30 novembre 2012

Disastro!

Già, ho combianto un casino.
Stavo curiosando tra i modelli di grafica e visualizzazione del blog. Ho pigiato il tasto rosso, quello che non si deve MAI! In nessun caso! pigiare, ed ecco qua il risultato.
Non c'è melazeta che tenga: è tutto da rifare…

Scusate il disagio. Nel fine settimana conto di sistemare il tutto.

29 novembre 2012

Letture: Stephen Jay Gould, Stella Benson, Luca Masali

© giorgio raffaelli
Stephen Jay Gould - Otto piccoli porcellini
Registrare la lettura dell'ennesimo libro di Stephen Jay Gould non dovrebbe comportare grossi sforzi, la difficoltà semmai sta nel riuscire a trasmettere quanto il paleontologo americano sia importante nel mio personale panorama culturale.
Come tutti i volumi che lo hanno preceduto anche Otto piccoli porcellini è stata una lettura sempre interessante, a tratti entusiasmante, quasi necessaria per riconciliarsi con quella realtà fatta di scienza e ricerca e scienziati che scorre parallela a quella usuale delle nostre giornate. Un mondo ovviamente legato al nostro quotidiano (come sempre ci ricorda Gould), ma che per prassi, ritmi e distanza (fisica e cognitiva) tendiamo a relegare ai margini.  
Stephen Jay Gould annulla questa distanza e riporta a casa del lettore tutta la bellezza, la fatica, l'emozione e la dedizione proprie della ricerca scientifica, con un linguaggio che non è mai paternalistico, ma che al contrario stimola nel lettore la voglia di approfondire, di saperne di più, di leggerne ancora.
Gli articoli di divulgazione scientifica che Stephen Jay Gould ha pubblicato mensilmente per quasi tutta la sua carriera accademica sono raccolti in dodici volumi editi in Italia da quattro editori diversi. Un paio di questi volumi non sono ancora riuscito a recuperarli, ma insieme a Intelligenza e pregiudizio, altro caposaldo della bibliografia di Gould, quelli che ho letto hanno contribuito tutti a rendermi la persona che sono. Ed è motivo sufficiente per essergliene grato.


Stella Benson - Living Alone
Living Alone è un libro pressoché introvabile, mai tradotto in italiano, edito in Inghilterra nel lontano 1919 e messo gratuitamente a disposizione del pubblico dal Progetto Gutenberg nei formati elettronici più comuni. (Qui il link per scaricare il romanzo).
Living Alone ha il dubbio privilegio di essere stato il primo libro letto sul mio lettore digitale e non sul tradizionale supporto cartaceo. Ma temo che questo approccio possa distrarre il lettore di queste note e forse è meglio proseguire in un altro modo.

La lettura di Living Alone mi è stata suggerita da Marco, che quando si tratta di romanzi fantastici ne sa sempre una più del diavolo. Ebbene, il consiglio non poteva essere più azzeccato. Nonostante il secolo trascorso dalla prima edizione del romanzo, la lettura non potrebbe essere più attuale: c'è una ragazza che lotta per la sua indipendenza, c'è la pressione costante del conformismo e l'impossibilità di adeguarsi, c'è una guerra sulla sfondo, a condizionare esistenze e relazioni, c'è la commedia, la satira e l'avventura, c'è soprattutto il continuum magico che permea Londra e il mondo intero e fa sì che esseri soprannaturali vivano fianco a fianco, seppur ignorati o mascherati, ai comuni mortali. La narrazione di Stella Benson è un continuo fuoco d'artificio di invenzioni e trovate, sempre accompagnate da una partecipazione quasi commovente al destino della sua protagonista e una sensibilità insolita per i rapporti sociali.
Se al piatto già molto ricco aggiungete un manico di scopa piuttosto permaloso, uno scontro volante tra streghe straniere, inseguimenti, fantasmi ed equivoci, beh… Living Alone è una continua ininterrotta meraviglia. Provare per credere.


Luca Masali - I biplani di D'Annunzio
Quando usci la prima edizione de I biplani di D'Annunzio non leggevo fantascienza da parecchio tempo. Era il 1996 e il romanzo d'esordio di Luca Masali aveva vinto il Premio Urania. Quando ne sentii parlare in rete, qualche anno più tardi, avevo riallacciato i rapporti con la sf scritta, ma mi tenevo ancora piuttosto lontano dalla versione nostrana della letteratura di genere. Nonostante i commenti fossero piuttosto positivi (fatto di per sè eccezionale, visto un contesto - si era alla fine degli anni '90 - in cui l'unico scrittore buono sembrava essere Valerio Evangelisti, che continuo a trovare piuttosto sopravvalutato), non mi sono mai attentato ad avvicinarmi ai Biplani fino a che, l'anno scorso, avendo deciso di regalare al suocero un lettore di libri digitali, c'era da riempirglielo un pochino. A quel punto, vagando per i titoli Delos, ho deciso  di acquistare anche tre volumi di fantascienza italiana, un po' per mettere a tacere la coscienza (non perdo occasione di parlarne male, vero?), un po' per vedere quali reazioni avrebbero suscitato. (Oltre che su I biplani di D'Annunzio, la scelta è caduta su Nessun uomo è mio fratello, di Clelia Farris, che avevo molto apprezzato nella versione cartacea, e su Infected FiIes  di Dario Tonani, di cui parleremo a suo tempo.)

Le avventure di Matteo Campini, aviatore dell'Impero Asburgico durante la Grande Guerra, alle prese con una versione alternativa della Storia comunemente nota, sono un ottimo esempio di fantascienza. Magari non di quella più estrema e stupefacente, che I biplani di D'Annunzio rimane sempre ben ancorato sui binari della più classica delle storie fantascientifiche, ma senz'altro all'altezza delle proposte anglosassoni che da noi vanno per la maggiore.
Forse proprio grazie al suo passo tradizionale, che avvicina la vicenda all'esperienza del lettore di genere (non dimentichiamo che il suo pubblico originale è quello di Urania), il romanzo di Luca Masali riesce a intrattenere con intelligenza, mescolando la Storia con l'attualità (degli anni '90, che non sono poi così lontani), riuscendo a interessare sia per le svolte e le sorprese del plot, sia con la ricchezza del dettaglio storico, comprese le divertite e divertenti incongruenze che il protagonista si trova ad affrontare, spesso del tutto inconsapevolmente. E se forse la gestione dei dialoghi e delle relazioni tra i personaggi non è tra i punti di forza del romanzo, la caratterizzazione degli stessi non è niente male, permettendo al lettore di riconoscerli e seguirli con il giusto grado di pathos fino al termine della vicenda. Ultima notazione sugli aerei: non c'è capitolo senza, e le pagine in cui sono ritratti i vari modelli, le loro evoluzioni e battaglie sono forse quelle dove più traspare la competenza e la passione dell'autore. Durante la lettura ci sono stati momenti in cui sono arrivato quasi a odiare la messe di informazioni tecniche che li accompagnava, ma poi - ding! - ho capito l'amore che lega l'autore alle macchine volanti, sono entrato in sintonia e ho apprezzato.
Tutto considerato la lettura de I biplani di D'Annunzio è stata una bella sorpresa. Niente male per un romanzo che ho snobbato per più di quindici anni!

26 novembre 2012

Malpertuis è tornato.

© giorgio raffaelli
È già  passata una decina di giorni, ma forse là fuori qualcuno non se n'è ancora accorto: Malpertuis è tornato!
Elvezio Sciallis ha recuperato il nome del vecchio blog, gli ha innestato i post di …a rip in the fabric…, ha mescolato il tutto con le cose migliori della sua vecchia incarnazione, rivedendo e correggendo dove necessario, potando le recensioni negative, i post polemici e quelli estemporanei, per offrire ai lettori una serie di articoli corposi, copiosi e contundenti.

Da leggere con calma, da approfondire e da discutere, il nuovo Malpertuis tornerà ad essere una tappa obbligata dei miei giri in rete.
Attenzione però, se volete discutere o chiacchierare con Elvezio il suo nuovo sito non permette ai lettori di partecipare con i propri commenti alle elaborate discuisizioni del suo autore.
Sui motivi di questa scelta Elvezio è stato molto chiaro e credo ci sia ben poco da fare.
Del resto se volete discutere con lui basta andarlo a trovare su FB: oltre essere sempre molto disponibile al cazzeggio, sia quello serio che quello più debosciato, la sua presenza lì dentro è costante e tangibile.

A me questa scelta continua a dispiacere, che su facebook meno ci sto meglio è, ma - ehi! - meglio un Elvezio read only che nessun Elvezio.

19 novembre 2012

I giovani d'oggi?

© giorgio raffaelli
Questo post vuole rispondere a quanti hanno commentato il pezzo di ieri su Strategie Evolutive  con toni che vanno dal "Eh! signora mia, i giovani d'oggi…" a "quando ero giovane io…" a "ai miei tempi…" ecc ecc.

Consiglierei  a queste persone di guardarsi 10 minuti di televisione (fiction, talk show, informazione, quel che preferiscono), poi magari di farsi un giro in rete, su un social network o su qualche forum  a scelta. Se ancora non basta, fatevi un giro fuori, al bar, in qualche ufficio pubblico o privato, al mercato.

Dopo di che, ditemi, vi pare che i quindicenni di oggi possano davvero fare un lavoro peggiore di quelli di 20/30/40 anni fa?

15 novembre 2012

Fantascienza in Italia: l'elenco 2.0

© giorgio raffaelli
Dopo più di un anno dal suo debutto è venuto - finalmente! - il momento per un aggiornamento. Segnalo quindi che è on-line Fantascienza in Italia 2.0, la versione riveduta e corretta della pagina che ho dedicato agli spazi della rete in lingua italiana che si occupano di fantascienza scritta.
Come per la versione precedente ogni contributo all'ampliamento e/o alla correzione della stessa è benvenuto.

Ripeto anche qui l'avvertenza sullo spazio commenti che compare in Fantascienza in Italia 2.0.
Per mantenere pulita la pagina ogni commento non relativo all'elenco stesso verrà eliminato. Lo dico perché non vorrei veder di nuovo comparire in calce alla lista commenti autopromozionali su pubblicazioni o altro. Verranno mantenuti solo i commenti che faranno riferimento a siti e/o pagine web che rispondono alle premesse, ovvero ai luoghi della rete dove è possibile chiacchierare liberamente, confrontarsi, discutere di tutto ciò che orbita intorno alla fantascienza scritta.

Per ogni altro contributo, discussione, critica, vi invito a utilizzare lo spazio commenti di questo post. Grazie!



12 novembre 2012

Letture: Take Back Plenty, di Colin Greenland

© giorgio raffaelli
…e poi ci sono romanzi come Take Back Plenty, circondati da un'aura di aspettative cresciute man mano che ti ci avvicini. Romanzi che, per quanto siano sconosciuti in questo piccolo angolo del cosmo, quando te li ritrovi nominati tra  i migliori libri di fantascienza degli ultimi vent'anni da amici come Davide Mana o Marco, che godono di ottima reputazione per competenza e passione e gusto, non puoi proprio fare a meno di cercare e leggere. Romanzi che però, quando arrivati in fondo ti lasciano un po' in imbarazzo, che - ehi! - io non è che mi sia divertito troppo tra le loro pagine, sono fonte di infinite riflessioni (beh… ok, si fa per dire) sulla natura del gusto e su come si declini in decine di variabili anche tra amanti di uno stesso corpus letterario.

Take Back Plenty è un romanzo del 1990 che all'epoca vinse in terra britannica un paio dei premi letterari più prestigioso. Il suo autore, Colin Greenland, ha scritto un'altra manciata di romanzi, mai pervenuti in italia, ed è, tra le altre cose, un rinomato critico letterario (oltre a essere il compagno di Susanna Clarke, autrice che qui gode di altissima stima).
Take Back Plenty è space opera del genere più classico. L'azione prende le mosse su Marte, dove si fa immediata conoscenza della protagonista del romanzo, il capitano Tabitha Jute. Tabitha comanda una nave da trasporto dotata di una sua peculiare personalità, e si trova coinvolta suo malgrado (chi l'avrebbe mai detto!) in una serie di (dis)avventure in giro per un sistema solare frequentato da razze aliene, con pianeti e satelliti popolati da una varia fauna di cittadini più o meno privilegiati, tutti comunque sottomessi ai Capellani, che qualche decennio prima hanno pacificamente occupato questa porzione di galassia, dettando le regole e limitando la libertà di movimento agli indigeni che sono ora bloccati all'interno del sistema solare.
Take Back Plenty ha il passo della fantascienza più tradizionale, quella che procede per accumulo progressivo di eventi, ambienti, incontri e scontri, dove più che viaggiare in profondità (nella resa di personaggi, società, relazioni) ci si muove tra una quantità di elementi e suggestioni e dove il focus è sempre esclusivamente sul protagonista e i suoi colorati compagni di viaggio. 

Devo averlo già scritto da qualche parte: la space-opera non è mai stata tra le mie letture preferite. Sono riuscito ad apprezzarla solo quando s'è rivestita di abiti più attuali e quotidiani e al contempo più spettacolari (penso a Iain M. Banks, o a Charles Stross) o quando ha tentato di portare le sue suggestioni tipiche (l'esplorazione dello spazio, la ricerca di strani nuovi mondi) fino all'estreme conseguenze (Greg Egan, ovviamente).
Take Back Plenty soffre il tentativo di innestare su un impianto classico una gruppo di personaggi che mi son sembrati (per atteggiamento, motivazioni, interazioni) tra i più noiosi e insulsi mi sia capitato d'incontrare tra le pagine di un libro d'avventure. Se dal punto di vista intellettuale posso apprezzare l'impegno dell'autore a renderli reali, e quindi difettosi, o ad assegnarli un destino del tutto coerente alle loro azioni,  quando in un romanzo simile non riesci ad appassionarti al destino del protagonista (e tantomeno ad immedesimartici), beh… è difficile non trovare anche gli altri elementi della narrazione stucchevoli o comunque poco interessanti. Per fortuna Colin Greenland è un autore capace: in Take Back Plenty le trovate non mancano e tra il susseguirsi di sorprese e colpi di scena, inseriti in un plot che non sbanda mai dal binario principale mantenendo dall'inizio alla fine una sua coerenza e una sua compattezza narrativa, la lettura procede agevolmente fino alla cataclismatica conclusione della storia.
Capisco dunque il gradimento espresso da più parti per questo romanzo. In effetti, se vi piacciono le atmosfere della space opera tradizionale, è probabile adorerete anche Take Back Plenty, ma se i vostri riferimenti fantascientifici sono altri, beh… forse è meglio lasciar perdere.

01 novembre 2012

Tre Calzini

© giorgio raffaelli
Ieri Tre Calzini ci ha lasciati. Viveva con noi da 18 anni e mezzo, ed era l'ultima sopravvissuta della cucciolata che Davis e Marta, i nostri primi compagni felini, han sfornato nell'aprile 1994.

È stata un po' sfigata, questa gatta: ha perso subito una zampa alla nascita. Sua madre stremata dal parto di cinque cuccioli non era riuscita a ripulirli di cordoni ombelicali e placente, che si sono avvolti intorno alla zampa posteriore di uno dei mici. A poco è servito chiamare un veterinario che dopo aver liberato la zampetta ci ha consigliato di attendere una notte per vedere se si sarebbe ripresa: il giorno dopo la zampa non c'era più. Ci aveva pensato mamma gatta.

Nonostante la zampa in meno Tre Calzini (un nome a quel punto inevitabile…) se la passava piuttosto bene. Quando ci siamo trasferiti fuori Modena, quattro anni più tardi (della cucciolata ci hanno seguito lei e la sorella Diesel, gatta spericolata con un paio di tuffi dal terzo piano all'attivo),  è diventata in fretta la padrona del cortile. Senza la sua autorizzazione nessuno, uomo gatto o cane, poteva osare occupare i suoi spazi.
Negli anni che son seguiti abbiamo ospitato un sacco di altri felini insieme a Davis, Marta e Tre Calzini, chi prima chi dopo ci han tutti lasciati. Nonostante nel 2003 sia stata investita da un'auto, Tre Calzini è l'unica che ha resistito per tanti anni. Quando la trovammo dopo l'incidente, con un'occhio fuori dall'orbita e la lingua penzoloni non le avremmo dato un giorno di vita e invece…
In quell'occasione si fratturò la mandibola e  perse un occhio, ma - ehi! - 'sta gatta sembrava davvero immortale e nel giro di qualche settimana zompettava di nuovo in giro come niente fosse. Certo, nel frattempo aveva messo su un caratterino piuttosto particolare, compreso  un inquietante cambio del tono del suo miagolio. Credo sia stato da allora che Tre Calzini è diventata la nostra gatta mannara.
E per confermare carattere e personalità ha scelto proprio il giorno di Halloween per uscire di scena.

Per salutarla mi pare sia perfetto che quel che Annalisa ha scritto ieri su FB:
"Un calice alzato per Tre Calzini, nostra imperitura (ora non più) gatta mannara che ha deciso di lasciarci oggi, nella notte di Halloween. Proprio lei che ha vissuto ben 18 anni con tre zampe e un occhio solo. Unica sopravvissuta della stirpe di Davis e Marta. E qui finisce un pezzo della nostra storia."