04 gennaio 2014

Letture: Moxyland, di Lauren Beukes

© giorgio raffaelli
Moxyland è stato il libro più sorprendente dell'anno scorso. Un romanzo di fantascienza da cui non mi aspettavo nulla di più di qualche bel panorama esotico e che invece s'è rivelato una delle migliori letture del 2013.
Moxyland mi ha riportato alle atmosfere del buon vecchio cyberpunk, sia quello del primo Gibson, sia quello apparentemente più scanzonato di Neal Stephenson. Ma tranquilli, non è stato il fattore nostalgia a farmi apprezzare Lauren Beukes. È stata piuttosto la sensazione di ritrovare su carta l'idea e la sostanza tangibile e vicinissima di un futuro possibile, un futuro i cui prodromi si vedono già qui fuori, facendo un giro in rete o accendendo la tv. Un futuro in cui la strada trova sempre un utilizzo delle nuove tecnologie, ma dove solo quelli autorizzati hanno una qualche speranza di sopravvivenza. Un futuro che per quanto appaia inevitabile, ha bisogno di essere in qualche modo esorcizzato, o almeno compreso.

Moxyland è ambientato a Città del Capo, Sudafrica. Per quanto periferica sia la collocazione geografica rispetto agli standard cui siamo abituati frequentando la letteratura di genere, la realtà della vita nelle strade o nei palazzi della città africana è immediatamente riconoscibile, figlia com'è di una globalizzazione tecnologica e aziendale che non permette ormai di distinguere dalla superficie i fermenti che agitano le metropoli del globo. I quattro protagonisti sono sintomatici di quest'aspetto della logosfera: Kendra è un'artista con qualche ambizione che accetta di sottoporsi a un programma di
marketing nanotecnologico e diventa il vettore di un nuovo stile di pubblicità virale. Lerato è l'ambiziosa impiegata di una megacorporazione decisa a far carriera a qualasiasi costo. Tendeka è un ribelle e un attivista, un uomo con un piano per smascherare l'ingiustizia del potere. È una bomba pronta ad esplodere: deve solo decidere se e quando fermarsi, prima che sia troppo tardi. A incrociare le loro strade c'è Toby, video blogger stronzo e opportunista, che nell'attesa di sfondare è disposto a tutto per ragranellare qualche soldo.

La realtà pervasiva in cui si muovono i nostri eroi è fatta di cellulari perennemente sotto controllo che sono anche espliciti strumenti di controllo sociale: o sei connesso e rispetti le regole o vieni fulminato e sei fuori, senza speranza di cittadinanza, in un un contesto che non permette ormai alcuna ribellione, con i confini tra poteri delle aziende e quelli dello stato orami talmente diluiti da risultare praticamente indecifrabili dal basso delle strade.
Lo scenario può forse ricordare quello ormai classico del cyberpunk ricordato all'inizio, ma da allora sono passati tre decenni e Lauren Beukes è decisamente aggiornata, non solo riguardo all'attualità di certe tendenze e alle prospettive che ci attendono, ma anche dal punto di vista prettamente estetico, vedi per esempio l'aspetto visuale del suo racconto. Una delle caretteristiche che distanziano immediatamente Moxyland dal cyberpunk sta nei toni con cui è ritratta la vicenda: per quanto perennemente oscuri, nel romanzo della Beukes i colori risaltano sfolgoranti delle tinte plasticose degli sponsor, della luce africana, dei colori degli schermi che trasmettono ovunque gli stessi messaggi rassicuranti.

© sconosciuto
Ma le qualità di Moxyland vanno oltre lo sfoggio di technobubble e l'originale sforzo creativo nel tratteggiare i nuovi aspetti repressivi di una società fondata sul dominio delle aziende. Sono piuttosto riconducibili all'abilità di Lauren Beukes nel condurre con mano sicura una vicenda complessa che si sviluppa su diversi piani narrativi, nel tratteggiare in maniera vivida e credibile il panorama urbano della metropoli nei suoi vari aspetti e, soprattutto, nella creazione dei suoi quattro protagonisti, tutti piuttosto lontani dall'idea tradizionale di (anti)eroe cui ci ha abituati la letteratura di genere di questi ultimi decenni. Che siano impiegati o artisti, blogger o attivisti, i quattro rappresentano esempi
diversi di strategie di sopravvivenza urbana in quesi primi anni del terzo millennio. Risultano memorabili per i loro difetti, nel loro porsi costantemente sullo stesso piano del lettore, per la quantità di cazzate che gli capita di combinare che va alla pari con la loro buona fede, a sottolineare una coerenza impeccabile nello sviluppo di caratteri e motivazioni.
La complessità di una realtà interconnessa sui più diversi livelli, in cui orientarsi è impossibile e l'overload sensoriale è il forse miglior sistema di controllo sociale, si rispecchia nel costante disorientamento di cui i personaggi sono vittime e nella loro incapacità di darsi riferimenti precisi, che quando anche ci provano sono destinati al fallimento.

Moxyland è un romanzo trascinante nello svolgimento e terrificante nelle conseguenze (quelle suggerite ancor più di quelle esplicite), un esempio perfetto di fantascienza al servizio del presente, in cui nel ritratto di una cultura futura si colgono i frutti del nostro quotidiano. Hai voglia a distogliere lo sguardo, quando tutto è architettato per attirare la tua attenzione.

4 commenti:

  1. Bello.
    Davvero.
    Quasi quasi lo leggo.
    Magari quando lo traducono... :(

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    1. I diritti dei romanzi della Beukes sono in mano al Saggiatore.
      Chissà, magari un giorno o l'altro…

      Tu, piuttosto, non avevi promesso libri a gogo sul tuo blog, a gennaio? Siamo già al sette, eh!

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  2. Mi segno il libro, visto che ci siamo potrei suggerirti di usare il programma di affiliazione ad Amazon in modo che se uno compra il libro passando dal tuo blog ti ricavi qualche cent.

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    1. Ti ringrazio per il suggerimento, ma non uso Amazon per i miei acquisti digitali (e nemmeno per quelli cartacei in lingua originale). Oltretutto, per quel che potrei mai guadagnarci, non ne vale comunque la pena.

      Moxyland però leggilo, che merita!

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