21 dicembre 2010

Letture novembre 2010


Picture by Iguana Jo.
Roberto Casati - Il caso Wassermann e altri incidenti metafisici
Piuttosto inconsueto questo volume di racconti del filosofo Roberto Casati. Fosse stata un po' più meravigliosa Il caso Wassermann e altri incidenti metafisici avrebbe potuto essere una gran bella antologia fantascientifica, avesse osato di più forse ora starei a parlare di memorabili racconti fantastici. Purtroppo l'autore si ferma a metà strada e compone racconti molto stimolanti sul versante intellettuale, ma inesorabilmente freddi dal punto di vista emotivo, con personaggi e situazioni che, salvo qualche notevole eccezione (Il caso Wasserman per esempio) rimangono meri strumenti nelle mani dell'autore, che li utilizza per giocare con idee e principi scientifici e filosofici senza badare troppo alla loro umanità.
In ogni caso una buona lettura.
(Un grazie a Daniele che me lo ha consigliato qualche mese fa).


AA.VV. - Alia (Anglosfera)
Questo è il primo Alia anglofono che leggo, ma anche per i racconti raccolti in questo volumetto vale il discorso giù fatto a per i due volumi italiani letti a suo tempo (vedi qui e qui): è straordinario quello che la passione e la dedizione alla buona letteratura siano in grado di realizzare.
Alia è realizzata da un pugno di appassionati. Non ci sono coinvolti nè "Grandi Nomi" del fantastico nostrano, nè gruppi editoriali più o meno ricchi. più o meno potenti. In teoria Alia (Anglosfera) dovrebbe essere un progetto dilettantistico, con molte pretese e contenuti ravanati qua e là tra gli scarti di bottega.
E invece anche questo volume brilla per la qualità dei nomi coinvolti e per il valore dei racconti tradotti. Si parla di David Brin, Dennis Detwiller, Cory Doctorow, Nalo Hopkinson, Michael Moorcock, Charles Stross, Chris Roberson e di Walter Jon Williams. (Io di questi autori non ne conoscevo un paio, ma gli altri sono tutti nomi di primo piano).
Se c'è un difetto in questo Alia (come del resto negli altri volumi della collana) non sta tanto nei contenuti, quanto piuttosto nella qualità grafica della presentazione. Non parlo tanto delle illustrazioni che corredano i racconti, che sono invero apprezzabili, quanto piuttosto della copertina del volume, che a me pare piuttosto debole al confronto di quanto presente all'interno.
Ma l'abito non fa il monaco e quindi fatevi un favore: procuratevi questo volume, che nonostante alcuni dei racconti presentati siano poi comparsi in altre edizioni, Alia merita tutto il nostro sostegno.


Antonio Pennacchi - Il fasciocomunista
Il primo Pennacchi non si scorda mai? Non lo so, che a me Il fasciocomunista mica mi ha convinto.
Va bene la ricostruzione storica, sempre interessante, viva e partecipata, ma a me 'sta glorificazione del vitalismo ribellista del buon Accio Benassi, alter ego dell'autore e protagonista indiscusso del romanzo, mi è andata un po' di traverso. Come se bastasse sporcarsi le mani per essere giustificati degli errori commessi, come se la buona fede fosse sufficiente a cancellare le porcate fatte e l'ansia di cambiamento giustificasse ogni cazzata lungo la strada.
Perché quello che a me è risuonato forte e chiaro per tutto il corso della narrazione delle gesta di Accio è soprattutto una forte ansia di riconoscimento, un "ehi, ci sono anch'io", che viaggia parallela, seppur su binari diversi, erano gli anni '60 baby, a quella da reality show che sembra caratterizzare molte delle facce che vedo in giro oggi. Che allora - bei tempi! - fosse la politica invece dello spettacolo il palcoscenico dove mettere in scena le propri illusioni e i propri ideali, rende solo più triste la disillusione e il cinismo che rimangono a condire un'esistenza da sopravvissuto. Del resto nel romanzo la politica vera, quella fatta di idee, di discussioni, di partecipazione e, perché no, di lotte, rimane sempre sullo sfondo, che in primo piano ne Il fasciocomunista ci sono sempre i cori e gli scontri da ultra, le medaglie da appuntarsi sul petto, la scomparsa di qualsiasi ideale di fronte all'esigenza dell'affermazione di sè stessi.
Insomma, nonostante le apparenze anticonformiste, il ritratto del giovane protagonista di questo romanzo assomiglia tanto, troppo, a quello dell'italiano medio che mi sono raffigurato fiutando l'aria che tira: pronto a schierasi dove conviene, lontano dall'assunzione di qualunque responsabilità, pronto al lamento e alla giustificazione. Con quel pentimento e l'assoluzione finale a chiudere un romanzo che più nazional-popolare di così si muore (sul serio…).
Però ne Il fasciocomunista c'è anche da sottolineare la scrittura di Antonio Pennacchi, che magari è stilisticamente confusa e disordinata, ma che ha comunque una capacità affabulatoria notevole, capace di tenerti avvinto alla pagina a vedere cosa succede, a partecipare - che ti piaccia o meno - alla vita scriteriata di Accio Benassi e a ripensare a quando quindici anni, o venti, li avevi tu. E allora riesci a guardare con occhio più tollerante le scelte di chi, bene o male, con esiti magari del tutto diversi, ha comunque fatto qualche tratto di strada molto simile alla tua.


AA.VV. - Robot 56
Con il solito paio d'anni di ritardo ho finalmente letto il numero 56 di Robot.
Mi piacerebbe poter dire che la cosa migliore di questo Robot è l'articolo scritto a quattro mani da me e da Giovanni De Matteo (ok, soprattutto da Giovanni), però non sarebbe giusto, che le foto a Iain Banks scattate dal sottoscritto a Verona sono ancora meglio. (o forse è il ricordo di quella giornata a colorare di una luce migliore quelle che in fondo sono foto qualsiasi).
Scherzi a parte, questo è forse il numero di Robot le cui storie mi son piaciute meno. Nè i racconti degli autori stranieri, nè i contributi degli autori nazionali mi sono rimasti particolarmente impressi. Almeno non quanto la meravigliosa immagine di Stephan Martiniere che splende dalla copertina di questo numero.
In ordine di apparizione questi sono i racconti presenti nella rivista:
- Sulla spiaggia di Elizabeth Bear. Un racconto post-apocalittico premiato con l'Hugo, che ho trovato però un po' troppo retorico per i miei gusti;
- Copia d'artista di Giorgio Burello. Il racconto vincitore del premio Robot 2008, che a poche settimane dalla lettura è già evaporato dalla mia labile memoria;
- Sottomissione di Luke Jackson, autore a me sconosciuto con un racconto tranquillamente dimenticabile;
- Anniversario di Silvia Castoldi costituisce l'eccezione che conferma la regola: questo racconto in salsa vampiresca è il migliore tra quelli presenti in questo Robot. Lo è per la consapevolezza della scrittura, per le suggestioni che è capace di evocare, per l'abilità dell'autrice di giocare con un mito ormai frusto restituendogli la grazia e il turbamento che merita;
- Ritratto del figlio di Vittorio Curtoni , un racconto dai ruggenti anni '70, che con il suo passo pesante m'è parso un po' troppo datato per essere ancora apprezzabile;
- L'eroe dei mille mondi di Clelia Farris , storia di potere e rivoluzione che soffre di quello che non saprei come meglio definire se non come eccesso di entusiasmo, e risulta quindi un po' troppo confusa per essere davvero convincente;
- Cigno Nero di Bruce Sterling, un racconto italiano che parte bene ma che prosegue un po' troppo frettoloso e sciapo. Sterling è in grado di fare molto meglio.

A conti fatti io sarò anche un lettore difficile, però spero davvero che i prossimi numeri della rivista diretta da Vittorio Curtoni siano narrativamente più solidi e convincenti rispetto a questo numero 56.

13 dicembre 2010

Fantascienza al femminile


Picture by Richard Upshur.
Nelle ultime settimane Torque Control - che nei pochi mesi da quando l'ho scoperto è diventato una sosta obbligata nei miei giri on-line - si è occupato della fantascienza scritta dalle autrici anglosassoni (con qualche eccezione).

Gli interventi spaziano da recensioni e dibattiti sul singolo volume o sulla data scrittrice, a discussioni sull'influenza che la scrittura di genere al femminile ha avuto e continua ad avere sulla scena fantascientifica internazionale.

Tra le cose interessanti c'è la top-ten dei dieci migliori romanzi usciti negli ultimi 10 anni. Delle opere elencate solo due sono state tradotte in italiano, e di queste solo una, The Speed of Dark (La velocità del buio), in una pubblicazione di genere (Urania n. 1495, uscita nel febbraio 2005).
A parte constatare la mia ignoranza nei confronti della maggior parte dei titoli elencati (degli undici romanzi in lista ne ho letti appena due, e alcune autrici non le ho proprio mai sentite nominare), noto che tra questi romanzi non ce n'è nemmeno uno di Lois McMaster Bujold, che almeno per Guerra di Strategie meriterebbe a mio avviso un posto in classifica. (Probabilmente pesa sull'esclusione della Bujold il fatto - strano ma vero - che i suoi romanzi sembra non siano mai stati pubblicati nel Regno Unito).

Ma bando alla ciance, questa è la lista con il link al relativo post su Torque Control:
1. The Carhullan Army, di Sarah Hall
2. Maul, di Tricia Sullivan
3. Natural History, di Justina Robson
4. The Time-Traveler’s Wife, di Audrey Niffenegger
5. Spirit, di Gwyneth Jones / The Speed of Dark, di Elizabeth Moon
7. Life, di Gwyneth Jones
8. Lavinia, di Ursula K Le Guin
9. Farthing, di Jo Walton
10 Bold as Love, di Gwyneth Jones / City of Pearl, di Karen Traviss

Prima di precipitarmi a spendere i miei sudati risparmi, c'è qualcuno la fuori che li ha letti e ha voglia di parlarmene?

07 dicembre 2010

Letture settembre/ottobre 2010 - seconda parte


Picture by Iguana Jo.
David G. Hartwell & Kathryn Cramer (a cura di) - Controrealtà
Mi rendo conto che scrivere dell'antologia del meglio dell'anno che Urania propone al suo pubblico ogni estate rischia di risultare ripetitivo. Ma credo che nessun volume sia più utile di questo per capire in che direzione si stia muovendo la fantascienza, quanto sia viva e vitale, quali siano i temi più sentiti - seppur ci sono - tra gli autori che dettano il passo al genere.Mi rendo conto che scrivere dell'antologia del meglio dell'anno che Urania propone al suo pubblico ogni estate rischia di risultare ripetitivo. Ma credo che nessun volume sia più utile di questo per capire in che direzione si stia muovendo la fantascienza, quanto sia viva e vitale, quali siano i temi più sentiti - seppur ci sono - tra gli autori che dettano il passo al genere.
L'anno presentato in questa antologia è il 2006. Come fanno notare i curatori nella prefazione, il tema dominante sembra essere la catastrofe, declinata in decine di modi diversi eppure ben presente in molti dei ventisei racconti dell'antologia. Tra questi racconti ogni lettore avrà i suoi favoriti, che credo sia impossibile accontentare tutti. Io ne segnalo tre: Quando gli amministratori di sistemi dominavano la terra di Cory Doctorow (per la verità già letto nel n. 52 di Robot), che per la prima volta scrive un racconto in grado di convincermi pienamente; L’alba, e il tramonto, e i colori della terra di Michael Flynn, un racconto con un andamento molto poco fantascientifico, denso di riflessioni non banali sulla sopravvivenza al lutto e alla catastrofe, intenso ed emozionante; Ruanda di Robert Reed, si legge quasi come fosse un vecchio classico, con tutti i richiami a storie già lette, già sentite, ma con un twist finale agghiacciante per le sue implicazioni.

A conclusione di questa nota c'è da dire che la qualità media dei racconti scelti per questa antologia non è poi così memorabile, quasi a confermare l'idea che scrivere fantascienza originale e interessante sia sempre più difficile. Dal mio punto di vista mi pare di poter dire che quel che va per la maggiore sia la riscrittura aggiornata (e comunque piacevole) di storie che risvegliano echi di letture precedenti. I racconti segnalati dimostrano però che con un minimo di coraggio e di intraprendenza esiste la possibilità di percorrere nuove strade e di dare nuova linfa a un genere capace, come nessuna altro, di raccontare incubi e meraviglie in presa diretta dal XXI secolo.


Pat Frank - Addio Babilonia
Bello questo romanzo di Pat Frank. Addio Babilonia arriva dritto dritto dagli anni '50 del secolo scorso e mette nero su bianco l'incubo del dopo-bomba di un'intera generazione di americani.
In Addio Babilonia iI vivido racconto della tensione crescente tra i due blocchi, dell'atmosfera di paranoia e di guerra costante si mescola molto bene a quello della tranquilla realtà suburbana in cui vivono i protagonisti del romanzo. E quando si arriva al dunque, il precipitare degli eventi è raccontato con mirabile equilibrio tra cronaca e partecipazione.

Oltre al tema cardine del romanzo - apocalisse sopravvivenza ricostruzione - c'è almeno un altro motivo per cui il romanzo risulta particolarmente interessante. Addio Babilonia è infatti un romanzo scritto da un autore apertamente schierato politicamente ed è oltremodo trasparente come nonostante le vertenze progressiste ben evidenti nel testo (vedi soprattutto i rapporti tra bianchi e neri, o il tratteggio delle figure di potere) certi pregiudizi e convenzioni dell'epoca siano irriducibili a ogni confutazione.
Penso al paternalismo con cui - pur con tutte le migliori intenzioni - sono descritti i personaggi di colore, o al modo in cui sono ritratti tutti i personaggi femminili, sempre maschio-dipendenti e comunque incapaci - con la parziale esclusione dei compiti naturalmente femminili - di qualsiasi apporto autonomo alla sopravvivenza della comunità, e penso soprattutto alla riproposizione, nella piccola comunità indaffarata per la propria sopravvivenza, delle stesse dinamiche di potere (gerarchia e controllo) che hanno condotto la società all'olocausto nucleare.
Se Addio Babilonia fosse stato scritto qui e ora questi difetti risulterebbe intollerabili, ma gli oltre cinquant'anni che ci separano da questo testo permettono di apprezzarlo anche per l'involontario ritratto della società dell'epoca.


Jon Courtenay Grimwood - Felaheen
Terzo e conclusivo romanzo della trilogia arabesca Felaheen conferma quanto di buono Jon Courtenay Grimwood ha costruito con i due romanzi precedenti (vedi qui per Pashazade e qui per Effendi). Rispetto ai precedenti capitoli Felaheen m'è parso forse inferiore per quanto riguarda il plot principale (soprattutto per alcune trasformazioni francamente incredibili del protagonista), ma la ricchezza dello scenario e la profondità del ritratto della società araba e che emerge dalla storia ripagano abbondantemente dei difetti che pure non passano inosservati. Se poi a tutte le suggestioni dovute alla particolarità e al dettaglio dell'ambientazione ci aggiungete un personaggio come Ashraf Bey, beh… la possibilità di trovarsi di fronte a una serie di romanzi che tendono al memorabile si fa sempre più concreta.
Arrivato alla fine della trilogia posso dire che Jon Courtenay Grimwood è stato davvero una bella scoperta. Nell'attesa che si decida a riprendere in mano il suo protagonista, si tratta solo di decidere cos'altro leggere. La scelta non manca (mi pare ci siano un'altra mezza dozzina di romanzi a suo nome), voi lì fuori cosa mi consigliate?

06 dicembre 2010

Iguana Business

Prendendo esempio da Franco Brambilla che sta promuovendo in questi giorni le sue creazioni in vendita su Zazzle, ho provato anch'io a metter su una vetrina virtuale con qualche custodia per iPhone e iPad.
Se vi interessa qui sotto ci sono anteprima e link.



Sono disponibile per ogni ulteriore eventuale personalizzazione a richiesta.