17 marzo 2008

Il samurai di Melville


Originally uploaded by Bally_Hoo.
Questo post è un po' un azzardo. Lo è per una serie di motivi che si possono riassumere nella mia ignoranza del contesto in cui va collocato il tema del post stesso. D'altra parte chiacchierare di cinema è un passatempo interessante, in cui nessuno, per quanto titolato, ha ragione a prescindere. Un campo in cui la verità è solo un'opinione, tanto più credibile quanto più coerenti saranno le parole espresse con quanto effettivamente visibile nel film oggetto del discorso.

Se son qua a parlare del samurai di Jean-Pierre Melville (anche se in qui da noi è passato con il roboante titolo di Frank Costello, faccia d'angelo) è grazie alla visione di di Non è un paese per vecchi e alla successiva discussione con Alessandro Baratti che nella sua recensione (Money for Nothing) suggeriva curiosi paragoni tra il film dei fratelli Coen e il noir anni '60 del francese.
Il paragone era suggestivo, ma del cinema francese di quegli anni non so praticamente nulla (ok, i nomi grossi li conoscono tutti, ma io di film dell'epoca ne avrò visti in tutto una decina…) e quindi via, guardiamoci 'sto Melville.

Prima di chiedere ad Alessandro cosa si fosse fumato per azzardare un parallellismo tra Melville e i Coen che nemmeno Nadia Comaneci, devo comunque ringraziarlo per l'opportunità che mi ha dato di conoscere Frank Costello. Uno di quegli incontri che poi ti chiedi come hai fatto a non averlo mai sentito nominare prima.
Perché una cosa va detta subito: Le Samuraï (titolo originale del film di Melville), è tra i film più cool sia dato di vedere. Ogni dettaglio, dal protagonista, al suo abbigliamento, dalle stanze d'albergo desolate al night club, fino ai poliziotti e ai mandanti, sbarluccica di tale fighitudine che rischia seriamente di abbagliare lo spettatore. Non una parola di troppo, non un gesto inutile, le facce da duri e la sigaretta sempre accesa. Accidenti! Se non fosse stato per quel goffo tentativo di intercettazione ambientale, che strappa un sorriso, e per quel maledetto uccello in gabbia, che invece suscita sensazioni opposte, il film è di una glacialità da lasciare senza parole.
Ecco, forse questa freddezza di esecuzione è la vera forza di Melville, ed ecco anche il motivo per cui ogni paragone con il cinema dei Coen mi pare fuori luogo.
Ma come? non è proprio la freddezza una delle caratteristiche dei fratellini americani? Certo, solo che l'utilizzo che ne fanno è antitetico rispetto a quello del francese.
I fratelli Coen fanno letteralmente di tutto per lasciar fuori le emozioni dai loro film, l'incapacità di sentire è una caratteristica fondante del loro cinema, l'assenza di qualsiasi coinvolgimento, il muoversi pressoché casuale dei loro personaggi è finalizzato al caos, che per gli autori mi pare sia il carattere qualificante tutta l'umana esistenza.

Tutto il contrario insomma della prospettiva di Melville. Per il regista francese i silenzi, l'incapacità di relazione, la solitudine non fanno che accentuare il profondo romanticismo del suo protagonista. L'ossessione per il controllo totale (si dia un'occhiata agli improbabili mazzi di chiavi che i personaggi si portano in giro), la ricerca dell'esecuzione perfetta, la mancanza di qualsiasi dettaglio superfluo, l'algida sensazione di assenza supportata da una fotografia che privilegia i toni freddi del blu e del verde, sono alcune degli indizi che l'autore semina lungo il percorso per confermare nello spettatore la presenza di uno schema, di una logica magari oscura, che permette però di trovare un senso ultimo alla vita dei suoi personaggi. Lo stesso finale non fa che confermare la necessità di un codice a cui rapportarsi, che possa dare un senso "oggettivo" alla propria esistenza altrimenti vuota.

In definitiva a me pare che Melville svuoti il film per renderlo il più pieno possibile, mentre i Coen li riempiono di ogni dettagli, anche il più superfluo per mettere in scena tutta l'assenza di senso di cui sono capaci.
Non potrebbero muoversi su binari più diversi. Chissà se la loro destinazione è la stessa?

3 commenti:

  1. Questa tua recensione mi ha proprio arrapato.
    Recupererò la pellicola.

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  2. Yep!
    zio gil, tu mi fai felice!
    :-)

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  3. Un po' quella signorina ne "L'uomo che non c'era", tanto per chiudere il cerchio :-D

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