Vi avverto, questo post corre il rischio di trasformarsi strada facendo in uno spot, e se succederà lo farà del tutto consapevolmente. Perché non capita tutti i giorni (non mi era MAI capitato) di leggere un romanzo italiano di fantascienza come Nessun uomo è mio fratello di Clelia Farris.
Nessun uomo è mio fratello è una perla preziosa, un piccolo gioiello ancor più straordinario se pensiamo che questo è un romanzo di fantascienza, anzi, un romanzo di fantascienza italiana. Le qualità del romanzo di Clelia Farris lo rendono tanto inconsueto, originale e prezioso che diventa doveroso provare a parlarne per diffonderne la conoscenza il più possibile, con buona pace di chi pretende che in questo blog si lavori sempre e solo contro la produzione nostrana.
Nessun uomo è mio fratello è inconsueto per la naturalezza e la profondità della caratterizzazione dei vari personaggi che calcano le scene del romanzo. Con pochi accenni e una sensibilità rara Clelia Farris rende immediatamente vivi, riconoscibili e tridimensionali anche le comparse più invisibili. Quante volte ci siamo imbattuti in personaggi che sembrano vivere solo in funzione del plot imbastito dall'autore? In questo romanzo è piuttosto il contrario. I vari tipi umani che animano la storia sembrano tutti avere una vita loro da qualche parte, fuori dalla pagina, tanto è naturale il loro ingresso in scena, le loro relazioni - tra loro e con il protagonista - e il modo personale di muoversi negli spazi del romanzo. Se questo è valido per i comprimari ancora più mirabile è la costruzione del carattere del protagonista: Enki, figlio senza madre di un contadino dispotico, che dopo un'infanzia vissuta con qualche problema tra le risaie del villaggio natale approda a una vita randagia e segreta tra i palazzi e i viali della grande città.
Le contraddizioni che caratterizzano il suo percorso di crescita sono rese in maniera tanto credibile da risultare del tutto inevitabili, e rendono la personalità di Enki decisamente complessa, tanto che se l'identificazione con la sua vicenda è immediata, i dubbi e i turbamenti che lo perseguitano diventano per il lettore interrogativi sempre più stimolanti man mano che ci si inoltra nel mondo del romanzo.
L'ambiente in cui si muove il protagonista è l'aspetto forse più originale di Nessun uomo è mio fratello.
Mi è piaciuto il modo in cui Clelia Farris ha mantenuto le connotazioni generali dello scenario molto sfumate (non sappiamo dove o quando siamo, non sappiamo nemmeno se ci troviamo nel nostro universo, anche se personalmente propendo per un paese tipo Vietnam un qualche centinaio di anni nel futuro), e al contempo l'estrema precisione e il dettaglio con cui descrive le condizioni del mondo che circonda da vicino i suoi abitanti. Il vedersi piombare in una realtà aliena (come contesto) ma estremamente familiare (nei particolari) rende il lettore immediatamente partecipe e attento alla vita e agli avvenimenti che animano le giornate dei vari protagonisti del racconto. Il world-building è progressivo e prosegue fino al termine della lettura con un equilibrio davvero raro per un'autrice che in fondo è solo al secondo romanzo. Il lettore accompagna Enki nel suo percorso di apprendimento e scopre con lui la realtà che lo circonda. Gli scarti temporali che caratterizzano la vicenda, se da un alto sorprendono il lettore scagliandolo improvvisamente in una terra incognita, dall'altro lo obbligano ad avvicinarsi sempre più al punto di vista del protagonista, unica certezza - si fa per dire - in un mondo in rapido mutamento.
Nel confronto tra Enki e il suo mondo entra in gioco l'aspetto fantascientifico del romanzo, ed è nella gestione del carattere diverso di questa realtà che Clelia Farris dimostra l'efficacia della sua scrittura. Proprio nel suo essere senza ombra di dubbio un romanzo di solidissima - e personalissima - fantascienza Nessun uomo è mio fratello è forse il libro più prezioso che possiate trovare oggi in libreria. In questo romanzo non ci sono spiegoni, il volume dell'infodump è ridotto ai minimi termini tanto da risultare all'effetto pratico del tutto irrilevante, eppure ogni pagina del romanzo trasuda fantascienza, ogni avvenimento è permeato dalla diversa realtà che sottende ogni azione di tutti i personaggi del romanzo, i turbamenti e l'evoluzione del carattere del protagonista sono scanditi dal suo perenne confrontarsi con l'essenza di questo mondo altro.
Il nucleo pulsante di Nessun uomo è mio fratello è costituito dalla dicotomia Vittime/Carnefici che abbraccia ogni aspetto del mondo di Enki. A leggerlo nella presentazione del romanzo mi sembrava quanto di più trito e banale e scontato si potesse incontrare oggi, XXI secolo, in un romanzo di fantascienza. Il classico esempio di un tema già sviscerato fino alla noia dai grandi autori del passato riciclato dal volenteroso autore italiano di turno in mancanza di un'ispirazione più originale.
E invece…
E invece Clelia Farris è abilissima nel mantenere l'humus fantascientifico della vicenda costantemente fuori fuoco, lasciandolo maturare tra il non spiegato e quei singoli episodi, apparentemente accessori, che lo portano improvvisamente alla ribalta. Quello che rimane è il confronto tra un giovane uomo e una realtà che gli risulta incomprensibile prima, intollerabile poi. L'intero universo narrativo del romanzo è costantemente costretto a fare i conti con la realtà aliena del marchio che distingue coloro che nascono Vittime da coloro che nascono Carnefici. Tutta la società è strutturata secondo codici non scritti che vedono le vittime come remissivi agnelli in attesa di un lupo che ne gestisca energie e capacità. La storia di Enki è quella di una ribellione ad uno status quo inalterabile, codificato nel genoma stesso della popolazione.
Le scelte di Enki, le sue azioni e loro conseguenze dettano i tempi narrativi del romanzo. Ma molto più efficace m'è sembrata l'atmosfera che l'autrice ha saputo ricreare. Un'atmosfera che a me pare debba qualcosa a Miyazaki e a Murakami, rispettivamente per il ritratto leggermente surreale di ambienti e persone al primo, per l'esasperato individualismo asociale del protagonista al secondo, oltre che a un indubbia conoscenza di luoghi e dinamiche sociali che si incontrano trasfigurati nel romanzo ma che sono spazi e relazioni reali, qui e ora.
Leggendo Nessun uomo è mio fratello non ho colto alcun difetto sostanziale, forse qualche situazione rimane un po' troppo didascalica (penso soprattutto al rapporto univoco vittima/carnefice - che forse andava maggiormente approfondito - o ai problemi connessi alla fabbrica di tessuti) ma in generale la scrittura di Clelia Farris m'è parsa sempre perfettamente calibrata, matura e capace di gestire le situazioni più difficili.
Nessun uomo è mio fratello è davvero un ottimo romanzo, ma soprattutto è una graditissima e inaspettata sorpresa. Se seguite questo blog sapete come la penso sulla fantascienza italiana. È quindi davvero un piacere imbattersi in opere capaci da sole di ribaltare la mia opinione su quel che è in grado di offrire il genere a noi lettori qua fuori.
Insomma, cercate questo volume, leggetelo e parlatene. E non fatevi ingannare dall'immagine di copertina.
Dentro il libro è molto, molto, meglio.
…
e vabbé, prenderò pure sto libro :-)
RispondiEliminaSottoscrivo incondizionatamente (mannaggia a me che non l'ho ancora recensito!).
RispondiEliminaE chi può lo voti al premio Italia! C'è tempo fino a stasera!
Mi sa che ti tocca, Sarmax! :-)
RispondiElimina@ Vanamonde: tu non lo puoi sapere, ma se ho deciso di leggere questo libro è merito di un tuo messaggio in lista.
Insomma, il tuo dovere l'hai fatto!
Editore? Che me lo faccio accattare dai miei.
RispondiEliminaDelos Books.
RispondiEliminaQui trovi la scheda del volume.
sulla fiducia l'ho messo in wish list di Anobii ;)
RispondiEliminaE' davvero un ottimo romanzo; e appunto, in più è fantascienza in ogni singola pagina.
RispondiEliminaUn ringraziamento a Vanamonde anche da parte mia per le due righe che preannunciavano la sua recensione.
btw, complimenti per il post.
@ Eugenio: vedrai che non te ne pentirai!
RispondiElimina@ Paolo: Ehi! Chi si vede! Son contento sia piaciuto anche a te!
Mi hai convinto!
RispondiEliminaAnche a me la sinossi non entusiasmava troppo, ma pur conoscendoti da poco, l'emozione che trasudano le tue parole mi hanno decisamente convinto.
Io credo nella fantascienza italiana. E voglio più volumi possibili nella mia libreria.
(chiaramente voglio solo volumi
di qualità) ^:^
Compro.
E a breve tenterò di procurarmi anche i due di Tonani.
Thanks.
Una buona giornata.
E io son davvero contento di aver conquistato un nuovo lettore a questo romanzo, Munzic!
RispondiEliminaIo non sono fiducioso come te nelle sorti della fantascienza italiana, ma oh… quando se ne può (finalmente!) parlare bene non mi tiro certo indietro.
Auguri per i Tonani. Essendo due Urania sarà molto divertente dargli la caccia tra bancarelle e reminders.
Chissà che un giorno non escano pure in libreria…
Cacciato, braccato e nel mirino. Iguana una cartuccia alzo zero me l'aveva già sparata ai tempi, in fronte ;-)
RispondiEliminaMa prendo quel "chissà..." come un'attestazione di stima.
@ Munzic: poi però mi fai sapere. Su questo canale o altrove... :-)
Ciao
Dario
Dario, posa la Colt, che qua ci facciamo male! :-)
RispondiEliminaMa poi, è così grave se a Moffa preferisco Cletus?
E poi vuoi mettere Betty? Di fronte a tali altezze non c'è personaggio femminile che tenga!
:-)
L'ho già scritto mel ng di sf. Non per fare il bastian contrario, ma a me proprio i punti evidenziati da Iguana Jo sono sembrati gli elementi più critici del romanzo di CF: l'ambientazione fascinosa ma fumosa, il perché che manca, questa bipartizione manichea del mondo che è affascinante, dolorosa, evocativa, di denuncia politicamente corretta, forse, ma poco plausibile. E poi l'intento didascalico, l'apologo morale, che alla lunga mi è risultato un po'ridondante. Il tutto, va detto, in un contesto narrativo eccellente e da incoraggiare senza mezzi termini. Lo dico con onestà: ne avessimo tanti, di autori così. Di autori e basta, però. Già, perché più che un romanzo di genere, Nessun uomo è mio fratello mi è parso piuttosto un mainstream con spruzzate fantasy; di sicuro *non* il più bel romanzo di sf degli ultimi anni su cui qualcuno si è sbilanciato. Per parte mia, checché se ne dica ancora, la palma spetta invece al Quinto Principio di Vittorio Catani, per ispirazione, complessità, maturità, serenità ideologica, linguaggio e tematiche. :-)
RispondiEliminaCiao Jump.
RispondiEliminaDivido in due la mia risposta, che questa piattaforma non permette commenti troppo lunghi.
Prendo atto della tua opinione. Che ti devo dire?
A me pare di aver letto un romanzo molto diverso da quello che racconti nel tuo commento o, in maniera ancora più esplicita su icf:
"Insomma, un romanzo politicamente correttissimo per un lettore di sinistra, quasi un must da avere sullo scaffale per marcare un'appartenenza politica...
[…]
Mi è rimasto […] l'apologo morale, ma quello, una volta raccontato una volta, dovrebbe bastare. Invece l'apologo si ripete ancora e ancora...
Insomma, sempre a mio avviso, siamo più che altro di fronte a un romanzo di denuncia sociale, che elabora una cruda metafora del mondo di oggi - come non pensare al traffico d'organi, o all'abuso dell'infanzia in genere? Siamo per anche di fronte a un romanzo che vuole sottolineare in tutti i modi una certa appartenenza politica, un po' come se si trattasse di un manifesto. E questo almeno a me risulta alla fine irritante."
Sull'ambientazione fumosa ribadisco quel che dicevo sopra. Io preferisco di gran lunga i romanzi in cui il lettore deve attivamente partecipare alla costruzione del mondo immaginato dallo scrittore. In Nessun uomo è mio fratello tutti i dettagli ambientali sono coerenti con gli avvenimenti e le relazioni presentate dall'autrice. Posso chiedere di più?
È vero, non c'è nessuna spiegazione sul perché il mondo sia messo così, ma cambierebbe qualcosa sapere l'anno in cui si colloca la vicenda o tutti i dettagli storici che hanno portato a tale situazione? Forse se l'ambizione del romanzo fosse stata quella di presentare la storia futura dell'umanità avrebbe avuto un senso, ma il centro del romanzo a me è parso il percorso di crescita del protagonista più che la descrizione cronachistica del contesto.
E arriviamo al contenuto delle tue critiche.
Quando leggo prese di posizione come le tue mi domando che razza di paraocchi adottiamo quando ci accostiamo ad un testo sconosciuto. Me lo chiedo perché le tue parole mi sono sembrate quanto di più pretestuoso fosse possibile accostare al romanzo della Farris tanto tenui sono i legami con il contenuto del romanzo.
Ma magari mi sbaglio.
E quindi ti chiedo:
- cosa intendi per approccio politicamente corretto? e perché il romanzo dovrebbe essere adatto a un lettore di sinistra?
(io sono un lettore anarchico ma mi è piaciuto lo stesso, Dove sbaglio?)
- qual è l'apologo morale ripetuto millanta volte nel corso del romanzo che tanto fastidio ti ha procurato?
- quali sono le posizioni politiche tanto esplicite da risultare inaccettabili?
(continua…)
(continua dal commento precedente…)
RispondiEliminaDa parte mia posso ribadire che l'unico momento di stanca del romanzo è la parentesi in cui l'azione si sposta nella fabbrica di tessuti. È un momento che ho trovato didascalico proprio per lo schematismo con cui vengono rappresentati i rapporti tra operai e proprietà all'interno del mondo industriale. In quella decina di pagine il centro del romanzo di sposta effettivamente dalle vicissitudini di Enki a un contesto che rischia di apparire esplicitamente politico. Ovviamente il difetto non sta nell'essersi accostati a temi simili, quanto piuttosto alla modalità riduttiva dell'approccio. Ma nel corso della lettura non ho percepito altri momenti analoghi.
Tu evidentemente sì. Quali?
Proseguo con l'ultima domanda domande, che se non ci chiariamo sulle premesse difficilmente riusciremo a discutere del romanzo.
- traffico d'organi? abuso dell'infanzia? ma abbiamo letto lo stesso libro?
Nel romanzo non ho trovato nulla di simile. La cosa che ci va più vicino è il rapporto padre-figlio che segna la prima parte del testo, in cui sì, si vede un padre-padrone e un figlio remissivo. Ma lasciami dire che la descrizione dell'evoluzione di questo rapporto è una delle cose migliori del romanzo, tanto profondo sottile e sensibile è il registro adottato dall'autrice per narrarlo.
E arriviamo alla conclusione.
In definitiva a me pare che sia il tuo approccio ad essere manicheo, non certo quello della Farris.
Dopotutto che cos'è Nessun uomo è mio fratello se non un invito a considerare la complessità del mondo nonostante gli apparenti dualismi che lo contraddistinguono? Detto con parole più vicine a quelle della Farris: Vittime e Carnefici sono etichette, non sostanza. Tu non l'hai capito, ma ok è solo un romanzo. Puoi sempre rileggerlo. Ben diverso è approcciarsi con questo metro morale alla realtà.
Non ho detto prima che per parte mia avevo comprato il libro di Clelia in tempi non sospetti, quando ancora non c'erano stati riscontri entusiastici.
RispondiEliminaLa mia è una posizione dichiaratamente di parte: non faccio mai mancare il mio sostegno agli autori italiani (e non nascondo di farlo "sulla fiducia", qualche volta sapendo poco o nulla su un libro o su un autore).
Il libro di Clelia non l'ho ancora letto, ma adesso lo farò ancora più motivato...
@ Iguana - Sulla "BB" dei cartoon sfondi una porta aperta: sapessi quante ne colleziono solo per sentirmi circondato dalla sua candida&sfrontata bellezza... :-)
Ciao
Dario
@Iguana. Anzitutto una notazione di metodo: ciascuno di noi legge un romanzo a suo modo, quindi può ben darsi che le mie impressioni siano diverse dalle tue, come in effetti sono, al punto di pensare di avere letto due libri diversi, e in parte è così se a te è piaciuto così tanto e a me meno. Non vedo perché te ne meravigli così. Si chiama ancora soggettività dei pareri. ;-)
RispondiEliminaProprio perché il romanzo di Clelia è splendido (come mainstream, secondo me) mi sono permesso di non unirmi al coro e di esprimere il mio - sottolineo, mio - pensiero. Spero sia ancora possibile. :-)
Ancora parlando di metodo, consentimi, sono meravigliato di questa tua tirata sugli argomenti pretestuosi e sui paraocchi.
L'approccio "politicamente corretto" dal mio punto di vista sta nell'intento didascalico che io ci ho visto: mi va bene la denuncia sociale - ma l'insistere così ossessivo sullo stesso argomento dopo un po' a me risulta pesante. Adatto a un lettore di sinistra, perché l'apologo morale, l'amara - e insistita - riflessione sulla bruttezza del mondo attuale - reale o immaginario o presunto futuro - in un testo di denuncia in genere è ben visto da quella parte politica. Ma su questo posso ben sbagliarmi io. E non ho scritto, bada bene, che ci sia nulla di inaccettabile in un romanzo scritto bene, ottimamente costruito e sentito fino alle lacrime (sia detto senza alcuna ironia, ma anzi, con ammirazione). C'è solo - come già c'era a mio avviso in Rupes Recta un substrato moralistico, una lezione da impartire e imparare, che ai miei occhi forse poteva essere più sfumata.
Tutto qui. Più "grave" a mio avviso l'esilità del contesto fantascientifico, ma ripeto, è la mia valutazione personale, o come tu hai così elegantemente affermato, sono i miei personalissimi paraocchi. Cioè, in ultima analisi, il mio giudizio, che ti ringrazio di avere così graziosamente ribattezzato. E ripeto, visto che hai glissato sull'aspetto manistream-genere: il romanzo l'ho giudicato bello, anche se dal ritmo un po' pesante a tratti, e decisamente poco centrato nel genere. Come mainstream, o come romanzo di frontiera, è da consigliare a chiunque. :-)
In ogni caso accoglierò volentieri il tuo invito a rileggere il romanzo di Clelia e posterò appena mi sarà possibile una risposta più articolata sui punti specifici sui quali solleciti la mia attenzione.
Quanto, infine, al "è solo un romanzo", bè... Direi che si tratta di un approccio riduttivo, no? :-) A presto, Giampietro
Di nuovo mi tocca dividere in due la risposta. Porta pazienza.
RispondiEliminaSul metodo: è ovvio che il parere su un romanzo è soggettivo. Mi sembrava inutile ribadirlo ancora visto che ne abbiamo già discusso un sacco di volte. Comunque ok: l'opinione che ognuno di noi esprime sul dato testo è soggettiva.
Detto questo esistono opinioni più o meno condivisibili, più o meno valide. Soggettivamente, eh!
Dal mio punto di vista la prima regola di ogni recensione dovrebbe essere la coerenza tra l'opinione espressa e il testo preso in esame. Se viene a mancare questo legame si può scrivere il più interessante dei pezzi ma il suo valore critico è zero.
Questo è il motivo per cui il tuo commento al romanzo non mi è piaciuto. Perché m'è parso che tu piegassi il presunto contenuto del libro alla tua personalissima visione del mondo, perdendo man mano che procedevi ogni possibile aggancio ai contenuti specifici del testo.
Ma dato che ho anch'io i miei paraocchi (se rileggi quel che scrivevo noterai che non c'era nessun riferimento alla tua persona, ma oh… le code di paglia da queste parti impazzano) potrei aver preso un abbaglio. Per questo ti chiedevo di spiegarmi cosa intendessi per "politicamente corretto" o dove vedessi "l'apologo morale" .
Ora tu mi scrivi che il politicamente corretto sta nell'intento didascalico, e di nuovo ti chiedo dove lo vedi? Anche perché non puoi affermare nello stesso tempo che la Farris scrive da dio e poi accusarla di un generico didascalismo.
Altra cosa che faccio davvero fatica a comprendere è questo tuo insistito rimarcare l'aspetto di "denuncia sociale" del romanzo quasi che “Nessun uomo è mio fratello” fosse un pamphlet ideologico, addirittura un manifesto, di chissà quale - anzi, tu sai benissimo quale - schieramento politico.
Che il mondo descritto dalla Farris sia sovrapponibile al nostro è verissimo. Come è altrettanto vero che ogni volta che si descrivono relazioni tra individui si compie un atto politico. Questo è vero per la Farris, per te, per chiunque decida di scrivere. Ma "denuncia sociale"?
Nel mio commento precedente evidenziavo quello che secondo me è l'unico momento del romanzo in cui c'è un effettivo sbandamento dal racconto individuale che costituisce il nucleo della storia verso un approccio più "sociale" alla vicenda. Ho pure sottolineato che quelle poche pagine sono l'unico momento di debolezza del romanzo.
Ora ti chiedo, in quali altri punti del romanzo vedi la "questione sociale" rubare la scena al percorso di Enki?
(continua…)
(…continua dal commento precedente)
RispondiEliminaPer me l'indubbio valore politico del romanzo è rintracciabile in contenuti di segno opposto rispetto a quelli - inesistenti - che ti hanno così evidentemente schifato. Ed è questa incapacità di vedere ciò che mi turba di più della tua recensione. Tu insisti nel mantenere la barra a dritta sul presunto manicheismo politicamente corretto del romanzo, su una visione del mondo che divide nettamente i buoni dai cattivi, sui blocchi contrapposti etc etc (insomma, sei proprio un giornalista RAI! :-)), quando invece per me il senso ultimo del romanzo è molto diverso. Cos'altro racconta la vita di Enki se non di un continuo tentativo di uscire da ruoli prestabiliti? Cos'altro indaga nella sua ricerca ossessiva del marchio se non la causa fisica di una frattura tra vittime e carnefici che in realtà non esiste? La rappresentazione di un intero mondo diviso tra V e C non è la perfetta sintesi della realtà semplificata che tutti - tu compreso, a quanto pare - vogliono spacciarci per vera, immutabile e ineludibile?
Quella di Enki è una storia politica, ma lo è in quanto storia di una liberazione, se non sociale almeno personale. È uno splendido racconto sul raggiungimento della consapevolezza di sé in rapporto con la complessità della realtà.
Proprio per il suo puntare a valori assoluti la strada fantascientifica percorsa dall'autrice era l'unica via percorribile per non rimanere invischiati nelle secche della cronaca quotidiana. Per questo motivo credo che la fantascienza di Clelia Farris sia tutt'altro che esile, capace com'è di permeare e quindi di trasfigurare la nostra stessa realtà.
Non ci sono gadget futuribili, ma ci sono idee. Forse non ci siamo più tanto abituati…
Come ti ho già scritto ieri, con molto piacere sto riprendendo la lettura di Nessun uomo è mio fratello per rispondere con più agio alle domande che tu mi rivolgi. Vedo però che siamo sorprendentemente arrivati alla contestazione dei miei argomenti ricorrendo alle etichette [se non ti fossi detto anarchico direi quasi etichette veterocomuniste... ;-P]: sarei incapace (!) di vedere quello che tu vedi, o semplicemente oltre i miei modelli rudimentali, e scriverei determinate cose che non stanno né in cielo né in terra in quanto giornalista RAI. Insomma, si capisce alla fine che sarei in fondo anche giustificabile in quanto, poverino, appartenente a una certa scuola che tutti sanno deteriore, mentre altri, illuminati... Se non è semplificazione e vanificazione dei precedenti tuoi giudizi questa perla polemica, non saprei proprio come altro definirla... Comunque, c'era il sorriso, visto che il tentativo mi ha divertito ce lo metto anche io e passiamo oltre... ;-)
RispondiEliminaFacezie a parte, appena posso risponderti più in dettaglio, magari anche citando pezzi del romanzo di CF, come ti scrissi ieri, lo farò con piacere. Anche perché, per quanto possa sembrarti strano, o non far parte della tua immagine, i giornalisti RAI lavorano come i comuni mortali... :-D
Giampietro, non so mica se valga la pena risponderti ancora, almeno fino a che non avrai qualche cosa di nuovo da dire sul romanzo.
RispondiEliminaMi spieghi com'è che ogni volta che provo a portare la tua attenzione sul testo, tu preferisci riportare ogni discorso ai pregi e ai difetti della tua arguta persona?
A questo proposito potrebbe essere utile chiederti di dare una riletta ai miei ultimi commenti, che evidentemente ti dev'essere sfuggito qualcosa: se ho parlato di incapacità tua a cogliere un aspetto importante del romanzo non l'ho legata a situazioni lavorative o ideologiche preesistenti (quello semmai continui a farlo tu. O mi sbaglio?) . Semmai me ne sorprendevo, e cercavo di darmene spiegazione nella visione manichea cui sei tenacemente ancorato. Poi è vero, accidenti a me, mi sono permesso una battuta che non avrei dovuto fare, per questo se ti ho offeso me ne scuso.
Quando poi avrai voglia di tornare a parlare del romanzo, io sono qua.
Scusate spezzo il flame, non sparate mentre passo, ne! ^_^
RispondiElimina@Dario: di solito non ho l'abitudine di esporre una recensione approfondita e ragionata di quello che leggo, come fa con grande abilità e mio piacere il buon Iguana. Ma visto che me lo hai chiesto ti prometto che ti farò sapere il mio parere.
Per fare prima, non è che hai due copie che ti avanzano, hehe? A pagamento chiaramente! ^_^
@Iguana: ma infatti, non era previsto che tu mi rispondessi o che si accendesse un flame! :-)
RispondiEliminaComunque, se vuoi saperlo non ti ho risposto a mia volta (del tutto) sul testo di CF perché aspetto di ritornarci su con il senno a posteriori delle tue riflessioni.
Poi, è buffo: sei tu quello che cerca di ancorare la mia critica a quello che io sarei, o non sarei, a quello che sarei in grado di capire o no sulla base della mia formazione o del mio lavoro... Insomma, sembri tu quello più concentrato sulla mia "arguta persona" in questa fase! :-)
La battuta di cui parli non mi ha affatto offeso, ho ben detto che invece mi aveva divertito, perché ha evidenziato un ragionare per schemi abbastanza curioso in chi invece rispetto a certi modi di ragionare si professa estraneo. Ma la mia è una constatazione spassionata, non sono affatto arrabbiato, credimi. Lasciami qualche giorno di tranquilla rilettura, però, neh, perché quanto tu dici rispetto al testo magari mi spingerà a una controanalisi e non è detto che alla fine non ti dia ragione! Insomma, stai sereno, e riponi la colt... Nessuno ti caccerà dalla tua casa... :-)))
@ Munzic: macché flame e flame. Sei solo capitato in mezzo a un'accesa discussione tra due tizi con una visione leggermente diversa della vita, l'universo e tutto quanto.
RispondiEliminaComunque ora la smetto, almeno finché Giampietro non finirà di rileggere il romanzo e sarà quindi pronto a darmi ragione.
:-D
@ Munzic: per "Infect@" la vedo grigia, non fui abbastanza previdente all'epoca dell'uscita per procurarmente un buon quantitatvo di copie e ora sono introvabili. Per l'Algoritmo non disperare... :-) Alla prossima.
RispondiEliminaDario
vero, so come "la pensi" sulla fantascienza italiana e tutto questo entusiasmo è davvero sorprendente. mi hai messo una bella curiosità, sarà la mia prossima lettura.
RispondiEliminaCiao Piscu!
RispondiEliminaBeh… a 'sto punto sono davvero curioso di leggere la tua opinione.
Come promesso, rieccomi, dopo una rilettura di Nessun uomo è mio fratello. Non ho cambiato opinione, ma ho trovato nuove similitudini, va da sé, assolutamente soggettive.
RispondiEliminaIl tutto, sinteticamente riassunto, è qui: http://ucronicamente.blogspot.com/2010/06/mainstream-e-genere.html
Avevo letto il tuo intervento sul blog di Urania. In effetti "noioso" è una critica al romanzo della Farris che posso comprendere. Ovviamente non la condivido, però posso capire che questo sia un motivo più che valido per il mancato gradimento di Nessun uomo è mio fratello (molto di più, per dire, delle motivazioni inconsistenti che accampavi in prima battuta).
RispondiEliminaPer quanto riguarda il discorso che fai sul tuo blog riguardo la presunta contrapposizione tra fantascienza e mainstream, beh… io non distinguo così strenuamente le due cose. Nel senso che leggo indifferentemente sia romanzi sf che roba normale, e beh… il mio giudizio non dipende dall'etichetta con cui vengono venduti. Oltretutto a me non pare proprio che la componente fantascientifica nel romanzo della Farris (non ho letto "35 miglia a Birmingham" di Braziel) sia una semplice patina che riveste il contenuto "vero" del romanzo e di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno.
Senza la collocazione atemporale del romanzo tutta la vicenda di Enki sarebbe stata gravata da sovrastrutture (storiche/geopolitiche/sociali/etc) che avrebbero fortemente indebolito la forza universale della narrazione e costretto l'autrice a molti più compromessi.
Di più: è proprio la gestione dell'idea fantascientifica alla base della storia a rendere il romanzo una pietra miliare, almeno nell'ambito ristretto della scrittura di genere nostrana. Ogni singola scena del romanzo è costruita intorno alla dicotomia vittima/carnefice. Tutto il percorso di crescita personale di Enki è scandito dal suo confrontarsi con la realtà fantascientifica del romanzo. Eppure, e questo è il grande merito di Clelia Farris, non c'è un solo momento in cui quest'idea fantascientifica fondamentale rubi la scena ai personaggi e agli avvenimenti che costellano la vicenda.
Se c'è un pregio in Nessun uomo è mio fratello è proprio quello di saper sfruttare le caratteristiche proprie del genere per raccontare una storia fruibile ai più diversi livelli, probabilmente anche da chi la fantascienza non è solito frequentarla.
[...]
RispondiElimina>In effetti "noioso" è una critica >al romanzo della Farris che posso >comprendere. Ovviamente non la >condivido, però posso capire che >questo sia un motivo più che >valido per il mancato gradimento >di Nessun uomo è mio fratello
In realtà non l'ho sgradito. Come romanzo in sé, non l'ho trovato affatto brutto, come già avevo scritto; è come romanzo di genere che lo contesto.
>(molto di più, per dire, delle >motivazioni inconsistenti che >accampavi in prima battuta
Peccato che tu continui a giudicarle "oggettivamente" tali. Senza quelle motivazioni non si capisce perché io eccepisca.
>Per quanto riguarda il discorso >che fai sul tuo blog riguardo la >presunta contrapposizione tra >fantascienza e mainstream, beh… >io non distinguo così >strenuamente le due cose. Nel >senso che leggo indifferentemente >sia romanzi sf che roba normale, >e beh… il mio giudizio non >dipende dall'etichetta con cui >vengono venduti.
Lo faccio anche io. Chiaro che se compro un romanzo pubblicato da una collana di sf e mi ritrovo un mainstream mi meraviglio, e cerco di analizzare il perché su quella collana e non, per esempio, su Feltrinelli, dove la storia di Enki non avrebbe sfigurato.
>Oltretutto a me non pare proprio >che la componente >fantascientifica nel romanzo >della Farris (non ho letto "35 >miglia a Birmingham" di Braziel) >sia una semplice patina che >riveste il contenuto "vero" del >romanzo e di cui si potrebbe fare >tranquillamente a meno.
Bè, tranquillamente, forse no. Ma la dicotomia propostaci da Clelia non è che sia poi così originale e al di là di una vicenda in cui l'adrenalina sale con contagocce, ciò che mi pare sia da sottolineare come significativo è il percorso di formazione di un giovane con un destino apparentemente segnato - che poi mi pare si riveli segnato comunque. Insomma, è un romanzo psicologico - con qualche intento didascalico - più che fantascientifico. Di qui l'eccepire sulla sua collocazione in una collana specializzata. Che poi l'opera sia ben scritta e ben strutturata - anche se con le cadute di ritmo che la stessa Clelia ammette - è un altro paio di maniche. Ma potremmo parlarne per anni... ;-)
Mi pareva di aver già spiegato perché considero inconsistenti, pretestuose e incoerenti (rispetto al testo) le critiche che facevi inizialmente al romanzo. Sul fatto che il mio giudizio sia "oggettivo", lascio ai posteri l'ardua sentenza.
RispondiEliminaSulla fantascientificità o meno del romanzo, mi pare evidente che abbiamo idee diverse su cosa sia la fantascienza. Però a 'sto punto mi piacerebbe capire quali sono le caratteristiche di un romanzo che te lo fanno porre senza alcun dubbio all'interno del genere.
Non sapevo che Clelia fosse intervenuta sul romanzo, mi dai qualche link che sono curioso?
(Ancora meglio: Clelia, se per caso passi da queste parti, perché non ci dici la tua opinione riguardo 'sta cosa della fantascienza, del mainstream e di Nessun uomo è mio fratello? Grazie!)
Per paragrafi:
RispondiElimina1)Sì, hai spiegato le tue motivazioni, e io le mie. Da parte mia, è ovvio che non considero le tue spiegazioni convincenti, anzi, potrei ribattere con i tuoi stessi aggettivi: a mio avviso sei stato tu a usare motivazioni pretestuose e inconsistenti; coerenti, se vogliamo, in un certo sfondo di incomprensibile aggressività. Stiamo qui a discutere di un romanzo, non a proporre, come mi sembra tu abbia scritto, "due diverse visioni del mondo e della vita". Questo mi risulta sia un blog e non il Parlamento. Però, a continuare così evidentemente non ne usciremmo, e quindi lasciamo da parte la presunzione e gli arroccamenti sulle rispettive posizioni. Detto ciò...
2) per romanzo fantascientifico io intendo una vicenda in cui il presupposto che mi faccia abbassare la cosiddetta soglia d'incredulità sia sempre al centro della narrazione. Qui io trovo un presupposto sf esile: la dicotomia Carnefice-Vittima non è originale e soprattutto non è spiegata in alcun modo: è genetica? Meccanica? Mistica? Da dove viene? Boh. Mi dirai che non ha importanza? Forse per te. Per me ne ha. Veniamo all'ambientazione: più che fantascientifica, è futuribile, fumosa. Non si capisce perché i protagonisti facciano il lavoro che fanno, perché ci sia questa regressione a una forma di vita para-tribale. Passiamo più tempo a vedere i protagonisti impegnati in danze folkloristiche o in altre attività terzomondiste che ad agire veramente. Le città sono agglomerati indistinti, anzi mega-agglomerati non meglio precisati, non-luoghi pescati evidentemente altrove. Io ho cercato disperatamente la Sardegna di cui parla Salvatore Proietti, ma non l'ho trovata. Continuando a cercare riferimenti, sport che in un libro mi diverte, a patto che i riferimenti ci siano, ho trovato solo un evidente Sud-est asiatico in cui la gente coltiva il riso. Un po' prevedibile, se mi consenti. Ho trovato le pessime multinazionali che ti impongono le colture transgeniche. Anche qui, già visto, ma presumo sia sufficiente a esaltare certi spiriti. Non il mio, visto che, come detto, si tratta di cose già viste e già sentite. Così come assolutamente prevedibile è la conclusione del romanzo. Doveva essere a effetto? Hmmmm... la prossima volta Clelia sarà più fortunata.
(segue...)
(continua)
RispondiEliminaIl pregio del romanzo sta secondo me invece nella descrizione accurata e piena di sentimento di un percorso di formazione, di una fuga da un padre-padrone, all'interno del peraltro labile contesto futuribile di cui parlavo. Simile a 35 miglia a Birmingham, che tu non hai letto, molto simile a L'ospite di Stephanie Meyer (sì, quella dei vampiri. Ripeto, personalmente a me questi romanzi fanno pensare al mainstream più che al genere. Molto più fantascientifico, per fare un esempio, o comunque ai confini col fantastico, allora, lo splendido romanzo di Simona Vinci Strada Provinciale Tre in cui siamo immediatamente catturati da questa donna in psichedelica fuga e corriamo con lei, fino a scoprire il perché.
Ribadisco però: molto, ma molto meglio Nessun uomo o un romanzo di questo tipo che, per esempio, sempre parlando di romanzi italiani premiati, Il dono di Svet dell'amico Donato Altomare. Che non me ne voglia, ma io sono abituato a dire quello che penso. Mi pare anche di avere già detto che se devo pensare a un romanzo di sf a tutto tondo, dove l'ispirazione sf sia sempre al centro della narrazione, il mio faro italiano rimane Il quinto principio di Vittorio Catani. Ma è evidentemente questione di gusti. Io eccepivo sull'entusiasmo, tuo e di altri, nell'affermare, oggettivi e apodittici, che Nessun uomo è mio fratello sia una pietra miliare o addirittura il più bel romanzo mai scritto di sf italiana. Punto.
3) Clelia è intervenuta con un singolo post sul forum di fantascienza.com, che ha già ospitato una discussione sul suo romanzo. Che, ribadisco per gli eventuali malpensanti, continuo a considerare un signor romanzo di mainstream con ambientazione futuribile. Vorrei avere anche io la penna di Clelia o di Braziel. Magari con un filo in più di adrenalina e sense of wonder.
Se Clelia vorrà intervenire, qui sopra, o anche, perché no, dalle mie parti, sarà la benvenuta. Anche se mi pare finora stia seguendo la prassi più saggia per qualsiasi autore: quando esce un romanzo, deve essere il romanzo a difendersi usando le sue gambe. E adesso credo di avere detto veramente tutto. :-)
Riguardo la discussione sul romanzo credo anch'io si sia arrivati a un punto morto.
RispondiEliminaRibadire ulteriormente la mia opinione sulla qualità della gestione dell'idea fantascientifica, sul worldbuilding e sui personaggi sarebbe a questo punto una continua ripetizione di cose già dette e ridette.
Mi incuriosisce piuttosto la tua identificazione della capacità di sospensione dell'incredulità come caratteristica principale del genere fantascienza.
Non che non sia d'accordo. Solo che questa mi pare un conditio sine qua non per apprezzare qualsiasi romanzo, non necessariamente di fantascienza.
Eh, amico mio...
RispondiEliminaAdesso spetta a te farmi visita. :-)
Approfondirò il concetto di sense of wonder dalle mie parti: ucronicamente.blogspot.com
Ciao e buona giornata.
OK!
RispondiEliminaRimango in attesa…
Una recensione molto bella, che condivido. Ho apprezzato molto il libro della Farris!
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