09 aprile 2013

Letture: I senza-tempo, di Alessandro Forlani

© giorgio raffaelli
Probabilmente I senza-tempo è stato il romanzo di fantascienza italiana di cui s'è parlato di più l'anno scorso. Vincitore del Premio Urania, collocabile dunque in una tradizione che negli ultimi anni non è stata delle più fortunate, il romanzo di Alessandro Forlani ha superato brillantemente le forche caudine della critica nostrana.
Se le recensioni positive superano ampiamente quelle negative, c'è da notare come queste ultime si siano soffermate soprattutto su due aspetti marginali de I senza tempo: la sua lunghezza (che il romanzo è invero piuttosto breve) e la sua collocabilità o meno all'interno del genere fantascienza.
Critiche dunque piuttosto trascurabili rispetto al testo dato alle stampe da Forlani, ma critiche in fondo condivisibili, se per voi collocazione di genere e quantità di testo sono aspetti importanti.
Per me non lo sono e se devo esprimere qualche nota critica mi piacerebbe piuttosto sottolineare gli aspetti che a fine lettura mi hanno suscitato qualche dubbio.

Le qualità del romanzo sono note: ottima scrittura, buon ritmo, personaggi ben caratterizzati, azione e orrore quanto basta. Quelli che per me sono i punti deboli de I senza tempo non riguardano quindi lo sviluppo narrativo del romanzo, né la sua capacità d'intrattenere il lettore o il suo valore letterario. I difetti hanno piuttosto a che fare con quello che da più parti è stato indicato come il "messaggio politico" del romanzo. 
I senza-tempo indica esplicitamente qual è, secondo l'autore, il problema principale della società italiana: la gerontocrazia imperante, che succhia energie alle nuove generazioni, ne impedisce l'accesso ai centri di controllo, governa in moto autoreferenziale e arbitrario le sorti della nazione. Le mie perplessità  riguardano la modalità scelta da Alessandro Forlani per presentare la problematica al lettore e la strategia di risoluzione drammatica adottata. Perché se è vero che lo stato della nazione è presentato nel romanzo in maniera credibile e controllato, è anche vero che il personaggio scelto per esprimere narrativamente l'orrore della gerontocrazia al potere è anche l'unico in tutto I senza-tempo che abbia un briciolo di carisma. Certo, Monostatos ha il piccolo difetto di essere cattivo cattivo (diavolo! mangia i bambini!) ma al confronto della manica di giovani sfigati che lo contrastano o dei vecchi barbogi che lo temono beh… ti vien da tifare per lui: è l'unico che sogna un futuro diverso, l'unico che lavora per costruirlo, l'unico davvero appassionato a quello che fa e beh… credo che in fondo sia anche l'unico a divertirsi.
Se questo aspetto del romanzo rischia di deviarne la prospettiva, lo sviluppo risolutivo della trama rischia di minarne la consistenza narrativa: come inserire nel contesto politico del romanzo la scelta di conferire ai media il potere di cambiare le cose? Dove ha vissuto l'autore negli ultimi vent'anni? Fortunatamente quest'aspetto della trama rimane piuttosto laterale, e il lettore può continuare a divertirsi seguendo le vicissitudini del giovane carrista nazifolle o della procace guerriera in costume, anche se arrivati in fondo rimane il sapore di un romanzo che, per quanto buono, non mantiene fino in fondo quanto promesso.
A corredo de I senza tempo, per rimpolpare un volume altrimenti un po' scarno, una serie di racconti collegati per ambientazione e tematiche al romanzo. I racconti si lasciano leggere, ma appaiono nel complesso piuttosto prevedibili e scontati. Unica brillante eccezione All'inferno, Savoia! che chiude in maniera memorabile il lavoro di Alessandro Forlani, coniugando storia alternativa, sviluppo drammatico, omaggi agli amici e un inferno che più barocco di così non si può.

Ultima annotazione sull'edizione del volume che m'è capitato di leggere. Mondadori ha distribuito I senza-tempo in ebook senza DRM (e questo è lodevole) con qualche mese di ritardo rispetto all'edizione cartacea, senza fornire alcuna informazione preventiva sulla data di uscita dell'edizione digitale. Sono mesi che la questione "urania in ebook quando come dove e perché" è in attesa di una risoluzione, ad oggi tocca ancora navigare a vista, arrangiandosi per la ricerca degli ebook urania nei vari negozi on-line, senza alcuna informazione certa da parte dell'editore su date di uscita e disponibilità dei vari volumi. Ormai non mi auguro nemmeno più che la situazione possa cambiare, ma da lettore mi pare doveroso segnalare il disagio, che a causa di questa politica editoriale ho rinunciato a titoli che altrimenti avrei letto con curiosità.

15 commenti:

  1. anche il mio giudizio era sostanzialmente positivo (pur avendo notato le due questioni "tecniche" che hai citato), ma la mia analisi non si era spinta fino al messaggio "politico". in effetti ora che mi ci fai pensare le cose si possono interpretare così. e volendo cogliere questo aspetto, forse anche l'idea che l'opposizione alla gerontocrazia possa essere solo l'utilizzo dei carri armati da parte di filonazisti non è proprio edificante...

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    1. Beh… il nazista è palesemente folle, per cui non starei troppo a preoccuparmi di quell'aspetto (che poi mica ha da essere edificante la lettura di 'sti libri!).
      Però è vero che avrei preferito una maggior consapevolezza e qualche grado di passione sociale in più (dopo tutto è Forlani che pone in primo piano l'aspetto politico del romanzo). Invece I senza-tempo è la cronaca di una resa, con l'autore a suggerire, neanche troppo implicitamente, che la ricerca di un posto tra la manovalanza gerontocratica è l'unica risposta, che 'sta gioventù, da sola, non ce la può fare.

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  2. Non sono completamente d' accordo con te, ne riparleremo quando i miei problemi di connessione si risolveranno.
    A la prochaine.

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    1. Quando voui io sono qui, che non mi tiro mai indietro dalla possibilità di una bella discussione!

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  3. "forse anche l'idea che l'opposizione alla gerontocrazia possa essere solo l'utilizzo dei carri armati da parte di filonazisti non è proprio edificante..."

    Saprete che è mia abitudine non intervenire mai nei post di recensione al mio lavoro, perché ritengo sacra l'opinione del lettore, quando ben argomentata.

    Ma stavolta, vi prego: non crediate che quello riportato sopra sia il mio pensiero neppure il più intimo e inconfessabile, eh?

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    1. :-)
      Non credo che quello sia il tuo pensiero, ma certo qualche dubbio su come trascorri le nottate c'è venuto!

      A parte gli scherzi, a me è parso evidente che la scelta di personaggi borderline - se non proprio completamente andati - fosse voluta e consapevole. Certo che tra loro e i vecchiardi non saprei quale sia l'alternativa peggiore).

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    2. non avevo notato la risposta qui, ma ho riposto sul tuo blog, quindi direi che siamo a posto così!

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  4. Ricordo che ne avevamo parlato tra un boccone e l'altro da Nick e vedo che sei riuscito a buttare giù la tua idea. Dopo che me l'avevi fatto notare, in effetti, il ragionamento mi è sembrato plausibile. Se il "Nazino" rappresenta l'ultima speranza, allora, siamo davvero cotti ;)
    Rimane che il romanzo ha uno stile lodevole e la volontà di battere sul sociale è da premiare.
    Poi a me, come sai, non è molto gradito questo genere di sf\horror ma è stata cmq una lettura piacevole.

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    1. Quello de I senza-tempo non è nemmeno il mio genere di fantascienza preferito, ma ho letto il romanzo volentieri, che Forlani scrive bene. Sul contenuto "politico" del testo mi piacerebbe discuterne con l'autore, che però mi pare piuttosto ritroso (vedi sopra…).
      Ma non si sa mai, che magari è solo timido. :-)

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  5. Fra le critiche più velenose e peggio argomentate ai Senza Tempo mi hanno soprattutto colpito quelle che alludono a una mia simpatia per la dottrina nazionalsocialista. Ovvero: hai scelto per protagonista un autistico filonazista e quindi anche tu, autore del romanzo, devi essere senza dubbio un destrorso xenofobo.
    Nell’attesa che la fama mi scagioni dal delitto (Ph Dick che ha scritto The Man in the High Castle; Robert Harris che ha scritto Fatherland; Jonathan Littell che scritto Les bienveillantes, per esempio, non sis sospettano di nazismo) cercherò di spiegare le mie scelte nel costruire il personaggio di Rommel.
    Nicolaj Mazepa alias Rommel - mi dispiace che nessuno fin qui l’abbia intuito: ma lo stesso sostengo spietatamente che la ragione è sempre del lettore, e il non essersi spiegato è una colpa dell’autore - avrebbe anche potuto essere, anziché simpatizzante nazista, un fanatico di militaria sovietica, appassionato dell'Armata Rossa e militante comunista-stalinista... o zarista, bonapartista, fan del Kaiser, islamico fondamentalista o guelfo o ghibellino. Ho scelto il nazismo, innanzitutto, per il ricorrere di quell’idea, nella storia letteraria “di genere”, come pensiero politico prestato al fantastico, all’assurdo e fantascientifico: la serie degli Indiana Jones; il recente Iron Sky; la saga di Hellboy... è un elenco infinito!; non per simpatia nei confronti del Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei.
    Da un punto di vista solo ed esclusivamente estetico, anch'io che come Rommel mi diletto di modellismo, collezione di soldatini, devo ammettere che i mezzi, le uniformi tedesche del 1939-'45 sono quelli che si prova più piacere a montare e dipingere. Chiedete agli appassionati di questo hobby e wargames: il modello di un Tiger, il grigioverde di uno stahlhelm hanno un "fascino" che prescinde dall'idea politica che quei mezzi, le armi e le uniformi purtroppo servirono.
    Il punto non è il nazismo; non penso né suggerisco assolutamente che l'atto eversivo di estrema destra, violenta e xenofoba, possa essere la risposta ai mali dell'attuale gerontocratica società. Rommel, come Nausicaa (che pure è "estremista" e moralmente discutibile: ma non ha suscitato nel lettore sospetti ideologici o timori di sorta), va piuttosto considerato per il suo essere borderline. Condizione, nel romanzo, di valore positivo: tant'è che non solo Rommel e Nausicaa distruggono Monostatos, ma avviano una campagna di epurazione dei Senza-Tempo che traduce in azione un pensiero di ribellione, resistenza; non eversione.
    Intendo con borderline, per esempio, il "non allinearsi"; un attivo anticonformismo; il rifiuto di certi assetti sociali avvertiti da Guy Debord e descritti da Roland Barthes. Un borderline che nel romanzo ho raccontato in maniera allegorica, al limite della "santa follia": in quanto, appunto, si tratta di un romanzo di narrativa fantastica.
    Penso, restando nell'ambito del politico (ma preferisco un pasoliniano civile), che i lettori cui mi rivolgo, i giovani, oggi, reagiscano a scossoni più surreali di quelli dei coetanei di 40 o 50 anni or sono: all'epoca era un eroe il viaggiatore di Jack Kerouac; ora si scende in piazza con la maschera di un personaggio di Alan Moore.
    La "gioventù che da sola non può farcela", piuttosto, è Daniele: colpevole per tutto il romanzo di un odioso menefreghismo (perciò l'ho condannato alla mannaia dei Senza-Tempo, e ho scelto di raccontarne la morte con la beckettiana indifferenza per la dipartita di Nagg in Finale di Partita.

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    1. Grazie per il tuo intervento Alessandro!
      Per prima cosa il nazismo: a me è parso evidente che la scelta di utilizzare tutto l'armamentario estetico nazi avesse una valenza provocatoria e spettacolare più che politica. Del resto Rommel calza quelle vesti come una maschera (alla pari di Nausicaa, con gli abiti fumettosi) e non c'è mai, in alcun punto del romanzo, una presa di posizione politica che avvalli in qualche modo l'ideologia nazista.

      Detto questo, a me pare che l'essenza borderline dei personaggi sia essenzialmente psicologica e che questo aspetto si rifletta in maniera decismaanete negativa - dal mio punto di vista - sul contenuto politico (civile, ok) del romanzo.

      Nausicaa e ancor pià Rommel sono personaggi emarginati dal consesso sociale non per scelta esterne (politiche) quanto per la loro condizione di disadattati (e hanno i loro buoni motivi per esserlo!). Nella loro azione di contrasto a Monostatos non c'è alcun connotato politico. La loro reazione è inevitabile dal punto di vista personale, ma il loro gesto si ferma alla sfera individuale senza coinvolgere in alcun modo la società che li circonda.
      Dall'altra parte la presenza di Monostatos, che è a tutti gli effetti la nemesi del romanzo, oscura, maschera e in qualche modo giustifica i veri responsabili della degenerazione sociale che caratterizza l'Italia del romanzo (e non solo quella, a quanto pare…).
      Sostituire il supercattivo figo alla malefica mediocrità quotidiana, funziona molto bene dal punto di vita narrativo, ma ottiene il risultato opposto dal punto di vista politico: ogni azione che non sia folle, individuale e spettacolare non da alcun risultato concreto. In altre parole aspettiamo un salvatore che altrimenti da soli non abbiamo speranze (che poi il ruolo sia subornato da Monostatos, beh… sono incerti del mestiere).

      Siamo più dalle parti di Hoollywood che di Pasolini.

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  6. "Nausicaa e ancor pià Rommel sono personaggi emarginati dal consesso sociale non per scelta esterne (politiche) quanto per la loro condizione di disadattati (e hanno i loro buoni motivi per esserlo!). Nella loro azione di contrasto a Monostatos non c'è alcun connotato politico. La loro reazione è inevitabile dal punto di vista personale, ma il loro gesto si ferma alla sfera individuale senza coinvolgere in alcun modo la società che li circonda."

    Vero. Ma io rifletto sul fatto che l'essere proprio malgrado emarginati da QUESTA società, in quanto agli occhi di essa "disadatti" per propri motivi, ormai sia condizione di merito. Se l'Italia dei CO.CO.PRO; dell'evasione e corruzione politica, le Belen, le Maria De Filippi, mi "rifiuta" a causa della mia particolarissima sensibilità... beh, davvero me ne dispiaccio?

    "Sostituire il supercattivo figo alla malefica mediocrità quotidiana, funziona molto bene dal punto di vita narrativo, ma ottiene il risultato opposto dal punto di vista politico"

    Questo lo prendo come complimento: significa che Monostatos come villain mi è riuscito davvero bene! :-D

    "ogni azione che non sia folle, individuale e spettacolare non da alcun risultato concreto. In altre parole aspettiamo un salvatore che altrimenti da soli non abbiamo speranze. Siamo più dalle parti di Hoollywood che di Pasolini."

    Anche Clara combatte Monostatos, con armi per nulla folli e spettacolari (a proposito: sì, NONOSTANTE gli ultimi 20 anni io credo ancora molto nel ruolo dei media); Caravà la aiuta con i suoi mezzi, che sono i mezzi del "sistema". Monostatos cade sotto l'assalto di rappresentanti/ze diverse della società: Rommel e Nausicaa gli ficcano la bomba in gola, ma è Clara a condurli nel suo covo e incoraggiarli alla responsabilità del passato.
    Infine: siamo una generazione che ha visto più film di Hollywood o letto più libri di Pasolini? ;-)

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    1. "Ma io rifletto sul fatto che l'essere proprio malgrado emarginati da QUESTA società, in quanto agli occhi di essa "disadatti" per propri motivi, ormai sia condizione di merito."

      Faccio fatica a riconoscere qualche merito alla condotta esistenziale (chiamiamola così) di Nausicaa o Rommel. Di più: loro non sono emarginati "loro malgrado", sono vittime di un evento di cui la società non ha alcuna responsabilità. Ma questo è discorso che conduce troppo lontano rispetto alla questione in discussione.


      "Monostatos come villain mi è riuscito davvero bene!"

      Monostatos è tanto figo, troppo probabilmemte, tanto che ruba la scena a quello che m'è parso di capire fosse il cuore "poitico" del romanzo.


      "Anche Clara combatte Monostatos…"

      Non ho volutamente parlato di Clara nel post e nei commenti perché temo che sia lei il vero punto debole del romanzo. Se Monostatos deve essere sopra le righe e il comportamento e le personalità di Rommel, Nausicaa e Daniele risultano credibili proprio per il trauma che hanno subito, il personaggio di Clara suoma invece per tutto il romanzo come troppo comodo (dal punto di vista dell'autore) per sviluppare i tempi morti, raccontare lo sfondo, far evolvere il quadro generale. Clara è l'unica voce stonata del romanzo, fortunatamente non ruba troppo la scena agli altri. Ma ogni sua scelta, ogni sua azione, per quanto ben gestita, è troppo necessaria per risultare davvero credibile.
      E non parliano di Caravà, che ha tutto per essere uno dei vecchi dietro le quinte e invece gioca dall'altra parte.
      mmmm…

      Non vorrei però apparire eccessivmente critico: il personaggio di Clara è fondamentale nella gestione della storia, e credo che non se ne possa proprio fare a meno. È nell'ottica di una lettura politica del romanzo che diventa insopportabile.


      "siamo una generazione che ha visto più film di Hollywood o letto più libri di Pasolini? "

      Eh! Sei tu che hai tirato in ballo Pasolini, io l'ho solo ricordato.
      È indubbio: abbiamo visto più film di Hollywood che di Pasolini, ma questo non significa che ne condividiamo la visione politica. No?

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  7. Vado momentaneamente OT, ma poi rientro in carreggiata - ho appena finito di leggere Die Glocke, di Barry Reese, un buon romanzo di fantascienza avventurosa con elementi lovecraftiani, ambientato fra 1936 e 1937.
    Non un pilastro della letteratura, ma un piacevole intrattenimento.
    Beh, a un terzo della storia, uno dei protagonisti - un ufficiale delle SS - passa dalla parte dei nostri eroi.
    MA non ripudia la propria natura di nazista - nel senso che difende la figura di Hitler e assicura i propri dubbiosi nuovi amici che "nei prossimi anni vedrete di cosa è capace il Furher!", e ritiene che combattere il Male sia in fondo il dovere di ogni buon figlio del Reich.
    Ora, l'autore non è certamente filonazista, ma l'effetto generale è notevole.
    C'è il livello ironico (ahimé, negli anni a venire si vedrà eccome), c'è il livello "ideologico" (una persona decente può essere abbindolata dalla retorica), c'è il livello "morale" (il personaggio in questione avrà modo di vedere la verità e capire la propria follia), c'è la meccanica interna alla storia (inserire un nazi fra gli eroi crea tensione nel gruppo) e c'è la meccanica esterna (il lettore viene spiazzato, le sue aspettative vengono disattese).
    In altre parole: forse l'idea migliore del romanzo - e un gran bel personaggio da leggere (e da scrivere, immagino).

    Con questo voglio dire che applicare un filtro esclusivamente... bah, chiamiamolo "mondano", agli elementi di una storia di immaginazione può essere divertente, ma di solito è stupido.
    Ciò che conta è l'effetto generale.
    Nel romanzo di Alessandro Forlani, è l'insieme che deve essere pesato - non i singoli elementi.
    Come panorama di un mondo corrotto, la presenza di eroi "spiacevoli" è perfettamente legittima e funzionale - anche perché, se vogliamo, il Male incarnato dal cattivo di turno è in fondo anche all'origine della natura degli eroi quel Male stesso dovranno debellare e affrontare.
    Il che non è poi un'idea così debole o barbina - imparare a sfruttare le nostre debolezze per sconfiggere le circostanze che quelle debolezze ce le hanno imposte.
    Roba tosta - e vagamente pericolosa.
    Scrivere è correre dei rischi.
    Scrivere narrativa d'immaginazione è correre dei grossi rischi.

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    1. Credo anch'io che dopo Monostatos, che essendo il supercattivo DEVE essere figo, i personaggi creati da Alessandro siano tra i migliori di cui io abbia mai letto in un romanzo italiano di genere. E lo sono proprio per la loro credibilissima follia, per i loro limiti e per le loro caratteristiche specifiche che li rendono al contempo immediatamente riconoscibili e tridimensonali.

      In effetti non vorrei che questa discussione sui limiti del contwnuto "serio" del romanzo ne contaminasse le qualità letterarie. I senza-tempo non è un libro perfetto, i difetti "tecnici" ci sono e sono stati fatti notare. Ma è comunque meglio della stragrande maggioranza della roba italiana mi sia capitato di leggere negli ultimi anni.

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