12 novembre 2012

Letture: Take Back Plenty, di Colin Greenland

© giorgio raffaelli
…e poi ci sono romanzi come Take Back Plenty, circondati da un'aura di aspettative cresciute man mano che ti ci avvicini. Romanzi che, per quanto siano sconosciuti in questo piccolo angolo del cosmo, quando te li ritrovi nominati tra  i migliori libri di fantascienza degli ultimi vent'anni da amici come Davide Mana o Marco, che godono di ottima reputazione per competenza e passione e gusto, non puoi proprio fare a meno di cercare e leggere. Romanzi che però, quando arrivati in fondo ti lasciano un po' in imbarazzo, che - ehi! - io non è che mi sia divertito troppo tra le loro pagine, sono fonte di infinite riflessioni (beh… ok, si fa per dire) sulla natura del gusto e su come si declini in decine di variabili anche tra amanti di uno stesso corpus letterario.

Take Back Plenty è un romanzo del 1990 che all'epoca vinse in terra britannica un paio dei premi letterari più prestigioso. Il suo autore, Colin Greenland, ha scritto un'altra manciata di romanzi, mai pervenuti in italia, ed è, tra le altre cose, un rinomato critico letterario (oltre a essere il compagno di Susanna Clarke, autrice che qui gode di altissima stima).
Take Back Plenty è space opera del genere più classico. L'azione prende le mosse su Marte, dove si fa immediata conoscenza della protagonista del romanzo, il capitano Tabitha Jute. Tabitha comanda una nave da trasporto dotata di una sua peculiare personalità, e si trova coinvolta suo malgrado (chi l'avrebbe mai detto!) in una serie di (dis)avventure in giro per un sistema solare frequentato da razze aliene, con pianeti e satelliti popolati da una varia fauna di cittadini più o meno privilegiati, tutti comunque sottomessi ai Capellani, che qualche decennio prima hanno pacificamente occupato questa porzione di galassia, dettando le regole e limitando la libertà di movimento agli indigeni che sono ora bloccati all'interno del sistema solare.
Take Back Plenty ha il passo della fantascienza più tradizionale, quella che procede per accumulo progressivo di eventi, ambienti, incontri e scontri, dove più che viaggiare in profondità (nella resa di personaggi, società, relazioni) ci si muove tra una quantità di elementi e suggestioni e dove il focus è sempre esclusivamente sul protagonista e i suoi colorati compagni di viaggio. 

Devo averlo già scritto da qualche parte: la space-opera non è mai stata tra le mie letture preferite. Sono riuscito ad apprezzarla solo quando s'è rivestita di abiti più attuali e quotidiani e al contempo più spettacolari (penso a Iain M. Banks, o a Charles Stross) o quando ha tentato di portare le sue suggestioni tipiche (l'esplorazione dello spazio, la ricerca di strani nuovi mondi) fino all'estreme conseguenze (Greg Egan, ovviamente).
Take Back Plenty soffre il tentativo di innestare su un impianto classico una gruppo di personaggi che mi son sembrati (per atteggiamento, motivazioni, interazioni) tra i più noiosi e insulsi mi sia capitato d'incontrare tra le pagine di un libro d'avventure. Se dal punto di vista intellettuale posso apprezzare l'impegno dell'autore a renderli reali, e quindi difettosi, o ad assegnarli un destino del tutto coerente alle loro azioni,  quando in un romanzo simile non riesci ad appassionarti al destino del protagonista (e tantomeno ad immedesimartici), beh… è difficile non trovare anche gli altri elementi della narrazione stucchevoli o comunque poco interessanti. Per fortuna Colin Greenland è un autore capace: in Take Back Plenty le trovate non mancano e tra il susseguirsi di sorprese e colpi di scena, inseriti in un plot che non sbanda mai dal binario principale mantenendo dall'inizio alla fine una sua coerenza e una sua compattezza narrativa, la lettura procede agevolmente fino alla cataclismatica conclusione della storia.
Capisco dunque il gradimento espresso da più parti per questo romanzo. In effetti, se vi piacciono le atmosfere della space opera tradizionale, è probabile adorerete anche Take Back Plenty, ma se i vostri riferimenti fantascientifici sono altri, beh… forse è meglio lasciar perdere.

8 commenti:

  1. Non ti è simpatica Tabitha Jute?!
    Oh, che dolore.

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    1. Beh… non mi è nemmeno antipatica. È un pochino anonima, ecco.

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    2. Povera Tabitha.
      Io tanto anonima non la trovo, ma chissà.
      Francamente, quando lessi il romanzo all'epoca (mi procurai Take Back Plenty quando uscì Seasons of Plenty, quindi sarà stato il '92 o '93), mi parve un personaggio abbastanza interessante e ben delineato.
      Anche se francamente rimasi molto più preso dall'universo in cui si muove (e che andando avanti con la serie si complica ulteriormente).
      Felice comunque che tu non abbia trovato il romanzo una perdita di tempo.

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    3. Il romanzo non è una perdita di tempo, ma ecco, mi aspettavo qualcosa di più potente.
      Forse sono gli anni passati da allora, non so, ma la struttura classica, le dinamiche tradizionale (è pur sempre space opera) insieme a 'sti personaggi che urlavano anni '80 a ogni scena, beh… ho trovato il tutto un po' stucchevole.

      E poi sì, il mio interesse nei confronti di Tabitha è rimasto sempre molto molto basso: mi sembrava tanto priva di personalità quanto in balia costante degli eventi. In tutto il romanzo non prende una decisione consapevole che si auna, ma si trascina da evento a evento, in uno stato di costante emergenza appoggiandosi ora ad uno ora all'altro.
      Va bene porre sotto i riflettori una donna normale, ma - ehi! - stai scrivendo space opera, mica melodramma esistenziale britannico.

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  2. Purtrop for me legging in inglish is not again in my cords. I pass ;)
    It will be for another volt...

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    1. Non sono mica sicuro di aver capito…
      Non ti andavano bene i leggins (di tua moglie?) mentre ti arrampicavi sulla corda?
      Poi c'è quell'oscuro riferimento elettrico: mentre passavi hai preso la scossa? Nel caso, beh… mi spiace.

      :-)

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