breve di Walter Tevis. Non so quanto sia facile reperirlo, se vi capita sotto mano non lasciatevelo sfuggire.
Wu Ming 2 - Guerra agli umani
Divertente Guerra agli umani, un plot ottimamente costruito, personaggi ben delineati e struttura narrativa sufficientemente complessa da non risultare scontata.
Insomma, il romanzo di Wu Ming 2 ha tutti gli ingredienti dosati a meraviglia per piacere a lettore, tanto ben calibrati da rischiare di far risultare in qualche modo stucchevole l'intera operazione. A ben guardare c'è forse da chiedersi cos'ha di così innovativo e rivoluzionario l'approccio adottato da quest'incarrnazione solitaria del collettivo wuminghiano. Perché in Guerra agli umani abbiamo un protagonista che si fa serio portavoce di istanze tanto assurde da apparire ridicole (qualcuno per favore mi aiuti a capire se il troglodita ci è o se ci fa) e un romanzo fantascientifico che scorre parallelamente alla vicenda ed è totalmente fuori registro sia nei riguardi dell'immaginario che dovrebbe raffigurare sia nei confronti della trama che dovrebbe sottolineare?
Ciò che però ho trovato più sorprendente (e francamente irritante) è il sapore vetero-cristiano che domina tutto il romanzo, per cui tutti coloro che peccano verranno puniti in proporzione all'entità della colpa, la natura ottiene la giusta vendetta per lo scempio subito mentre il santo troglodita rimane impassibile e intoccato da qualsivoglia dubbio o conseguenza possa riguardarlo. Questo è il contenuto rivoluzionario che Wu Ming auspica e predica con la sua idea di letteratura?
Da uno degli autori di Q e di 54 mi aspettavo davvero qualcosa di più.
…
"Anelli dell'io". venerdì passato ero in libreria. Su una mano avevo quello, sull'altra tenevo "Intelligenza e pregiudizio" di Gould (peraltro fichissimo, l'ho quasi finito) e "La conquista della felicità" di Russell (boh). Ho preso i secondi e lasciato il primo, ma tornerò su Hofstadter appena posso. Ho letto GEB l'anno scorso ed è stato un'esperienza fantastica. Ho letto "L'io della mente" (curato con Dennett) questo autunno e m'è piaciuto. Prima o poi mi butto anch'io, oddio, su "Anelli dell'io".
RispondiElimina"Guerra agli umani" l'ho letto e m'è piaciuto molto, però mi chiedo se sia lo stesso libro recensito qui.
RispondiEliminaNel libro che ho letto io non c'è nessun "serio portavoce", ma un personaggio assurdo e stralunato, rispetto al quale è impossibile e inutile domandarsi davvero se c'è o ce fa.
Nel libro che ho letto il Peccatore Numero Uno, Jakub qualcosa, il più bastardo di tutti rimane bello e impunito (mi pare che i wuminghi l'hanno pure ripreso, in un romanzo successivo).
Nel libro che ho letto io la natura non si piglia nessuna rivincita, anzi è stuprata da cacciatori, cantieri, rifiuti.
Nel libro che ho letto io il protagonista non ha nessuna certezza, specie nel finale.
Secondo me è uno strano, stranissimo romanzo comico. Niente a che vedere con Q o 54. Niente che mi aspettassi da uno dei loro autori. Forse è anche per questo, che l'ho tanto apprezzato.
@ Gianluca: Ah… "Intelligenza e pregiudizio", che libro quello. Neanche a farlo apposta sto leggendo anch'io Gould in questi giorni, uno dei volumi che raccoglie le sue Riflessioni di storia naturale.
RispondiEliminaIn compenso non ho mai letto "L'io della mente" ma immagino che il contenuto sia grossomodo simile a quello di "Anelli dell'io".
Ciao Ettore e benvenuto da queste parti.
Credo anch'io che il libro che hai letto non sia lo stesso ""Guerra agli umani" che è capitato in mano a me:
- Nel mio le parole del neo troglodita suonano sempre terribilmente serie e convinte, a prescindere dall'opinione soggettiva che ognuno di noi si fa di Walden. (per quanto l'autore si sforzi di renderlo assurdo e stralunato a me è sembrato solo un coglionazzo qualsiasi…).
- Nel mio c'è un capitolo intitolato "La notte di San Cristoforo" in cui non ci sono dubbi sul destino del cattivo nr. 1. Magari prova a guardare meglio, se nella tua copia manca puoi fare un giro in libreria e fartelo cambiare. Oppure scaricalo dal sito dei Wu Minghi.
- La natura è stuprata etc etc, e allora? C'ha sempre i suoi bei facoceri (facoceri in Appennino???) a ricordarci che se ci si scherza troppo se ne pagano le conseguenze.
- Il protagonista non ha certezze, è vero. Del resto non ha nemmeno 'sti gran pensieri, non trovi? È tanto ingenuo e innocente da far venire un po' voglia di picchiarlo, tanto poco consapevole è della realtà che lo circonda. (guarda che fine fa l'unico che gli si accompagna…).
Ma ribadisco, il libro è davvero molto ben costruito. A tratti è divertente, a tratti drammatico, e la tensione narrativa è costantemente alta, forse perché in questo modo si eliminano i dubbi e le incertezze che pure possono accompagnare la lettura.
Il fatto è che se inizi a dubitare rischi davvero di trovarti con un pugno di mosche in mano (soprattutto confrontandoti con la serietà con cui viene presentato, dibattuto e commentato il romanzo sul sito di wu ming, soprattutto pensando alla intenzione programmaticamente rivoluzionarie dell'autore.).
Niente a che vedere con Q o 54, appunto.
"L'io della mente" è più una raccolta di saggi e racconti di fantascienza (selezionati e commentati da Dennett e Hofsdadter) che girano attorno al tema dell'io, della coscienza etc etc.
RispondiEliminaGrazie della risposta. Sono andato a riprendermi il romanzo - l'ho letto 5 anni fa - e sulla fine di Mahmeti hai ragione tu. Però lo stesso non ci vedo niente di cattolico, nessuna dinamica peccato/punizione, perché in fondo nessuno dei personaggi fa una bella fine, sono tutto piuttosto disperati, nonostante il barlume finale dell'alba.
RispondiEliminaCredo che non sia giusto leggere questo romanzo per "ritrovare" Q o 54. "Guerra agli Umani" andrebbe letto così come uno si guarda "Il Grande Lebowski" o "Il Dormiglione" o "Zelig". Se no è come guardare "Full Metal Jacket" e restarci male perché non è fantascienza come "2001, Odissea nello spazio".
Insomma, abbiamo letto lo stesso libro, dài, ma di sicuro con lenti diverse. E nelle mie, non c'era scritto Q sopra la destra e 54 sulla sinistra.
Ehi Gianluca, dici che mi tocca segnarmelo? :-)
RispondiEliminaEttore, nemmeno nelle mie lenti c'era scritto Q e/o 54 (manco fossero poi così simili, quei due romanzi).
Però se Wu Ming si presenta sulla scena letteraria con un progetto politico preciso, con tutte le intenzioni di promuovere un rinnovamento nella macchina culturale nostrana, e poi sforna un romanzo che più conservatore di così (nella sostanza se non nella forma) non si può, beh… io ho tutto il diritto di rimanerci male, non credi?
Non voglio ritornare sul discorso peccato/punizione: il libro è lì, basta controllare.
Forse però vale la pena ribadire che una cosa sono i bei discorsi, un'altra la capacità dell'autore di mettersi realmente in gioco con quanto scrive. È questa frattura tra intenzioni e risultati la fonte più grande di irritazione, almeno per il sottoscritto.
Frattura tra intenzioni e risultati? Non saprei. Io se il batterista di una band punk fa un disco solista, mi aspetto che non sia punk, altrimenti, che si mette da solo a fare? Mi aspetto che mi spiazzi, che esplori un territorio nuovo, magari uno strano album di discomusic. "Guerra agli Umani" mi ha spiazzato per i temi trattati e il modo di trattarli. Per il resto, sono d'accordo con te: è ottimamente costruito, non scontato, con buoni personaggi e dosato a meraviglia.
RispondiEliminaIn effetti, per quanto io possa trovarlo carino, il disco di Topper Headon è piuttosto dimenticabile (anche se è vero, è molto diverso dalle sonorità dei Clash).
RispondiEliminaBTW non sono io che inserisco "Guerra agli umani" in un progetto comune di Wu Ming, ma l'autore stesso.
Ti cito un passaggio significativo dall'intervento di Wu Ming 2 linkato sopra: "Se scrivessi un libro intimista, di introspezione, minimale nella struttura narrativa e del tutto slegato da qualsiasi richiamo alla realtà, certo non pretenderei di firmarlo Wu Ming. Se invece cerco di percorrere la strada tortuosa di una mitopoiesi al presente, allora lo faccio tenendo ben alte le insegne del collettivo, a maggior ragione perché si tratta di conficcarle sul suolo vergine di nuovi territori."
Sì, avevo visto quello scritto dei Wu Ming (ho citato più o meno a memoria la questione della band e degli album solisti). Cmq secondo me sono due questioni distinte: da un lato, se un libro è riuscito o meno in quanto romanzo; dall'altro, se ha fallito o meno rispetto alle intenzioni dell'autore. La prima è la cosa più importante, che qualsiasi lettore non-wumingologo può verificare. La seconda è una questione interessante ma più tecnica: come "mitopoiesi al presente" Guerra agli umani funziona? E qui poi bisognerebbe capire cos'è, questa mitopoiesi al presente, che è difficile proprio perché manca quella distanza che rende le storie mitiche.
RispondiEliminaLa questione se il libro funziona, se piace, è questione meramente soggettiva: come dici giustamente anche tu ogni lettore si farà la propria opinione.
RispondiEliminaLa questione della mitopoiesi a me pare 'na strunzata (perdona il francesismo).
Non ti sto a elencare di nuovo le critiche che facevo sopra, che non farei altro che ribadire il sapore di vecchio - ideologicamente parlando - del romanzo.
Dal mio punto di vista la creazione (ma anche la rielaborazione) del mito passa per romanzi mediamente più significativi di questo.
(io comunque ho il sospetto che per questo romanzo tirare in ballo 'sta cosa della mitopoiesi mi sfugga un pochino. A me pare un gran bel concetto, ma talmente vago ed etereo da risultare spalmabile alla bisogna su qualunque contenuto abbia necessità di una riaffermazione alta. Insomma che bisogno c'è di riaffermare continuamente l'intenzione mitopietica del romanzo? Se era programmatica nella stesura di "Guerra agli umani" o viene percepita dal lettore o in caso contrario che senso ha per l'autore ribadirla e ribadirla e ribadirla?
O c'è qualcosa che non siamo abbastanza intelligenti da capire oppure all'autore piace la parte dell'incompreso. Altre ipotesi preferisco non farle.)