17 febbraio 2017

Letture: Absolutely Nothing, di Giorgio Vasta e Ramak Fazel

Proseguo la carrellata sulle migliori letture fatte nel 2016 (lo so, siamo già a febbraio, ma dopo questo ne manca solo una…), brevi flash per ricordare e riflettere sui libri che ho letto, e magari offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).

Oggi si parla di Absolutely Nothing - Storie e sparizioni nei deserti americani, di Giorgio Vasta e Ramak Fazel.

Absolutely Nothing, Storie e sparizioni nei deserti americani è forse il libro più sorprendente letto nel 2016. Non è un romanzo, piuttosto un curioso ibrido tra diario di viaggio, saggio psicogeografico sul sud-ovest degli Stati Uniti, parabola metafisica e pop sull’immaginario (cannibale) e la realtà (immensa) che circonda come un territorio alieno i protagonisti di questa sorta di esplorazione, vagabondaggio, vacanza in uno dei territori più frequentati dall’immaginario occidentale.

Giorgio Vasta, in compagnia del fotografo Ramak Fazel e dell’editore Giovanna Silva partono per due settimane on the road alla ricerca degli spazi conquistati, abitati e poi abbandonati ai margini del deserto americano. Si parte da improbabili progetti di urbanizzazione turistica, si esplora quel che rimane dei sogni di divertimento eretti come cattedrali nel deserto, si visitano vecchi siti minerari e comunità sopravvissute alla fama improvvisa e al rapido declino di qualche apparizione cinematografica. Si passa per Roswell e si arriva fino a New Orleans. In mezzo incontri con personaggi che sopravvivano, resistono e prosperano (si fa per dire…) ai margini del grande sogno americano.

Foto di Ramak Fazel

A condire il racconto il rapporto con il viaggio e l’immaginario americano delle voci narranti, con un Giorgio Vasta abbacinato e disperso, Ramak Fazel portatore di una vaga vena di scazzo e divertimento, e Silva nel ruolo di voce enciclopedica e guida razionale al viaggio d’esplorazione.
Ai margini del racconto la famiglia antropofaga che imperversa alla periferia della visione, nutrendosi delle stesse immagini che ha contribuito a creare, e le felici citazioni del testo che forse più si avvicina al mood di questo viaggio, quel Continuum di Gernsback di William Gibson che narra in forma di racconto quei sogni di un futuro passato di cui il deserto americano sembra non possa fare a meno di continuare a cibarsi.

Absolutely Nothing è un libro sorprendente perché, nonostante non aggiunga nulla di nuovo alle riflessioni che qualsiasi viaggiatore che si muova consapevolmente in quelle lande (che i viaggi siano virtuali o reali non è importante) si trova costretto a fare (è una questione di dimensioni, che un paesaggio così enorme ha bisogno di una lettura che aiuti a circoscriverlo, pena la perdita di qualsiasi punto di riferimento), ne da un’interpretazione in perenne fase discendente, senza enfasi, senza retorica, senza epica. Ed è un approccio raro e prezioso, affrontando certi spazi che, ormai è assodato, hanno definitivamente colonizzato il nostro subconscio.
Il dubbio che risuona a fine lettura, alla fine del viaggio, è però molto più concreto: Giorgio Vasta si sarà divertito durante questa sorta di vacanza di lavoro?
Chissà…

08 febbraio 2017

Letture: Cecità, di José Saramago

Proseguo la carrellata sulle migliori letture fatte nel 2016 (lo so, siamo già a febbraio, ma dopo questo ne mancano ancora solo due…), brevi flash per ricordare e riflettere sui libri che ho letto, e magari offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).

Oggi si parla di Cecità, di José Saramago.

Cecità è un romanzo fisico, quasi biologico: di colpisce nella carne, ti impressiona i sensi, fa accaponare la pelle e accarezza la tua anima pensante. È un libro in cui il non vedere domina, ma che tu lettore non puoi fare a meno di visualizzare, tanto potenti sono le immagini che Saramago ti piazza sotto gli occhi. 

Cecità ha (meritata) fama di essere anche un testo politico, dove per “politico” si intende spesso quella caratteristica della distopia per cui gratta gratta la scorza di civiltà che regola il nostro vivere sociale vien via in un attimo, nel tempo che serve a riconquistare la soddisfazione dei propri bisogni primari. Ma in questo senso Cecità non ha nulla di particolarmente originale, soprattutto per un lettore di fantascienza, che di storie che affrontano l'apocalisse civile sono ormai piene le librerie.

Dal mio punto di vista le qualità politiche del romanzo emergono invece prepotenti nella scelta di rendere anonimi i protagonisti, nel caratterizzarli per le loro  azioni e per la loro capacità solidale, nel legare il privilegio alla massima sofferenza, e quindi alla responsabilità e, infine, nell’imporre alla narrazione e quindi alla memoria un ruolo quasi passivo, di registratore pavido e indispensabile (penso al personaggio dello scrittore, alter ego consapevole dell’autore stesso).

Non so se Cecità rappresenti il culmine dell’opera di José Saramago: certo è un romanzo perfetto nella sua semplicità, come un sasso che ti colpisce in mezzo agli occhi.