25 agosto 2010

Oops, I did it again…


Picture by Iguana Jo.
Urania per me doveva rimanere un capitolo chiuso. Tutto quel che avevo da dire l'ho già detto anche troppe volte.
Però i fatti di questi giorni mi obbligano a tornare ancora sull'argomento.
Il motivo? La candida ammissione da parte del curatore di Urania che i romanzi pubblicati dalla collana mondadoriana subiscono tagli che possono arrivare fino al 15% del testo originale. Il che significa che una pagina su sette di quelle scritte dall'autore non verrà pubblicata e quindi letta dal pubblico uraniano.
Il motivo? Puramente economico. Nessuna censura, nessun giudizio di merito (si fa per dire), solo l'impossibilità da parte della rivista di superare un certo numero di pagine.
La candida confessione è stata accompagnata da un profluvio di gentilezze nei confronti dei lettori che avevano osato manifestare la loro sorpresa, indignazione e sì, addirittura protesta, sul blog della testata.
Il messaggio è chiaro: o vi leggete i volumi come ve li proponiamo o vi arrangiate. Se non vi va bene non venitecelo nemmeno a dire, che tanto la vostra opinione non ci interessa, anzi, ci annoia.

Io mi chiedo, e vorrei chiedere soprattutto al mio amico Giovanni che con Urania collabora fattivamente, fino a che punto si può considerare accettabile la manomissione di un testo originale da parte di un editore, dove è finito il diritto del lettore di lamentarsi di un prodotto che non corrisponde alle sue aspettative, quali sono i principi etici che governano la gestione di Urania (se ce ne sono…).
E poi Giovanni mi piacerebbe sapere qual è stata la tua reazione alla scoperta che la tanto esecrata pratica del taglio arbitrario del testo originale è stata riesumata da Urania proprio durante la gestione Lippi, che con tanto entusiasmo hai sempre difeso e sostenuto. Nessuna amarezza? Neanche un briciolo di delusione, di rabbia? Solo rassegnazione?
Dove tracci ora il tuo personale confine tra l'importanza della scrittura e le esigenze del mercato?

Immagino quali possano essere le risposte. L'impegno di Urania a pubblicare fantascienza che nessuna altro pubblica, la possibilità di leggere testi e autori altrimenti destinati all'oblio, la costante proposta di novità e classici che solo la testa uraniana propone al pubblico italiano. Che i limiti del mercato impongono scelte difficili, che si fa il possibile per portare a casa capra e cavoli. Che alla maggioranza del pubblico va bene così (tanto mica lo sa, no?)
Etc etc etc.

Ma non si era detto che la fantascienza era qualcosa di più di un tot di parole vendute a peso?

24 agosto 2010

Ted Chiang on Writing

"…the most likely reason for us to develop conscious software would be because it's fun, rather than because it's useful."

Ted Chiang è uno dei più grandi autori contemporanei di fantascienza. Se non lo avete ancora fatto procuratevi e leggete Storie della tua vita, che probabilmente è l'antologia fantascientifica più importante degli ultimi anni.

Per saperne di più su Ted Chiang, sul suo modo di affrontare la scrittura di un racconto o sulle sue idee riguardo scienza e magia, nonché su intelligenza artificiale e videogiochi, vi segnalo quest'intervista apparsa su boingboing un mesetto fa.
(L'intervista è in inglese, ma mi pare molto comprensibile).

(Artwork from The Lifecycle of Software Objects by Christian Pearce.)


23 agosto 2010

Ricominciamo


Picture by Iguana Jo.
Sono tornato dalle vacanze già da qualche giorno, ma se ritornare alla routine domestica è stato relativamente facile, non altrettanto posso dire per la mia vita on-line.
Tra il riprendere le fila dei vecchi discorsi, aggiornarsi sui vari post degli amici in rete (ma cavoli! un po' di ferie anche voi no, eh?) e il semplice sforzo di mettersi a sedere davanti a un monitor (chi me lo fa fare, dopo tanti giorni in giro per il mondo?) è andata a finire che per aggiornare il blog ho aspettato il ritorno al lavoro, che in fondo qua, davanti al monitor, sono obbligato a starci.

Nelle ultime settimane abbiamo macinato più di 3000 chilometri tra Francia e Germania, visto più bestie di quanto sia umanamente sopportabile (beh, quasi…), fatto il nostro dovere di turisti all'estero (wow! la torre Eiffel, il Louvre, Legoland!), mangiato un sacco di baguette, bistecche e crauti (e scoperto che quelli francesi, anzi, alsaziani, sono più buoni di quelli tedeschi), speso un sacco di soldi (ma quanto costa il cibo - e il vino, e la birra! - in Francia?). Ci siamo insomma stremati di vacanze, ma divertendoci un sacco nel frattempo.

Tra queste pagine girano soprattutto amanti della fantascienza e dintorni, e allora ecco un piccolo inciso dedicato a loro. Io non leggo il francese ma non potevo certo risparmiarmi un giro in libreria.
In Francia gli scaffali dedicati alla letteratura fantastica sono ben forniti. In quanto a numeri, il fantasy batte la fantascienza, ma quest'ultima si difende bene (diciamo che il rapporto dei volumi presenti è compreso tra il 2 a 1 e il 3 a 2 a favore del primo, ma se eliminassimo i metri dedicati a cicli, ciclini e cicloni fantasy il numero di titoli è quasi alla pari). Tra le note positive l'abbondanza di volumi tascabili compresi in una fascia di prezzo tra i sette e i dodici euro, tra quelle negative il costo delle prime edizioni che è addirittura superiore a quelle italiane (si parla di cifre dai venti euro in su per volumi intorno alle 500 pagine), prezzo accompagnato da una qualità di carta e confezione decisamente inferiore a quella delle corrispettive edizioni nostrane.
I nomi degli autori più importanti sono tutti ben presenti, accompagnati da una discreta pattuglia di autori locali. Roba da far scorrere più di una lacrimuccia a qualsiasi appassionato abituato al panorama italiota.
Un'ultima nota libraria sul mondo parallelo delle pagine disegnate: da parecchio tempo ho smesso di leggere fumetti, ma la quantità spropositata di proposte presenti, sia nelle librerie sia nei negozi specializzati, mi ha fatto rimpiangere un pochino la scelta. In questo caso non leggere la lingua locale è stata una fortuna, che altrimenti sarebbe stato davvero difficile resistere alla tentazione di lasciare la carta di credito al suo destino.

Ora che siam tornati a casa non so quanto sono preparato a riaffrontare i ritmi della vita normale (si fa per dire…), ma beh… ci si prova. Nell'attesa della notte dell'iguana (info a breve - si spera - su questi, e altrui, schermi), nei prossimi giorni si ritornerà a parlare di libri (e di qualche film).
Restate sintonizzati.

03 agosto 2010

Si parte


Picture by Iguana Jo.
Sistemati i mici, preparate le valigie, scelta la musica.
Abbiamo il serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, è notte e no, non abbiamo gli occhiali da sole.

Insomma, ancora qualche ora e poi si parte.

Ci sentiamo tra un paio di settimane. Nel frattempo fate a modo e cercate di godervela come meglio potete.

A presto!

02 agosto 2010

Seconda visione - Fantascienza dalla Francia

Tra un paio di giorni saremo in Francia, ecco perché per questo giro di seconde visioni voglio recuperare quel che scrivevo a proposito di un paio di film di fantascienza francese usciti alla fine del secolo scorso.
È curioso vedere come a distanza di tempo l'importanza delle due pellicole sia cresciuta in maniera inversamente proporzionale agli investimenti fatti al momento delle rispettive uscite. Il primo di questi film è stato infatti lanciato con lo stesso dispendio di mezzi ed energie di solito riservati ai blockbuster hollywoodiani, mentre il secondo è stato difficile anche solo riuscire a vederlo.
Ma tant'è. Ecco quel che scrivevo all'epoca della visione de Il quinto elemento e de La città perduta.

IL QUINTO ELEMENTO
Premessa 1: a me i film di Luc Besson sono sempre piaciuti, a partire da Subway fino a Leon;

Premessa 2: i film d'azione spettacolare mi divertono molto (mi sono divertito anche a vedere ID4, il che è tutto dire...);

Premessa 3: trovo che Bruce Willis abbia del carisma, pur non essendo certo il massimo come attore.
Svolgimento:
Il quinto elemento è una palla mostruosa!

Probabilmente Besson ha dovuto accontentare troppe persone, o si è trovato costretto a fare un film che piacesse a tutti, boh... Per me il suo rimane un film anonimo, senza grinta e senza spunti.
Le uniche cose che ho apprezzato (tra l'altro le uniche che sapevano di sf) sono state l'ambientazione e i costumi. Per il resto mi chiedo ancora quale fosse il senso del film. Era forse un film d'azione? ma allora molto meglio un Die Hard qualsiasi. Una commedia ironica? ma lo avete visto quel capolavoro di Fuga da Los Angeles? un film di fantascienza? stiamo scherzando? era più fantascientifico Guerre Stellari.

Ed ecco i motivi per qui il film di Besson è (quasi) del tutto inguardabile:

1 - la storia non sta in piedi;

2 - i personaggi non stanno in piedi (e quando ci provano, cadono...);

3 - il ritmo sta in piedi, ma è un po' zoppicante, e questo non fa bene alle danze;*
4 - gli attori fanno quello che sono pagati per fare, ne più ne meno;

5 - il regista ha (aveva) le idee un bel po' confuse: manie di grandezza frustrate o produttori puntati alla schiena?

6 - c'è qualcuno che ha riso alle battute sparse a piene mani nel film?

7 - in definitiva qual'era il senso del film? a chiunque riesca a raccontarmi fedelmente il film senza scadere nel ridicolo i miei complimenti;
8 - era proprio necessaria la morale, nei 10 secondi finali?

E ora Tutto-Ciò-Che-Mi-È-Piaciuto nel V Elemento e che ho trovato Originale e/o Nuovo e/o Stimolante rispetto alla Restante Produzione Cinematografica Mondiale: le scenografie, i costumi.

* ritmo non è sinonimo di velocità. Perché il problema del Quinto Elemento non è la velocità. 
Il ritmo di un film è dettato dalla cadenza con cui si susseguono le varie scene, da come si spartiscono gli spazi dialoghi e sequenze d'azione, dal tempo dedicato all'uso di inquadrature diverse. Nel Quinto Elemento si susseguono un'accozzaglia di scene che prese singolarmente potevano anche avere un senso, una loro necessità. Il problema è la mancanza di amalgama (leggi sceneggiatura e regia) che avrebbe dovuto legare tali scene tra loro e aiutarle a raggiungere lo status di film. Conseguenza: noia mortale.
(1998)


LA CITTÀ PERDUTA
Finalmente sono riuscito a vedere La Cité des enfants perdus del duo Marc Caro & Jean-Pierre Jeunet, film che in Italia è passato come un fantasma con il titolo la città perduta. Anche la ricerca della videocassetta non è stata delle più agevoli. Ma d'altra parte alla follia dei distributori nostrani siamo ormai abituati, per cui passiamo oltre.

Sul film ci sarebbe molto da dire, ma la cosa migliore è riguardarselo. Visivamente è straordinario, meraviglioso, eccezionale. La storia è semplice e la sceneggiatura perfetta, ma quello che colpisce è lo stile della regia: melodramma, comiche anni '20, cartoon e soprattutto sf (in cui la "s" più che per science sta per steam) in un mix strepitoso.

Spero abbiate avuto la fortuna di vederlo, altrimenti mettetevi in caccia, penso ci sia bisogno di film di fantascienza come questo.
(2000)