04 agosto 2014

Letture interrotte: Shantaram, di Gregory David Roberts

 Mumbay, Chhatrapati Shivaji Terminus - © Stefan H
Sono arrivato a leggerne più di un terzo (che sono poi 400 pagine!), ma non ne posso più.
C'è qualcuno là fuori capace di convencermi a proseguire?

Non che Shantaram non si legga agevolmente, la prosa di Gregory David Roberts è piana e sufficientemente suggestiva e la traduzione di Vincenzo Mingiardi gli rende piena giustizia, ma più vado avanti più il ritratto da supereroe (con superproblemi, come da tradizione!) del protagonista di questa autobiografia romanzata diventa insostenibile.

Passi che il buon Greg ci metta meno di due secondi da quando sbarca dall'aereo in India per diventare l'occidentale più amato di Bombay, passi che gli basti un sorriso, uno sguardo appena, per capire (e carpire!) l'umanità infinita di chiunque gli si presenti davanti e si faccia amici tutti quelli che incontra. Ma che nel giro di una settimana dal suo trasferimento nello slum ne diventi un punto di riferimento imprescindibile, che scambi rispetto e premure con gangster e poveracci (e chiunque altro, a pensarci bene…) e si intrattenga in piacevoli discussioni filosofiche con i signori del crimine della città, senza dimenticare le - oh! che romantico! - pene d'amore per la sua bella Karla, beh… mi pare giusto un filo eccessivo.

Mi aspettavo un romanzo sulla ricchezza e le contraddizioni dell'India, ero più che disposto a gustarmi anche un tocco di esotismo, ma soprattutto mi sarebbe piaciuto scorgere qualche tratto di verità, tra le pagine di questo - apparentemente - sontuoso romanzo fiume. E invece…

Per concludere posso permettermi un consiglio?
Se siete curiosi e volete esplorare il cuore di Mumbay, leggetevi piuttosto Giochi Sacri, di Vikram Chandra, che sta al romanzo di Gregory David Roberts come un Thali sta a un hamburger di McDonald's…