30 giugno 2008

Haruki Murakami


Picture by Fellowsisters.
Sempre dalla mia libreria su Anobii, ecco una carrellata sulle mie note ai romanzi di Murakami Haruki. È da qualche anno che non frequento l'autore giapponese, ma ripensando alle sensazioni che mi hanno lasciato i suoi romanzi, beh… mi sta tornando voglia di leggere qualcosa di suo.

Tokyo Blues (Norvegian Wood), 1987
Il primo Murakami non si scorda mai.
Intenso, dolce, oscuro e malato.
Ma sempre sempre sempre delicato e meraviglioso.

Dance Dance Dance, 1987
Dance Dance Dance è il romanzo di Murakami che mi ha lasciato più soddisfatto, probabilmente per la capacità del suo autore di mantenersi in straordinario equilibrio tra la tensione del mistery e la struggente sensazione di solitudine, tra le suggestioni del fantastico e il realismo insopprimibile del vivere sul confine tra culture diverse.
Un romanzo incredibilmente denso e leggero e affascinante. Memorabile.

A sud del confine, ad ovest del sole, 1992
A sud del confine, ad ovest del sole è il peggior romanzo di Murakami mi sia capitato in mano: una storia inutile con personaggi inconsistenti, niente di quanto scritto m'è rimasto impresso.
Se volete provare a leggere Murakami (e io lo continuo a consigliare) non leggete questo romanzo!

L' uccello che girava le viti del mondo, 1994
Probabilmente questo romanzo costituisce il viaggio più completo nel mondo di Haruki Murakami.
Da leggere, con la precauzione di sapere a cosa si va incontro. A questo scopo possono forse essere utili i cinque motivi per cui mi piace Murakami:
- Il giappone trasparente, spiegato all'occidente;
- Il fantastico nel quotidiano, senza scuse ne giustificazioni;
- Il sesso normale e la musica;
- La calorosa freddezza;
- La tranquillità della follia, quella della morte.

La ragazza dello Sputnik, 1993
Dolce, melanconico, struggente, ma pure un po' troppo sognante ed effimero per i miei gusti.
Bello, però.

26 giugno 2008

Ian McEwan


Picture by Eamon McCabe
uploaded by hablandodelasunto4.
Sistemando la mia libreria su Anobii mi sono reso conto che negli ultimi 10 anni ho letto un sacco di libri scritti da Ian McEwan. Ecco quindi una breve rassegna delle mie impressioni di lettura riguardo la produzione dell'autore inglese nel corso del tempo.





Racconti: Primo amore, ultimi riti - Fra le lenzuola, 1975-1978
McEwan è uno scrittore straordinario, i suoi personaggi escono dalle pagine del libro e prendono vita con tutto il loro cumulo di disagi e paranoie o semplice necessità di raccontarsi. Dopo averne letto tanto in giro non sapevo bene cosa aspettarmi, ma non mi è sembrato che l'autore spingesse troppo sul pedale del morboso o della violenza. A parte il racconto Farfalle (agghiacciante eppure avvincente), gli altri racconti mi sono sembrati soprattutto esemplari nella loro capacità di descrivere la "normalità" della vita dei loro protagonisti. E poi c'è anche un tocco di umorismo sornione che proprio non mi aspettavo, vedi per esempio Cocker.

Il giardino di cemento, 1978
La cronaca della vita quotidiana di una famiglia particolare. Conturbante e trasgressivo, ma al contempo pieno di umanità, Il giardino di cemento è un romanzo in cui McEwan rigira la morale comune come un guanto. Decisamente inquietante ma indimenticabile.

Cortesie per gli ospiti, 1981
Cortesie per gli ospiti è forse il romanzo meno convincente tra la sua produzione degli esordi. La tensione verso i confini della relazioni, della morale, dell'umanità dei suoi personaggi mi pare trattata qui in modo un po' troppo artificioso e dimostrativo, troppo astratto per i miei gusti.
La lettura rimane comunque avvincente, forse un po' troppo tesa a solleticare la morbosità del lettore, del resto il disagio che riusciva a trasmettere McEwan con questi suoi romanzi era una bella sferzata alla normalità circostante.

Bambini nel tempo, 1987
Agghiacciante se hai dei figli, ma in un modo molto molto inglese.
Comunque bellissimo.

Lettera a Berlino, 1989
Probabilmente il romanzo di McEwan a cui sono più affezionato. Anche in questo caso, nonostante le apparenze che lo avvicinano al tipico best-seller spionistico a la Ludlum, emerge preponderante una delle caratteristiche più significative dell'autore: la capacità ineguagliabile di esplorare i territori ambigui della morale con una lucidità senza compromessi che sfiora la morbosità, ma che è al contempo priva di qualsiasi compiacimento o moralismo. Rimanendo sempre e comunque profondamente morale.

Cani neri, 1992
Cani neri mi ha sorpreso, un deciso cambio di atmosfere rispetto ai romanzi precedenti.
McEwan inizia con questo romanzo a normalizzarsi, la scrittura è sempre limpida, analitica, inesorabile, ma i temi e le situazioni si fanno più vicini all'esperienza del suo lettore tipo.
Lo preferivo prima, ma oh… non si può avere tutto.

L'inventore di sogni, 1994
Di Ian McEwan conosco bene l'abilità di muoversi attraverso le più tenui sfumature della moralità, la sua capacità di affrontare il male che ci circonda e ci appartiene, di raccontare in maniera esemplare l'ambiguità dei rapporti e delle relazioni dei suoi personaggi. Per questo motivo ero piuttosto curioso di leggerlo nell'inconsueta veste di autore per ragazzi.
L'inventore dei sogni è il più classico dei libri dedicati all'nfanzia: quante volte abbiamo letto di ragazzini trasformati in gatti o che si ritrovano improvvisamente adulti, di storie di prepotenze scolastiche o di incomprensioni familiari. Ma nonostante tutto il peso dei libri passati, rileggere le stesse vicende raccontate da un autore con la sensibilità di McEwan ce le restituisce come nuove al piacere della lettura. Onore al merito, quindi. Ora sono davvero curioso di sentire i miei figli cosa ne pensano.

L'amore fatale, 1997
Ho trovato L'amore fatale un po' troppo artificioso: come se si sentisse troppo la voce dell'autore a scapito di personaggi e avvenimenti. È sempre McEwan, e quindi comunque buono, ma non al livello dei suoi romanzi precedenti.

Espiazione, 2001
Quando mi sono finalmente deciso a leggere Espiazione era da un po' di tempo che non frequentavo McEwan. Nel corso del tempo le tematiche e i personaggi che andava esplorando coi sui romanzi si sono via via allontanati da quelle che sono le mie preferenze di lettore.
Ma Espiazione me l'hanno regalato e così alla fine la curiosità ha prevalso.
Diciamolo subito, arrivare in fondo alla prima parte del romanzo è stata una vera sofferenza: il continuo procrastinare l'esplosione della vicenda, il perdere tempo con la descrizione di fatti e personaggi per cui il mio interesse era prossimo allo zero, il rimandare il lettore a relazioni e situazioni sempre più sfuggenti, beh… stavo davvero per mollare tutto.
Poi per fortuna il romanzo cambia registro. Il racconto della disastrosa ritirata di Dunkerque è tutt'altra cosa rispetto alla narrazione delle vicende iniziali e la parte finale nella Londra sotto i bombardamenti è un piccolo gioiello per come riesce a rimanere in miracoloso equilibrio tra il racconto delle possibilità e quello dei fatti, tra l'espiazione e la colpa, tra la tragedia personale e quella collettiva.
Non so se in fondo il romanzo mi ha soddisfatto, troppo diverse le sensazioni nel corso della lettura. Di certo mi pare che Ian McEwan si sia definitivamente imborghesito (si potrà dire definitivamente qui?). Io lo preferivo quand'era più cattivo, quando la sua sensibilità si rivolgeva ai lati più oscuri dell'esistenza, quando si sforzava di comprendere e trattare con le persone comuni piuttosto che con quella sorta di elitè culturale che progressivamente è diventata la protagonista dei suoi romanzi.


24 giugno 2008

Canzoni da spiaggia (post deturpato e ignorante)


Picture by Iguana Jo.
Queste brevi note sono dedicate al signore signorino del male idiotaignorante, con molto affetto.

Vent'anni fa il cd de Le luci della centrale elettrica (che evidentemente chiamarsi Vasco Brondi non fa abbastanza figo) Canzoni da spiaggia deturpata sarebbe diventato immediatamente uno dei miei dischi preferiti. Questo non significa che il disco suoni datato (per niente!), che il buon Vasco sia fuori tempo o fuori luogo (tutt'altro!), significa solo che ormai non ho più un'età da facili entusiasmi e precipitose attribuzioni di merito.
In effetti Canzoni da spiaggia deturpata si ascolta davvero volentieri: il suono e le intenzioni, le parole e le canzoni, tutto è curato e interessante e ben costruito. Sarà che il frullato di chitarre m'è sempre piaciuto, sarà che mi emoziono facilmente tra le distorsioni elettriche dissonanti e le morbidezze desertiche dell'acustica (ma forse sono solo troppo affezionato agli spiriti notturni del buon vecchio Tom Waits e alle spettrali cavalcate urbane dei Sonic Youth, chissà…), sarà che le parole scolpiscono le canzoni in una forma che era da tempo non mi capitava di sentire (però qualcosa per quell'accento ferrarese forse era il caso di farlo…), comunque sia al primo ascolto il disco mi ha davvero colpito e impressionato.
Ma non sono solo rose, che in fondo, a ravanare ben bene tra le tracce di questo disco c'è qualcosa che non mi torna. No, non è la musica, che continua imperterrita a piacermi, è piuttosto l'atteggiamento, il mood, il senso stesso del disco che tende a lasciarmi un po' perplesso. Dopo qualche ascolto non sono più così sicuro che siano solo applausi quel che si merita questo Vasco cresciuto tra la via Emilia e il west, o se invece non si meriti piuttosto di essere mandato un po' a provare cos'è la vita vera, che nonostante il panorama ci son luoghi ben peggiori dove crescere che non il suo personale inferno padano.
Oh, intendiamoci, sono convinto della sua buona fede, la sincerità dell'artista e la sofferenza ecc ecc. Magari il ragazzo ci marcia un po', ma è talmente bravo con le parole che se lo può pure permettere, però ecco, 'sto continuo lamentarsi e la vita di merda e la depressione cosmica, eccheccazzo basta! Se di questi anni zero non avrai un cazzo da raccontare ai figli che non avrai, forse qualche piccolo tentativo di fare qualcosa - anche solo una risata - invece che menarsela e basta potrebbe pure servire.
La rozza parafrasi del testo brondiano mi serve per arrivare a un altro punto topico. Ovunque nella sfera mediatica circostante sento ripetere e ribadire e stracitare a cazzo (secondo me!) quanto lo spirito imperituro di Rino Gaetano aleggi tra le tracce di questo disco. A me invece pare che non ci siano autori più diversi tra il calabrese buonanima e il giovane virgulto emiliano: tanto solare, ironico e divertito il primo, quanto cinico scazzato e serio il secondo. Tanto le parole di Rino Gaetano sono politiche e dolci e vitali, quanto quelle di Vasco Brondi suonano autoreferenziali e funeree e deprimenti.
Magari mi sbaglio, ma mi spiegate magari con parole semplici e comprensibili dove lo trovate Rino Gaetano nel disco di Vasco Brondi?

Ecco, direi di aver detto quel che avevo da dire, e quindi non date troppo retta al buon Niccolò li sopra. Non sono le Canzoni da spiaggia deturpata a essere inutili e superflue. piuttosto molti dei suoi effimeri estimatori.
Io intanto Vasco Brondi aka Le luci della centrale elettrica me lo sono segnato, sperando che nel frattempo coltivi un po' di sano senso dell'umorismo. Nel qual caso ne sentiremo davvero delle belle.


17 giugno 2008

Un piccolo libro con tante belle storie dentro.


Picture by lui lui.
È passata ormai più di una settimana da quando ho finito di leggere i racconti della Piccola storia del 'se' caduto dal terrazzo e ancora non sono riuscito a definire qual è la qualità specifica che me li ha fatti piacere così tanto.
Le piccole storie di Lui Tasini sono infatti così ricche di suggestioni che per me è difficile andare a scovare il nucleo del suo raccontare, soprattutto per provare a spiegarlo a chi non la conosce.
Nelle istantanee che compongono questo volume si mescolano i fili della nostalgia per un'epoca che vive solo nel ricordo insieme con la meraviglia continua del vivere quotidiano. Le storie della Lui non vivono però dell'illusione del buon tempo andato anzi, gli spigoli vivi dell'esistenza su cui tutti ci siamo feriti sono sempre ben evidenti, ma insieme al dolore c'è sempre la consolazione che solo la vicinanza di un'altra persona è in grado di dare. Non sono favole, ma sono comunque universali, non sono ingenue, sono così semplicemente umane da essere commoventi e soprattutto vanno dirette al cuore delle cose senza perdersi in preamboli, in voli pindarici o in compiaciute complicazioni stilistiche.

No, è inutile, per quanti tentativi faccia di inquadrare questi microracconti in un modello di riferimento, essi sfuggono a una veloce classificazione. Forse la qualità inconsueta che caratterizza la produzione della Lui è la totale mancanza di quel cinismo che pare essere ormai un ingrediente fondamentale del nostro vivere quotidiano. Le storie di questa raccolta sono totalmente aperte, non nascondono nulla e nulla hanno da nascondere. Ci si ritrova come a casa, senza maschere da indossare o sottigliezze interpretative da tirare in ballo. In questi racconti ci si deve confrontare con l'improvvisa sospensione della realtà virtuale in cui tutti siamo immersi, per ritrovarsi senza fiato a confrontarsi con la vita vera, quella che emerge dalle pagine della Lui, quella dei suoi personaggi, tanto familiari quanto dimenticati, quella di una Storia quotidiana fuori dalla luce dei riflettori, ma tanto, tanto vicina al cuore delle cose.

Per un assaggio del mondo della Lui potete cliccare sulla foto qui sopra e poi da lì iniziare a vagabondare per il suo stream.

Ah… dimenticavo.
L'unico difetto di questo libro è che non lo riuscirete a trovare in libreria.
L'autrice ha infatti deciso di autoprodurlo e per trovarlo dovrete andare qui. Buona lettura.

11 giugno 2008

Indiana Jones e non ci sono più gli inseguimenti di una volta.


Originally uploaded by Morten Brunbjerg.
So cosa state pensando. Del resto me l'avevano detto tutti: ci rimarrai male, Indy è vecchio, son passati vent'anni…
Ma sono un testone. Anzi, di più: sono un testone romantico e Indiana Jones è un personaggio che mi ha accompagnato per un sacco di tempo. Il minimo che potessi fare era rivederlo al cinema per un'ultima volta, no?
Che poi, in definitiva, Indiana Jones è l'unico che non tradisce le mie aspettative. Si vede che anche Harrison Ford è affezionato a quella frusta e a quel cappello.
I punti dolenti son ben altri, su tutti l'incredibile sciatteria con cui è stato portato avanti il progetto. Tutta nella realizzazione del film sembra improvvisato, dal soggetto alla sceneggiatura, dalla scelta dei personaggi (quel tizio NON può essere il figlio di Indy!) alla post-produzione digitale. In parte ero preparato, a parte gli avvertimenti degli amici, sono ormai più di dieci che Steven Spielberg e George Lucas non raccontano una storia senza banalizzarla, che sembrano subordinare sceneggiatura e messa in scena a esigenze che con il Cinema hanno poco a che fare (penso a videogame e a spot pubblicitari, che mi sembrano essere diventati il loro obiettivo primario, almeno a guardare le ultime prove del dinamico duo). Però una certezza mi era rimasta. Almeno lo spettacolo puramente visivo, la tecnica sopraffina, la capacità di catturare lo spettatore con il movimento di macchina mescolato alla cgi, beh… questi aspetti li davo quasi per scontati avendo a che fare con la premiata ditta S & L.
Invece Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo è stata una delusione anche da questo punto di vista: troppo evidente l'uso del digitale all'interno di ambientazioni naturali (penso alla necropoli sopra Nazca, all'accampamento nella giungla, allo strapiombo a lato della strada, all'anfibio nella cascata, etc. etc.) troppo lunghe ed esagerate e pedestri molte delle scene d'azione (il serpente, l'inseguimento nella foresta, la discesa nel fiume, i vari meccanismi e i passaggi segreti), troppo macchinose e ripetitive le soluzioni narrative (gli interrogatori, i confronti tra i personaggi, le sparatorie).
Non tutto è da buttar via: il prologo è efficace, le formiche sanno di deja-vù ma mantengono una loro dignità, la scena finale è potente, ma oh… non stiamo mica parlando di un esordio, Spielberg e Lucas sono i due tizi che 'ste cose le hanno inventate e predicate e praticate come mai nessuno prima negli ultimi 30 anni!

Insomma, se ci si poteva aspettare qualche delusione dal vedere un Indiana Jones ormai invecchiato (e invece Harrison Ford è praticamente perfetto nel ruolo) quello che mi ha davvero deluso è stato constatare l'evidente decadimento senile dei creatori di sogni della mia generazione.
Per certa gente non sono i chilometri, son proprio gli anni…

06 giugno 2008

Nuove occasioni per vecchie ossessioni


Picture by Iguana Jo.
Uno alla volta o in piccoli gruppi, un po' alla chetichella o sbandierandolo ai quattro venti, molti dei miei contatti in rete sono precipitati in questo nuovo vortice succhia-tempo. Nonostante la tentazione e le lusinghe di molti di voi io ho resistito per quasi un anno, ma da ieri ne sono rimasto inesorabilmente attratto. In due giorni di immersione ho già provveduto a scaricarci sopra una cinquantina di volumi.
Se non fosse ancora chiaro, beh… sto parlando di Anobii, che per un catalogatore compulsivo come me rappresenta davvero la strada per la perdizione.
Al momento sto inserendo nella libreria solo i volumi che ho già commentato in qualche modo, qui o nelle mie incarnazioni internettare precedenti, poi si vedrà. Se considero che il mio database domestico ha registrati al momento più o meno 1400 volumi, direi che avrò da divertirmi per parecchi mesi.
Yuppieeeeeeee!

(Aaargh!)


05 giugno 2008

Rapporto letture - Maggio 2008


PIcture by Iguana Jo.
Ecco qui l'elenco delle letture di maggio:

David Foster Wallace - Considera l'aragosta
È da qualche settimana che ci penso, ma non riesco proprio a ricordare un altro volume con una tale concentrazione di scrittura brillante, chiarezza d'esposizione e pura e semplice intelligenza. Che scriva di industria del porno o di Dostoevskij, di politica o dell'umorismo di Kafka, di aragoste o di talk-show radiofonici David Foster Wallace dimostra ogni volta (come se ce ne fosse bisogno!) una capacità ultraterrena di rendere interessante, illuminante e divertente qualsiasi argomento si trovi ad affrontare.
Una nota particolare per il saggio "Autorità e uso della lingua": non avrei mai immaginato che mi sarei tanto appassionato alla recensione di un dizionario. In questo saggio, probabilmente il più significativo dell'intera raccolta, Wallace riesce a parlare dell'uso della lingua, delle implicazioni politiche che sempre il linguaggio porta con se e della lotta - politica - tra studiosi di correnti diverse in un modo che non credevo fosse nemmeno immaginabile: visto l'argomento mi sarei aspettato di trovarmi immerso nella lettura di un mattone terrificante e invece, oltre ad essere illuminante come di consueto, la lettura di questo saggio è stata pure estremamente goduriosa. Provare per credere.

Ian McDonald - Empire Dreams
A Ian McDonald sono molto affezionato. Per me è uno dei migliori scrittori di fantascienza in circolazione, ma è praticamente sconosciuto in Italia, nonostante siano ormai più di vent'anni che sforna magnifici romanzi.
Empire Dreams è la sua prima antologia di racconti. Pubblicato nell'ormai lontano 1988 è un volume decisamente variegato per temi e situazioni, ma assolutamente coerente per lo stile e la personalità dell'autore. Le caratteristiche che da sempre contraddistinguono la produzione di Ian McDonald sono infatti ben evidenti già in queste opere d'esordio: un'immaginazione sfrenata, da lasciare a bocca aperta anche il più scafato frequentatore del genere; una scrittura estremamente curata, che se anche scivola in qualche racconto verso uno stile un po' troppo barocco rimane sempre di una qualità decisamente superiore agli standard fantascientifici medi; una notevole attenzione nella creazione e nella caratterizzazione dei personaggi, capaci di rimanere impressi come poche volte accade nella memoria del lettore.
Non tutti i racconti dell'antologia sono dei capolavori, ma a me ha fatto particolarmente piacere ritornare sul Marte terraformato del suo romanzo d'esordio, dare un'occhiata all'Irlanda che attraversa molte sue storie, incontrare un Van Gogh inedito e spingermi ai confini del sistema solare per poi tornare precipitosamente a terra.
Per tutti questi motivi non smetterò mai di consigliare a tutti di provare almeno una volta la fantascienza di Ian McDonald.
Un ringraziamento particolare lo devo ad Anna FDD che non solo mi ha regalato quest'antologia che risulta ormai introvabile, ma me l'ha pure fatta autografare (con la dedica!) dall'autore stesso.

Joe R. Lansdale - La notte del drive-in 3
Era proprio ora di tornare nel folle Drive-In del mio texano preferito!
C'è poco da dire, il Lansdale che adoro non è quello degli ultimi tempi che pur con tutte le sue incredibili capacità compositive sforna romanzi che sono diventati via via sempre più normali, ma quello capace di mescolare nella maniera più sbracata splatter, fantascienza, volgarità gratuite e azione sfrenata, il tutto in un contesto quasi metafisico in cui alla risata liberatoria segue spesso e volentieri l'istante di puro genio. Questo è l'Orbit che ricordavo e questa terza incursione nei suoi territori non delude le aspettative. Ci son voluti 11 anni. Valeva la pena aspettare.

Ian McEwan - L'inventore dei sogni
Di Ian McEwan conosco bene l'abilità di muoversi attraverso le più tenui sfumature della moralità, la sua capacità di affrontare il male che ci circonda e ci appartiene, di raccontare in maniera esemplare l'ambiguità dei rapporti e delle relazioni dei suoi personaggi. Per questo motivo ero piuttosto curioso di leggerlo nell'inconsueta veste di autore per ragazzi.
L'inventore dei sogni è il più classico dei libri dedicati all'nfanzia: quante volte abbiamo letto di ragazzini trasformati in gatti o che si ritrovano improvvisamente adulti, di storie di prepotenze scolastiche o di incomprensioni familiari. Ma nonostante tutto il peso dei libri passati, rileggere le stesse vicende raccontate da un autore con la sensibilità di McEwan ce le restituisce come nuove al piacere della lettura. Onore al merito, quindi. Ora sono davvero curioso di sentire i miei figli cosa ne pensano.


Questo è tutto per il mese appena trascorso. Per la prossima puntata aspettatevi ancora fantascienza, un salto nella nuova letteratura americana e qualche assaggio di scrittori nostrani.


Seguite i link per le letture di gennaio, febbraio, marzo e aprile.


03 giugno 2008

La Madre di tutte le discussioni


Originally uploaded by
The Emperor Dalek.
Colgo al volo l'occasione che mi da il blog di x per rispolverare dall'archivio un vecchio post su Fanteria dello spazio inviato in rete nel lontano 2004.

La madre di tutte le discussioni, dicevo.
Almeno di quelle intorno a politica e fantascienza.

Ovvero: ho riletto Fanteria dello spazio, e mi piacerebbe avere un sereno scambio d'opinioni con chi ha apprezzato il romanzo di Robert Heinlein.
Astenersi fondamentalisti e fanatici, grazie.

Ho letto la prima volta Fanteria dello spazio piu' di vent'anni fa. Al momento della rilettura non ricordavo praticamente nulla della storia, solo che m'era piaciuta e che c'erano le tute potenziate.
Beh... Per quanto riguarda le tute potenziate ricordavo bene.

Per quanto riguarda il gradimento della vicenda invece le cose non sono andate come speravo. Non che il romanzo sia brutto, anzi: si legge con piacere, le vicissitudini del fante Rico non annoiano e la ricostruzione ambientale è molto ben fatta. Quello che non ho digerito è il sostrato ideologico del romanzo.

Le mie perplessità non si riferiscono tanto alla struttura della società futura immaginata da Heinlein: a mio avviso il regime che presenta è ancora più utopistico (e incredibile) della Cultura di Banks e in quanto tale non val la pena perderci più tempo del necessario.

Quello che mi ha davvero infastidito (con momenti che vanno dalla nausea al raccapriccio) è la continua esaltazione del militarismo come stile di vita: i militari sono giusti, i militari sono buoni, i militari fanno quello che devono, i militari hanno ragione. Sempre e comunque. Non c'è spazio per alcun dubbio, non ci sono domande scomode, ci sono solo risposte adeguate.
Forse avrò letto troppe volte Comma 22, ma la mia idea delle forze armate e' leggermente diversa.

Il principio del tutto folle secondo cui il massimo a cui un uomo possa aspirare sia frapporsi tra una guerra e la propria casa è il fondamento ideologico a tutta la costruzione heinleiniana.
Domanda per i fan del romanzo: ma davvero pensate che quella sia la più nobile scelta che possa fare una persona? Non e' forse la sorte piu' terribile che possa capitare a un uomo? Boh.. Magari me lo sapete spiegare meglio.

A peggiorare la situazione tutto questo bendiddio propagandistico è condito da un cinismo, da un'intolleranza programmatica, da una totale mancanza totale di senso dell'umorismo che è davvero allucinante.

Le tute potenziate pero' sono davvero spettacolari.