27 settembre 2014

Dieci testi di saggistica

Provo a rianimare il blog riciclando su questa sponda uno di quegli elenchi per cui sono stato coinvolto su facebook.
Ecco quindi "l'elenco dei dieci testi di saggistica che ognuno si porta dietro nella sua esperienza di lettore". Ho partecipato volentieri a questa sorta di catena, un po' perché mi ha dato l'opportunità di scoprire titoli che non avrei mai considerato (quando vengono suggeriti da persone con cui ti pare di condividere qualche gusto lettererario e/o un qualche tipo di percorso comune, queste liste possono essere davvero interessanti), un po' perché m'ha dato modo di riguardare indietro al mio personalissimo percorso di lettore.

Sebbene io non sia un gran lettore di saggistica trovare dieci titoli non è stato poi così difficile, che i libri che seguono spiccano brillanti tra le letture che più hanno contribuito a formare la mia visione del mondo.

Ce n'è un po' per tutti i gusti: politica e musica, scienza e geografia, storia e sociologia. Per alcuni m'è capitato i parlarne in maniera un pochino più approfondita nel blog e il link porta al post di riferimento, altri sono letture precedenti alla nascita del blog stesso e quindi ciccia…

Se non li avete letti, leggeteli, che secondo me meritano. 

 
- Armi, acciaio e malattie, di Jared Diamond

Un libro fondamentale per capire come è messo il nostro pianeta e perché.

- Considera l'aragosta, di David Foster Wallace

Wallace pensa e scrive come nessun altro io abbia incontrato nell'ultimo decennio.

- Gli anarchici, di James Joll

Questo il posto in lista se l'è giocato con l'Autobiografia di Malcolm X, con la biografia del Che scritta da Jon Lee Anderson e, soprattutto, con La breve estate dell'anarchia di Hans Magnus Enzensberger. Ho scelto Gli anarchici, perché l'etica invincibile di un movimento sconfitto dalla storia è ciò che di meglio mi hanno lasciato queste letture.

- Gödel, Escher, Bach, un'eterna ghirlanda brillante, di Douglas Hofstadter

Un'esplosione di impulsi, stimoli e suggestioni. Un libro capace da solo di modificare la tua percezione della realtà.

- Guida ragionevole al frastuono più atroce, di Lester Bangs

Puoi non essere d'accordo con tutto quel che scrive, ma non puoi ignorare il rock'n'roll che suona forte tra le sue righe.

- Intelligenza e pregiudizio, di Stephen Jay Gould

Avrei potuto mettere un titolo a caso tra tutti quelli che ho letto, ho scelto questo perché forse è il suo libro più significativo. Stephen Jay Gould è scienza trasformata in parola e meraviglia.

- La leggenda dei monti naviganti, di Paolo Rumiz

Perché per me le montagne sono importanti, e a oggi questa è stata la miglior lettura per avvicinarle.

- L'anello di re Salomone, di Konrad Lorenz

Letto più di trent'anni fa, anche se non parla di gatti, è il libro migliore per avicinarsi alle bestiacce che ci circondano.

- Nel cuore della foresta, di Roger Deakin

Tante istantanee su panorami sconosciuti: boschi, foreste, alberi e legno che non ho mai visto, ma che ho sentito vicini come non mai.

- Sorvegliare e punire, di Michel Foucault

Ovvero, come siamo finiti come siamo finiti. Forse il volume più importante tra quelli presenti in questa lista.











03 settembre 2014

Visioni: Under the Skin

Under the Skin è un film eccezionale. Lo è per una serie di motivi. E non tutti hanno a che fare con la resa cinematografica della pellicola.
Per prima cosa è eccezionale che un film simile sia arrivato nei cinema. Ok, siamo ancora nella stagione estiva, e la concorrenza è quellla che è, ma non avrei scommesso un cent sulla possibilità che un film strutturato come questo di Jonathan Glazer, pur non avendo nulla di commercialmente attraente per il grande pubblico (avete presente cosa ci si aspetta, qui e ora, da un film di fantascienza, vero?), potesse arrivare nelle nostre sale.
Il merito è ovviamente di Scarlett Johansson, che presta nome, corpo e presenza scenica a un progetto che definire di nicchia è un chiaro understatement.

E Scarlett Johansson fa un lavoro eccezionale sul suo personaggio, con il suo corpo soprattutto, e con un viso e uno sguardo che forano lo schermo. Sia che il suo volto si illumini di un raro sorriso, che si interroghi silenziosa sul suo strano mestiere o che si perda nella disperazione di chi non ha nessun alternativa.

Under the Skin è un'eccezione anche nel suo essere una trasposizione cinematografica di un romanzo. Quante altre volte vi è capitato di assistere a un film che riesca a essere fedele al testo originale e al contempo decisamente superiore al suo corrispettivo cartaceo? Under the Skin (Sotto la pelle in italiano) è un romanzo di Michel Faber edito in italia senza etichette di genere, da Einaudi, una decina di anni fa. All'epoca della lettura mi sembrava l'esempio perfetto di come "il messaggio" dell'autore, insieme alla sua supponenza nel gestire temi e situazioni tipiche della letteratura di genere, potessere combinare un disastro narrativo (se volete approfondire, questo è il link alle mie note sul romanzo). Nella (ri)scrittura per il cinema di Under the Skin è stato eliminato tutto quel che di superfluo c'era nel romanzo, per concentrare l'attenzione dello spettatore sul destino unico della sua protagonista, riuscendo in questo modo a sublimarne la storia.



Under the Skin è fantascienza, ma non si preoccupa di doverlo dimostrare a ogni inquadratura. Ed è fantascienza che funziona proprio per quella qualità, tipica dei migliori esempi del genere, che consiste nel costringere il lettore a diventare parte attiva della narrazione, investendo in immaginazione per incassare in inquietudine e meraviglia.

Under the Skin è un film difficile, che appartiene idealmente a un'epoca cinematografica ormai tramontata, quella di Stalker, o dell'Uomo che cadde sulla Terra. Cinema ambizioso, alla ricerca di nuove formule espressive (o almeno di riportare sullo schermo formule espressive ormai desuete) che rischia di allontanare lo spettatore odierno per l'ambiguità voluta, la mancanza di spiegazioni e un senso di sospensione generato da una visione non immediatamente condivisa, o mediata, nella costruzione della vicenda.Non trovo molti altri esempi simili, oltre a quelli già citati, nella mia esperienza di spettatore. Piuttosto, se devo trovare una parentela ideale per l'aliena del film, mi viene in mente Sarah Canary, la protagonista dell'omonimo romanzo di Karen Joy Fowler.

Under the Skin funziona? A me la visione del film ha impressionato per la rappresentazione senza compromessi della diversità, di un'alienità intangibile ma allo stesso tempo permeabile, come in pochi altri film è dato trovare. Rivedersi negli sguardi, negli approcci, nella crescente curiosità della protagonista nei confronti dell'umanità fa quasi tenerezza, tanto più sottolineata dall'evidente indifferenza con cui viene raccolto il racconto delle nostre piccole storie, delle nostre piccole vite. Tutte storie normali, come i corpi che costellano gli spostamenti dell'aliena in giro per la Scozia. Storie come tanti piccoli semi, capaci di far crescere dubbi e curiosità e portare la protagonista all'impossibile rifiuto della sua stessa natura.

Unico punto debole del film è forse il finale, troppo facilmente speculare, che nega l'autonomia di una scelta e di un destino che la protagonista, alla fine del suo percorso, era ormai pronta ad accettare. Ma è un difetto minore in un progetto che spicca per l'attenzione al più minuto dettaglio (la camminata sbilenca della protagonista), la natura fredda e indifferente di una Scozia senza sole, le sue strade deserte e l'aria umida e poco ospitale di Glasgow.

E su tutto e tutti ancora Scarlett Johansson, che strega e cattura lo sguardo dello spettatore, per sedurlo e ingannarlo, in un gioco di reciproca fascinazione che non lascia speranze.