30 agosto 2012

Letture: Murakami, Lindqvist, Murgia, Walton, Lansdale.

© giorgio raffaelli
Benritrovati! Le vacanze son finite già da qualche giorno, ma ho esitato un po' a farmi vivo qui dentro. Quando il blog rimane fermo per più di una settimana faccio sempre fatica a riprenderlo in mano. C'è l'inerzia della pigrizia estiva, la timidezza del rifar vedere la propria faccia virtuale in giro dopo tanto tempo, e poi c'è la quantità di cose di cui vorresti parlare e che fai fatica a mettere in fila.
Per uscire dall'imbarazzo partiamo con una raffica di note sulle letture dei mesi passati. Ho in saccoccia qualche decina di recensioni (chiamiamole così, per questa volta) appena abbozzate. Se aspetto di svilupparle per bene il blog rischia di morire d'inedia. Ho deciso quindi di spararne qualcuna in una serie di post cumulativi. Se poi qualcuno di voi là fuori avesse voglia di discutere di questo o quel romanzo, non ha che da dirlo, e se ne può parlare in maniera più diffusa e approfondita.


Murakami Haruki - Kafka sulla spiaggia
Finalmente Murakami Haruki ha ricominciato a raccontare storie capaci di emozionarmi come quelle dei suoi esordi; finalmente ci sono personaggi riconoscibili, vivi, vitali; finalmente l'autore giapponese ha trovato una via d'uscita dal vicolo cieco solipsista ed etereo di almeno un paio dei romanzi che hanno preceduto Kafka sulla spiaggia.
Kafka sulla spiaggia è un'ode alla marginalità. Nei romanzi di Murakami essere esclusi dal consesso civile non è una condanna ma una benedizione: permette una libertà limitata solo dai vincoli (amore, abbandono, dolore e altre inquietudini) che i personaggi si impongono e con cui si confrontano per tutto il corso della narrazione. E lo sconfinamento della vicenda nel fantastico, ambiguo, quasi ipnotico, sempre necessario, non è altro che un'altra possibilità che ci offre il nostro quotidiano, individuale, solitario punto di vista sulla realtà.
Mi piace Murakami, mi regala una serenità che non trovo altrove.


John Ajvide Lindqvist -L'estate dei morti viventi
"Scrivo versi tra i non morti nella fase REM"
Queste parole da un pezzo di Salmo (Prima di dormire) non smettono di risuonarmi in testa ogni volta che ripenso al romanzo di John Ajvide Lindqvist.
Non so cosa me le faccia accostare a L'estate dei morti viventi, che in fondo i due testi c'entrano ben poco uno con l'altro. Forse l'atmosfera di tranquilla disperazione, la rassegnazione a una sconfitta che non è una resa, ma nasce dalla consapevolezza di essere minoranza isolata, o forse è solo la mescolanza bastarda di riferimenti narrativi e musicali… (che poi vogliate leggere queste parole in riferimento al romanzo, all'hip-hop italiano, o alla nostra natura di lettori di genere, beh… fate voi.)
Non sono avezzo ai topoi dell'horror. Gli zombi li conosco, come la maggior parte di voi, per qualche frequentazione cinematografica e per la loro ubiquità mediatica, ma non sono un esperto. Non so quindi dove collocare L'estate dei morti viventi nel panorama dell'horror contemporaneo. Di sicuro so che m'è piaciuto parecchio, forse per il tono quieto, senza strepiti o urla, con cui è narrata la solita storia di zombi, o forse per la capacità di affrontare il tema dei non-morti non eccedendo in facili simbolismi o metafore sociali, ma riuscendo comunque a parlare di scienza e religione e politica e sentimenti, non perdendo mai il fuoco sui personaggi, sulle loro storie, e sull'orrore che li circonda.
Per finire un ringraziamento a Elvezio Sciallis: è la sua recensione che mi ha spinto verso L'estate dei morti viventi. (E se per caso in questo grazie ci leggi un sottile invito a riprendere a parlare di libri, beh… cosa stai aspettando?)


Michela Murgia - Accabadora
Erano anni che giravo intorno a questo romanzo. Me ne avevano parlato bene in tanti, ma la politica dei prezzi Einaudi mi ha tenuto lontano da 'sto libro per un sacco di tempo. (Non compero romanzi che costino più di 12/15 euro, Vendere le 164 pagine di Accabadora a diciotto euro a me pare un latrocinio.)
Nel 2011 è uscita però un'edizione economica del volume, ed eccomi quindi qui a parlarne.
Accabadora merita tutti i riconoscimenti che ha avuto. È un ottimo romanzo da tutti i punti di vista: c'è la ricostruzione storica (la campagna sarda, la Torino anni '50); la tridimensionalità dei personaggi, che son tanto veri e vicini che è difficile metterli da parte una volta concluso il romanzo; una scrittura asciutta e coinvolgente; la possibilità di riflettere tra le righe della storia di condizione femminile, di etica, di scelta e di destino; una trama solida, con mistero, dramma e passioni, ottimamente gestita e risolta.
Io però non posso a fare a meno di chiedermi com'è possibile che un'autrice trentenne, capace e sensibile come Michela Murgia, debba ritrovarsi a scrivere l'ennesima storia sul passato che mai più ritornerà? Perché qua da noi non si riescono a leggere storie altrettanto profonde e interessanti di questa Accabadora capaci però di riflettere sul nostro futuro? Sarà solo un'impressione - smentitemi se potete! - ma perché in Italia non siamo capaci di mettere il nostro passato in un angolo e vedere quel che c'è più avanti? Domanda retorica, lo so, ma quale occasione migliore per riproporla?


Jo Walton - Tooth and Claw
Avete presente quelle storie fine ottocento, tipicamente inglesi, con la classica famiglia in difficoltà, il padre improvvisamente scomparso, le figlie da sistemare, i fratelli su cui si può contare fino a un certo punto, un nobile malvagio all'orizzonte e poche speranze di salvezza, vincolati come sono tutti alla rete di convenzioni sociali che legano e immobilizzano qualsiasi tentativo di cambiamento, con magari la brezza lontana di una rivoluzione alle porte? Lo sviluppo di una storia simile può sfociare in dramma o risolversi in commedia, ma ha tutta l'apparenza, riproposto qui e ora, di una vicenda stucchevole e retorica.
Jo Walton però ne sa una più del diavolo e su questa struttura opera un unico magnifico cambiamento, sufficiente a rendere entusiasmante la lettura di Tooth and Claw: tutti i protagonisti di questa saga familiare sono draghi. Sì, proprio draghi: vari metri di lunghezza, ali, artigli e zanne.
La conseguenza più immediata di questa scelta è che la struttura della società in cui i draghi vivono non è definita (solo) da vincoli sociali, ma bensì fisici: le dimensioni contano.
Ma Jo Walton non ha alcuna intenzione di scrivere una parodia: il meraviglioso lavoro di world building che sta alla base della vicenda ne è la prova più evidente, così come la sensibilità nella creazione e nella gestione dei personaggi. Come nella miglior tradizione del romanzo ottocentesco ci sono momenti esilaranti, altri piuttosto drammatici (e screziati di una certa vena granguignolesca che non stona per nulla, visto il contesto). La scelta di attenersi al registro della commedia romantica non impedisce all'autrice sottili osservazioni sui rapporti tra i sessi o le strutture di potere, che avvicinano il mondo dei draghi a realtà più prossime all'esperienza del lettore.  
Tooth and Claw è un romanzo fantasy, non ci sono dubbi, ma un fantasy piuttosto diverso da quelli che si trovano solitamente nelle nostre librerie. Da leggere, e goderne pagina dopo pagina.


Joe Lansdale - Sotto un cielo cremisi
Hap Collins e Leonard Pine hanno cambiato editore italiano, ma la sostanza non cambia. Nonostante gli anni passino e gli acciacchi dell'età comincino a farsi sentire, il duo più famoso del Texas orientale continua a far danni. Nonostante il ritmo non sia più quello dei tempi d'oro, e alcuni momenti e situazioni risultino forzati, Hap e Leonard tengono botta anche Sotto un cielo cremisi, sorretti dal mestiere di Lansdale e dalla potenza di fuoco che schierano contro un mondo sempre più brutto e cattivo.
Era da qualche anno che non leggevo nulla del mio autore texano preferito, forse potevo scegliere un romanzo migliore, ma oh… Joe Lansdale non riesce proprio a deludermi.




8 commenti:

  1. Toh, coincidenza vuole che anch'io abbia letto L'estate dei morti viventi quest'estate, romanzo davvero molto bello proprio per quello che dici tu, una narrazione calma senza urla e badilate di sangue, una ricostruzione drammatica di un evento trattato anche con una certa originalità, capace di rilasciare, tra l'altro, un'atmosfera inquietante mica da poco nella parte della cittadina abitata dagli zombie... :)

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    1. La città fantasma trasformata in ghetto per i non-morti è forse l'invenzione più felice del romanzo. Almeno tanto quant'è da brividi la descrizione dei parenti in visita.
      Grazie al lavoro di Lindqvist. l'idea che abbiamo della realtà svedese subisce una brusca sterzata ed è questo probabilmente il pregio maggiore de L'estate dei morti viventi.

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  2. Il libro della Walton mi incuriosiva.
    Ora so che dovrò meterlo in lista per le lunghe notti d'inverno.
    Grazie della segnalazione.

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    1. Felice di essere riuscito a suggerirti una lettura, che di solito succede il contrario! :-)

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  3. Tu sei un maledetto!
    Lo sai? :D
    Non mi puoi lanciare così tanti spunti interessanti (e così diversi ) in un unico post! :D
    Adesso minimo li devi sviluppare tutti quanti! Lol
    Veniamo a qualche spunto :
    - Accabadora.
    Abbiamo perso lo stimolo a comprendere il presente,figuriamoci analizzare il futuro. Anzi, peggio! Il.presente ci fa paura,siamo avvitati su noi stessi da almeno un ventennio, solo che adesso ce ne stiamo rendendo conto.
    Logico quindi ripiegare verso un passato visto comunque - con tutti i suoi problemi - come un qualcosa di più comprensibile e affidabile.
    Tieni presente che ho detto logico...non certo giusto!
    - L ' Estate dei Morti Viventi.
    Lindqvist ha uno stile tutto suo,quasi,minimalista che però ti prende poco a poco e quando te ne accorgi sei giá preso dalla storia e dalla narrazione.
    Una sorta di "acquired taste " molto molto pervasivo.
    Anche io vorrei che Elvis tornasse a scrivere di libri.
    E adesso non perdere tempo! Torna a scrivere i tuoi post! XD

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    1. Visto il mese in arrivo sarà difficile comporre post particolarmente corposi (per me settembre è il più impegnativo dei mesi), ma qualcosa arriverà.
      Per quanto riguarda Accabadora, quello che non finisce di stupirmi, è che un romanzo italiano per diventare importante, sembra debba per forza svilupparsi nel passato. Il dubbio è che romanzi altrettanto validi, ma scritti con lo sguardo rivolto al futuro, esistano pure, solo rimangono nascosti al radar, viaggiando sotto quella soglia minima di lettori che ne permetterebbe la rilevazione alla maggior parte del pubblico.

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  4. Murakami mi fa venir voglia di seviziare gattini ;)

    Ai tempi avevo letto Il Porto degli Spiriti, quello che aveva raccomandato Elvezio, e mi era piaciuto abbastanza.
    Quest'anno ho letto Lasciami Entrare. L'approccio di reinvenzione del soprannaturale calato in un contesto realistico - periferia degredata, villaggio di pescatori - è molto simile.
    Ma è anche chiaro che a lui piacciono gli Smiths, non l'hip-hop ;)

    Ho trovato un Accabadora usato, prima o poi lo leggerò. Per quel che riguarda i "Romanzi che riflettano sul futuro" sono romanzi di fantascienza: cerca quindi fra i finalisti al Premio Urania.
    Di romanzi che riflettano sul passato recente (che se inizi a scrivere un romanzo sul presente, quando lo pubblichi probabilmente è già passato) ce ne sono - per esempio Acciaio di Silvia Avallone è stato parecchio strombazzato un paio di anni fa, ed è arrivato secondo allo Strega. Non sembra però vi siano capolavori nascosti.
    D'altra parte compito della letteratura è andare in profondità - occuparsi dell'attualità è prerogativa del giornalismo.


    La parte legittima del tuo commento potrebbe essere riformulata così:
    "Come mai, in un momento di crisi, cambiamenti sociali, etc, così poca letteratura sembra affrontare la sfida del presente?"
    Non è certo un problema solo italiano, anzi. Ogni anno quando escono le liste del Booker Prize ci sono commenti e reazioni su quanto i romanzi siano backward-looking o scollegati dalla realtà della maggior parte della gente.
    All'estremo opposto, nel mio tumblr a breve inserirò un miniblocco di autori di lingua tedesca - la fine dell'Impero Austro-Ungarico ha dato origine ad alcuni dei più grandi capolavori del secolo scorso. Può essere interessante riflettere sul perché le crisi della nostra epoca non siano altrettanto feconde.

    Mi piace un po' meno questa specie di censura nei confronti di una ragazza di trent'anni perché guarda al passato. La funzione originaria della letteratura era tramandare memorie che altrimenti sarebbero andate perse. E se uno non scrive del passato perché è più facile o tira ma perché sente sinceramente importante quest'aspetto di memoria (come sembra sia il caso della Murgia) non credo ci sia da sindacare. (Poi se non sbaglio ha anche scritto un romanzo sul precariato).

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    1. "Murakami mi fa venir voglia di seviziare gattini"

      Ehi! Ma allora lo hai letto!


      "Ai tempi avevo letto Il Porto degli Spiriti…"

      Non ho letto i due titoli che citi (anche se di Lasciami entrare ho visto l'ottimo film svedese), ma mi pare di poter dire che L'estate dei morti viventi rappresenti un ottimo secondo tassello nell'opera di (ri)costruzione delle fondamenta dell'horror che sta tentando Lindqvist.



      "D'altra parte compito della letteratura è andare in profondità - occuparsi dell'attualità è prerogativa del giornalismo."

      D'accordissimo, per questo mi aspetterei uno sguardo più aperto, che coniughi una prospettiva più ampia e sviluppi più spericolati nella rappresentazione della nostra realtà. Insomma a me pare che se focalizzarsi costantemente sul passato riduca i rischi creativi, rende al contempo più statica e conservatrice (a prescindere dall'orientamento politico degli autori) la visione che offre del nostro panorama.


      "Non è certo un problema solo italiano, anzi. Ogni anno quando escono le liste del Booker Prize ci sono commenti e reazioni su quanto i romanzi siano backward-looking o scollegati dalla realtà della maggior parte della gente."

      In effetto non è molto consolante…
      Del resto se ripenso alle antologie di nuovi autori anglosassoni lette negli ultimi anni, chi dimostrava un'attenzione e una sensibilità maggiore era chi anglosassone lo era d'adozione o si limitava ad usare il linguaggio del paese che lo ospitava. Qualcosa vorrà pur dire.


      "Mi piace un po' meno questa specie di censura nei confronti di una ragazza di trent'anni perché guarda al passato."

      No, aspetta, forse mi sono spiegato male, come cercavo di precisare anche nella risposta a Nick, non è tanto all'autore che attribuisco la responsabilità della situazione, quanto proprio alla scena letteraria italiana (non saprei come altro definirla), che mi pare riservi molta più attenzione e plausi a chi indaga la nostra storia piuttosto che non le nostre prospettive attuali e future. Poi magari mi sbaglio ed è la mia di prospettiva a essere viziata. Ma le smentite tardano ad arrivare…
      Michela Murgia fa bene a scriver di quel che le interessa, ci mancherebbe. Del resto, come noti anche tu, la sua attenzione non è esclusivamente rivolta al passato.

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