11 maggio 2006

Questi luoghi desolati

Dirty Playground
Originally uploaded by Iguana Jo.
Siamo in tanti (vedi qui, per esempio) ci aggiriamo per questi luoghi dimenticati, abbandonati, in rovina. Si può spiegare quest'attrazione? Io ci provo, voi mi saprete dire...

I luoghi desolati che attirano i nostri sguardi curiosi sono fabbriche dismesse, colonie abbandonate, case disabitate. Tutti edifici in cui la presenza umana è ancora forte ma solo nei termini di ombre e ricordi, distruzione e abbandono.
Cosa ci attrae tra le ombre e le rovine? Cos'hanno questi luoghi di speciale?

Innanzitutto c'è il fascino dell'ignoto dietro casa. La possibilità relativamente comoda di esplorare territori sconosciuti, ma con tenaci agganci nella nostra memoria collettiva, e insieme la possibilità di trasformare una (ri)scoperta di vecchi spazi in un viaggio nel tempo casalingo. Il brivido di curiosità che suscita il passato, con le tracce lasciate dalle vite dei precedenti frequentatori dei luoghi che con fatica riconosciamo. Un po' come andare in visita a musei e cattedrali solo che in questo caso i passi e le mani della storia sono riconoscibili, non si perdono in un passato conosciuto unicamente per esperienza indiretta, ma tracciano collegamenti e suggestioni che ci appartengono direttamente, che non risalgono oltre la vita di padri, nonni, bisnonni.

O forse è l'attrazione per la decadenza, un'inconscia attrazione che ci spinge a intrufolarci nei territori morti a cui tutti apparteniamo. Il tentativo di dominare esplorandolo il senso del nostro stesso disfacimento futuro. Quasi che vedere un edificio morente renda più sopportabile e comprensibile il nostro stesso destino. In fondo se crolla la pietra e il mattone è logico e accettabile che lo stesso succeda alla carne.
Legata a questa riflessione c'è quella opposta, che senza vita, senza un'umana presenza tutto decade e crolla, che quello che tiene insieme il nostro mondo è la nostra semplice presenza. Ce ne andiamo, il mondo scompare (magari gli ci vuole un po', ma i segni del crollo futuro sono evidenti non appena si spengono le luci, si oltrepassa la soglia e addio, non si ritorna più, salvo che come turisti dell'abbandono).

Ma forse non è nulla di tutto questo, è semplicemente la necessità di un ritorno all'infanzia, al gioco insensato e puro, una sospensione temporanea e spaziale delle regole e imposizioni del nostro ordinato e repressivo mondo adulto, per tornare a sentire in mezzo ai territori desolati e senza legge l'incanto del mistero e la gioia dell'avventura che ci catturavano prima di mettere la testa a posto.

Mah...

…voi cosa ne dite?

4 commenti:

  1. io dico che questo è uno dei tuoi post più belli.
    C'è tutto quello che mi piace: la storia, il ritmo, la fantasia, il tuo pensiero.

    non sono un'amante dei posti abbandonati, o, per meglio dire, ho paura dei luoghi chiusi, capirai se anche abbandonati.

    senza fare della psicologia spiccia, direi che probabilmente è per almeno un paio dei motivi che tu hai elencato.

    ma la scoperta della colonia, con voi, è stata una delle esperienze più belle ed interessanti che mi ricordi.

    spero di ripeterla, magari in un altro posto, ma sempre con voi, che sapete dare la giusta "dimensione" ed il necessario pathos all'avventura.

    ciao.

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  2. Cosa ci fa turisti dell'abbandono? Cerchiamo le vite altrui, la vita degli oggetti o la nostra?
    Le case e le strutture abbandonate sono una specie di Altrove Assoluto, come quello di Minkowski, oltre i coni del tempo. Come tale a me parlano non delle storie reali di chi ci ha abitato - transeunti felici o più spesso infelici - ma di una dimensione in cui si entra attraverso il distrarsi dell'attenzione del mondo, attraverso la perdita della funzione. La disfunzionalità acquisita è una porta. La dimensione in cui si entra è qualcosa di simile a quel continuum di Gernssback di cui parla Gibson: reale nel qui&ora, ma con propaggini nell'anti-reale.

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  3. @ Lui: è passato un sacco di tempo e non so perché non ho risposto al tuo commento. Magari ne avevamo parlato a voce, boh…
    Comunque a rileggerti mi viene un po' di nostalgia per il tuo salottino verde. Sappilo.


    @ Zoe: la zona,insomma.
    BTW lasciatelo dire, è davvero un piacere leggere i tuoi commenti! Grazie.

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  4. Prego. Ti segnalo un libro che è forse un sentiero laterale rispetto a quanto sopra. Il retro di copertina riporta: "Questo libro parla della nostalgia che si appropria di oggetti luoghi, [...] dei cortili abbandonati, della pioggia che cola sui vetri".
    Roberto Peregalli, I luoghi e la polvere.Sulla bellezza dell'imperfezione, Bompiani, Milano 2010.
    Ciao.

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